di Natalia Ceccarelli - magistrato
Il cavallo napoletano è un animale assai elegante, risultante dalla selezione genetica avvenuta, nel corso dei secoli, grazie all’accoppiamento di esemplari di varie razze equine, portate a Napoli al seguito degli eserciti che hanno dominato la città.
La similitudine potrebbe calzare
a pennello al famoso trojan inoculato nell’apparecchio telefonico cellulare di
Luca Palamara, stando alle ultime clamorose rivelazioni di stampa.
Avevamo già scritto del mistero di una attività di captazione gestita in remoto da Roma grazie a un server localizzato a Napoli.
Sabato abbiamo appreso dalla stampa ("Palamara giallo del trojan. Dati trasmessi a
un privato") che, probabilmente, il trojan trasmetteva i risultati
dell’intercettazione direttamente alla sede della società privata - incaricata
del supporto tecnico alle indagini - avente sede al Centro Direzionale di
Napoli, poco lontano dalla cittadella giudiziaria.
Di qui, tra una chiacchiera e un
caffè, il traffico sarebbe stato, poi, trasmesso finalmente agli inquirenti, si
spera, senza contaminazioni.
Tanto emergerebbe dalle
dichiarazioni rese da personale della citata società nell’ambito dell’indagine
in corso presso la Procura di Firenze, che sta riscontrando le denunce
presentate dall’onorevole Cosimo Ferri e da Luca Palamara in merito ad ipotesi
di anomala gestione dell’attività di captazione, che le difese hanno
prospettato nel giudizio disciplinare già celebrato a carico di Palamara e in quelli
in corso a carico dei compresenti dell’Hotel Champagne.
Il dato, se confermato, apre
scenari grotteschi, ove non drammatici.
La raccolta del traffico
direttamente dal privato e la sua veicolazione da questo all’organo inquirente
è elemento di assoluta novità nella nostra esperienza processuale,
costituzionalmente eccentrico, che non pare giustificato dalla scarsa
dimestichezza finora maturata nella gestione del mezzo di indagine in
questione.
Se a ciò si aggiunge la
rilevazione di una captazione altalenante e coniuge-sincratica, non pare
azzardato fare il paragone tra la sfortunata indagine e la funesta impresa cui
è collegata la leggenda della maledizione della scoperta della tomba del
faraone Tutankhamon.
Il cavallo napoletano è animale
elegante, molto apprezzato in occasione di scenografiche esibizioni.
Sarebbe grave danno per la
magistratura onesta che quello usato per disvelare il sistema delle
raccomandazioni si rivelasse affetto da eccessivo virtuosismo.
Tanto rumore per nulla non ce lo
meritiamo.
Sarebbe troppo anche per i più
disincantati apprendere che, alla fine, si è trattato solo di un ludico
spettacolo equestre, e che dei fantini si corra il rischio, come spesso accade,
di perdere ogni traccia.
Se poi a qualche illustre captato
si prospettasse la possibilità di rimontare in sella ci siano risparmiate,
almeno, altre esibizioni.
1 commenti:
La notizia di stampa grottesca e drammatica aggrava notevolmente uno scenario impossibile da aggravare, tanto è grave. Ma si sà, quando si prende la china della discesa non ci si può più fermare.
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