di Nicola Saracino - Magistrato
Tra i magistrati c’è chi la fa a comando, ubbidisce ad un ordine, come ad esempio quelli impartiti dal dott. Bruti Liberati quando spadroneggiava nella procura di Milano oltre che nella sua corrente di Magistratura Democratica.
E c’è chi, in piena pandemia, sceglie di non frequentare bagni pubblici e quindi la raccoglie in un recipiente plastico.
Fobia ingiustificata quella per i bagni frequentati da più persone non appartenenti allo stesso nucleo familiare?
Non si direbbe a dar retta, ad esempio, ad alcuni comuni che hanno decretato la chiusura dei bagni pubblici per “comprovate” ragioni d'ordine igienico sanitario o alle polemiche nate dalla loro riapertura, reputata prematura.
Dato per conosciuto lo stato di abbandono che mediamente caratterizza gli uffici giudiziari italiani e quindi il legittimo dubbio sulle condizioni igieniche del bagno pubblico, lo scalpore suscitato dal caso di un giudice del tribunale di Catania appare alquanto interessato.
Perché si tratta di uno che, se mandato al CSM, non si allontanerebbe dall’aula per urinare, la farebbe sul posto senza rinunciare al voto e quindi la minzione a comando altrui non farebbe presa.
Alla fine non si comprende se a scandalizzare sia stato il gesto, fisiologico e compiuto in riservatezza, ovvero la dimenticanza, il mancato tempestivo smaltimento dei residui liquidi, scoperti in occasione di uno spostamento del mobilio negli uffici del tribunale etneo.
I giornaloni che ironizzano sulle cautele della toga catanese sono gli stessi che non hanno mai chiesto conto ai potenti dell’urina a comando, segno di fulgida sottomissione alla quale sono evidentemente assuefatti.
In tutto questo, a farla fuori dal vaso è il "sindacato" delle toghe, l'ANM che niente o poco fa per assicurare il minimo ... sindacale sulle condizioni igienico sanitarie degli uffici giudiziari, com'è ulteriormente dimostrato dai malori ai quali si va incontro nelle "saune giudiziarie" italiche, nel silenzio complice del sindacato degli accozzati.
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