giovedì 3 febbraio 2022

Superare le logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all'ordine giudiziario.



Come non riconoscersi in parole come queste, che predichiamo ormai da più di tre lustri su questo blog?

Sono del Presidente della Repubblica, le ha pronunciate oggi dinanzi al Parlamento in seduta comune che le ha ascoltate ed applaudite. 

E allora sia permessa una considerazione.

Superare le logiche, con logica però. 


Il pensiero è talmente alto ed autorevole da dover essere “studiato”.
 
Il sistema di controllo della magistratura è attualmente afflitto da un problema molto grave e serio. 

I magistrati italiani, che si gestiscono (tendenzialmente) da soli, lo fanno non in base a criteri legali e costituzionali, ma in base all'“appartenenza”. 

Lo si ricava dalla declinazione del verbo “superare”: si supera una situazione che c’è, che esiste, che è sotto gli occhi di tutti, è all’ordine del giorno e non già archiviata. 

Dunque un primo approdo: il “sistema” che qui si denuncia da ben prima dell’esplosione del caso Palamara esisteva prima di Palamara, durante Palamara e dopo Palamara. 

Il Presidente della Repubblica è troppo saggio per pensare che il problema sia stato risolto con la sua epurazione. 

L’appartenenza e le sue logiche. 

Appartenere, condividere, collaborare sono attività del tutto lecite se si manifestano come libertà individuali dei cittadini, quale che sia la loro professione. Lo stesso Capo dello Stato le ha esaltate in altro passaggio del suo discorso. 

Ma il CSM, per i compiti a tale organo assegnati dalla Costituzione, non può piegarsi a “logiche” di appartenenza. Cioè le sue scelte, le sue decisioni, non devono rispondere al criterio dell’adesione dei suoi membri alle  associazioni para-partitiche di magistrati denominate correnti. 

Dunque sarebbe una solare "storpiatura" del pensiero del Presidente della Repubblica l'accostamento dell'esclusione delle correnti dal CSM alla negazione della loro legittima esistenza, se fuori dall'istituzione.   

Allo stesso modo, se taluno affermasse che il Parlamento deve superare le “logiche di appartenenza” pronuncerebbe, intuibilmente, una bestemmia costituzionale. Perché nel Parlamento giungono gli esponenti dei partiti politici con il preciso compito di farsi interpreti della volontà degli elettori nell’attività legislativa (e poi di governo). Il Parlamento deve operare secondo logiche di appartenenza, fermo restando il fine del bene comune del quale ciascun partito ha una propria legittima visione. 

Il Presidente ha, quindi, lanciato un preciso monito ai magistrati: replicare, scimmiottare, quanto all’ordine giudiziario, gli schemi dell’attività politica è contro il dettato costituzionale. Senza se e senza ma. 

Il che equivale a quanto il blog da sempre propugna: fuori le correnti dall’istituzione, fuori dal CSM.

La qual cosa non sminuisce in alcun modo la nobile libertà di associazione dei magistrati come privati cittadini. 

Ma l’istituzione che li gestisce non può essere l’emanazione di quelle associazioni se non bestemmiando sulla Costituzione. 

Nessuno adduca l’alibi che liberare il CSM dal correntismo equivalga a negare il valore del pluralismo culturale in magistratura. 

Perché sarebbe solo un sotterfugio retorico per consentire al “sistema” di profanare la Costituzione e, con essa, il Popolo nel cui nome la magistratura opera.  

1 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Il discorso del presidente della repubblica è ineccepibile, e ha ha ricevuto gli applausi dell'intero parlamento. Anche da coloro che da sempre ignorano e/o sono contrari ad una giusta riforma della giustizia. Già da qualche tempo il presidente della repubblica si è pronunciato in questo senso, che è quello giusto. Noi di ciò siamo contenti e apprezziamo quanto detto. Noi siamo qui per ricordare a tutti quanto promesso.