Una lodevole confessione, ma soprattutto una lucida analisi.
Quello che pubblichiamo qui sotto è uno scritto che abbiamo tratto dal sito di Magistratura Indipendente, una delle “correnti” dell’A.N.M. [Associazione Nazionale Magistrati], ove è datato 25.5.2005.
L’autore è Antonio Patrono, allora Segretario di Magistratura Indipendente e oggi membro del C.S.M. [Consiglio Superiore della Magistratura]
Nell’articolo di Felice Lima “Le responsabilità dei magistrati nella crisi della giustizia” vengono esposte le ragioni per le quali il “correntismo” è un male che avvelena l’amministrazione della giustizia e le arreca danni assai gravi, sia in termini di indipendenza che di efficienza.
L’autore è Antonio Patrono, allora Segretario di Magistratura Indipendente e oggi membro del C.S.M. [Consiglio Superiore della Magistratura]
Nell’articolo di Felice Lima “Le responsabilità dei magistrati nella crisi della giustizia” vengono esposte le ragioni per le quali il “correntismo” è un male che avvelena l’amministrazione della giustizia e le arreca danni assai gravi, sia in termini di indipendenza che di efficienza.
La trattazione di questo tema all’interno della magistratura è veramente difficile, perché esso è un vero tabù.
Lo scritto di Antonio Patrono è una riflessione molto lucida sul punto e, inevitabilmente e molto correttamente, anche una confessione.
Noi non siamo né un gruppo né una corrente né niente che gli assomigli e sarebbe davvero bello che il fatto che riportiamo uno scritto proveniente da una “corrente” non divenisse subito un pretesto per etichettarci a favore o contro questi o quelli.
Così come sarebbe bello che i magistrati “correntizzati” che leggeranno questo scritto evitassero di pensare a ancora più di dire “si ma quelli di Magistratura Indipendente che parlano sono quelli che … e Antonio Patrono è quello che …”.
E’ questo che rende praticamente impossibile (come fondatamente osserva Antonio Patrono) una seria autocritica della magistratura su questo tema: l’incapacità di affrontarlo fuori da una prospettiva di “lotta per il potere interno”.
In questo lo scritto di Antonio Patrono ci sono passi davvero eccellenti, il più vero e al tempo stesso surreale dei quali è: “Magistratura Democratica e il Movimento per la Giustizia sostengono che il correntismo esiste ma loro ne sono immuni e riguarda solo gli altri. Unità per la Costituzione sostiene che forse nemmeno esiste, e comunque non è un problema”.
Mutatis mutandis sembra quello che accade quando si deve discutere in un consesso “impegnativo” della mafia o della corruzione o della malapolitica: gli uni dicono che non esistono, gli altri dicono che esistono ma non riguardano loro, gli altri ancora dicono che esistono ma non sono il vero problema.
E intanto il nostro Paese si inabissa sempre più.
Perché una domanda, come si suol dire, sorge spontanea leggendo Patrono: come può essere imparziale una magistratura amministrata con le logiche correttamente e realisticamente descritte in questo scritto?
E se non serve a costruire e difendere l’imparzialità della magistratura, che senso ha l’autogoverno e come si può pretendere che, a fronte dell’inefficienza che palesemente produce, non ce lo tolgano?
____________________
Magistratura Indipendente
Il Correntismo
Con l’intervento di Condorelli si è completato il panorama delle opinioni espresse dai segretari delle correnti rappresentate nel C.S.M. sul tema del correntismo e delle sue negative conseguenze sull’attività dell’organo di autogoverno della magistratura.
Riassumo in estremi sintesi le posizioni che sono emerse.
Magistratura Indipendente sostiene che il correntismo esista e sia un problema di tutti, da risolvere tutti insieme.
Magistratura Democratica e il Movimento per la Giustizia sostengono che il correntismo esiste ma loro ne sono immuni e riguarda solo gli altri.
Unità per la Costituzione sostiene che forse nemmeno esiste, e comunque non è un problema.
All’esito di tale dibattito la sentenza è questa: il solo colpevole sono io, il segretario generale di Magistratura Indipendente.
Ricorderete, infatti, che il mio intervento aveva avuto il senso di una autodenuncia e insieme di una chiamata di correo. La chiamata di correo non ha avuto seguito, poiché tutti hanno negato ogni responsabilità. Rimane, purtroppo, l’autodenuncia, e se questo fosse stato un processo sarebbe finita come non è raro che finisca nei processi per fatti di mafia, quando l’unico condannato alla fine è il pentito (perché ha confessato) e i chiamati in correità, che hanno negato anche di esistere, sono assolti (perché non c’è riscontro ...).
Ovviamente la verità non è questa, ma prendo atto con dispiacere che non la si vuole riconoscere e, per negarla quando qualcuna prova ad affermarla, si adoperano tutti gli argomenti possibili e immaginabili: dallo sdegno per ingiusti sospetti che gettano un’inaccettabile ombra sull’operato del C.S.M. (è la posizione di Unità per la Costituzione, che è il gruppo che ha la maggioranza dei componenti togati del Consiglio e che quindi incide più di tutti sulle sue decisioni), alla distinzione tra maggioranze costituite sempre dai soliti noti che fanno sempre scelte cattive e minoranze (che, chissà come, sono però costituite anch’esse sempre dai soliti noti, ovviamente diversi dai primi) che farebbero invece sempre scelte buone (è la posizione di Magistratura Democratica), mentre l’ultima novità è la scoperta dei “laici cattivi”, quelli da non frequentare e da cui stare accuratamente alla larga poiché sospettati di voler favorire i nemici dell’indipendenza della magistratura anche in occasione della nomina del presidente dell’ultimo tribunale di provincia o del referente informatico del settore civile del più piccolo distretto giudiziario (dalla posizione del Movimento per la Giustizia).
Speravo che il mio appello a prendere atto del problema e a trovare tutti insieme soluzioni e rimedi potesse suscitare una reazione diversa e costruttiva, rivolta al futuro, rispetto a quella che si è avuta ufficialmente, e che a questo punto mi costringe invece, per obbligo d’ufficio (quello di segretario generale di Magistratura Indipendente) a dire anch’io la mia su cause e responsabilità, che in effetti sono di tutti, ma non sono uguali per tutti.
Uguale per tutti è il presupposto, ovverosia il gusto del perseguimento del potere concreto esercitabile attraverso una sempre maggiore presenza nell’organo di autogoverno, che sempre più si è affiancato alle finalità tradizionali (e, quelle sì, apprezzabili) dei gruppi associativi riunitisi in correnti che costituiscono l’A.N.M., nessuna delle quali a questo punto può sottrarsi a tale logica a pena di essere sopraffatta e scomparire. Veicolo necessario è il consenso dei magistrati-elettori, che si ritiene di poter incrementare dimostrando in Consiglio la capacità di affermare le proprie posizioni anche in contrapposizione a quelle degli altri in tutti i campi, ivi compreso, ovviamente, quello delle nomine e del conferimento di incarichi di ogni genere (direttivi ma anche altri, fino a quelli meno rilevanti).
Tale atteggiamento non è nuovo, parte da lontano, ma è andato sempre più accentuandosi nel tempo, trovando infine ulteriore alimento, a mio giudizio, in due circostanze contingenti.
La prima è stata l’ultima sciagurata legge elettorale del Consiglio che, eliminando il voto di lista, ha consentito a taluni gruppi di sfruttare fino alle ultime pieghe il sistema elettorale mediante “apparentamenti” volti ad ottimizzare i voti disponibili. E’ stata questa la strategia elettorale di Magistratura Democratica e del Movimento per la giustizia, che ha loro consentito alle ultime elezioni di conseguire un risultato complessivamente migliore rispetto a quello che sarebbe derivato da un’elezione proporzionale a liste contrapposte (e, quindi, superiore a quello che avrebbe loro meritato l’effettivo consenso nell’elettorato, come risulta evidente, se non altro, dal confronto con l’esito delle elezioni proporzionali per il C.D.C. svoltesi soltanto pochi mesi dopo). Strategia legittima, ci mancherebbe altro, che gli interessati hanno tutto il diritto di definire come “iniziativa aggregante sui valori” oppure “aggregazione culturale”, ma che io, esercitando il diritto di critica che pure mi compete, ho il diritto invece di valutare soprattutto come strategia strumentale al conseguimento del miglior risultato elettorale possibile (e quindi della maggior quantità di potere possibile); e ciò sulla base del fatto che mi lascia perplessa un’aggregazione culturale sui valori dall’andamento tanto ondivago, che si manifesta oppure no nelle varie competizioni elettorali che riguardano la magistratura, così da far sorgere il legittimo sospetto che l’intensità della forza aggregante di tali valori sia più o meno determinata dall’esito prevedibile delle diverse opzioni elettorali.
Da ciò, soprattutto, nasce anche il primo vero “blocco” presente in Consiglio, formato proprio dai rappresentanti dei gruppi che hanno costituito una strategia comune perfino in fase elettorale, e che paradossalmente denunciano invece l’esistenza di un altro “blocco” costituito dai rappresentanti delle altre due correnti, che in effetti probabilmente vengono troppo spesso a convergere sulle stesse posizioni (riemerge in me l’istinto del “pentito”) in contrapposizione con quelle unitariamente espresse dagli altri. Dobbiamo quindi ancora una volta “ringraziare” (l’ironia mi sembra evidente, ma a scanso d’equivoci è meglio sottolinearla) l’assurda e incompetente politica sulla giustizia perseguita dall’attuale maggioranza che, tra leggi “ad personam” e controriforme varie, ha trovato anche il modo di favorire il correntismo e le sue conseguenze di vario genere con una riforma legislativa che invece aveva il dichiarato scopo di combatterlo.
La seconda circostanza che ha inciso sul problema ha invece un’origine lontana, discendendo addirittura dalla scelta politica del sistema maggioritario nel nostro Paese, che ha portato alla creazione di due poli fieramente contrapposti l’uno all’altro. Di ciò ha risentito anche l’atteggiamento dei componenti laici del Consiglio, e in particolare di quelli espressi dalla maggioranza di destra; costoro hanno sempre saputo che Magistratura Democratica è la corrente dichiaratamente orientata a sinistra, e, ovviamente, in caso di contrapposizione tra essa (e i suoi alleati) e le altre componenti, istintivamente tendono a preferire queste ultime, che quantomeno ritengono pregiudizialmente non ostili. Questa, e non altre, è la ragione del voto che, in via preferenziale, effettivamente i laici della maggioranza esprimono nelle pratiche di gestione a sostegno delle scelte di Unità per la Costituzione e di Magistratura Indipendente, e, comunque si voglia giudicare tale atteggiamento, non vi è pertanto ragione di ritenere che esso sia invece determinato dalla perversa volontà di reprimere le libertà e i principi ispiratori dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura. Il caso ha anche voluto, tra l’altro, che l’attuale Consiglio sia stato composto in pendenza di un Parlamento a maggioranza di destra; la destra ha quindi espresso anche la maggioranza dei componenti laici i quali, allorché si verificano situazioni di contrapposizione tra gli schieramenti dei togati, in genere determinano con il loro numero la maggioranza a favore della posizione che non è sostenuta da Magistratura Democratica. E’ questa, e solo questa, la genesi della maggioranza più frequente, una genesi occasionale e contingente, del tutto irrilevante circa il giudizio da dare sulla bontà o meno delle scelte e dell’atteggiamento di ogni componente consiliare; in base alla stessa logica la situazione potrebbe essere infatti del tutto capovolta in occasione della composizione del prossimo Consiglio, senza che ciò possa influire minimamente sulla “qualità” di tali scelte e di tale atteggiamento.
In conclusione, ribadisco la mia delusione. Non sarà mai possibile cambiare nulla finchè non si avrà il coraggio di ammettere, da parte di tutti, che “è anche colpa mia”. Il correntismo è un avversario difficile da combattere. Solo se lo si affronta onestamente, tutti insieme, si può vincere. Invece c’è chi pensa di stravincere, facendo credere che la colpa è degli altri, e c’è chi preferisce far finta di niente. In questo modo tutti quanti possiamo solo perdere, credibilità, fiducia e rispetto.
Il Segretario Generale
Antonio Patrono
Lo scritto di Antonio Patrono è una riflessione molto lucida sul punto e, inevitabilmente e molto correttamente, anche una confessione.
Noi non siamo né un gruppo né una corrente né niente che gli assomigli e sarebbe davvero bello che il fatto che riportiamo uno scritto proveniente da una “corrente” non divenisse subito un pretesto per etichettarci a favore o contro questi o quelli.
Così come sarebbe bello che i magistrati “correntizzati” che leggeranno questo scritto evitassero di pensare a ancora più di dire “si ma quelli di Magistratura Indipendente che parlano sono quelli che … e Antonio Patrono è quello che …”.
E’ questo che rende praticamente impossibile (come fondatamente osserva Antonio Patrono) una seria autocritica della magistratura su questo tema: l’incapacità di affrontarlo fuori da una prospettiva di “lotta per il potere interno”.
In questo lo scritto di Antonio Patrono ci sono passi davvero eccellenti, il più vero e al tempo stesso surreale dei quali è: “Magistratura Democratica e il Movimento per la Giustizia sostengono che il correntismo esiste ma loro ne sono immuni e riguarda solo gli altri. Unità per la Costituzione sostiene che forse nemmeno esiste, e comunque non è un problema”.
Mutatis mutandis sembra quello che accade quando si deve discutere in un consesso “impegnativo” della mafia o della corruzione o della malapolitica: gli uni dicono che non esistono, gli altri dicono che esistono ma non riguardano loro, gli altri ancora dicono che esistono ma non sono il vero problema.
E intanto il nostro Paese si inabissa sempre più.
Perché una domanda, come si suol dire, sorge spontanea leggendo Patrono: come può essere imparziale una magistratura amministrata con le logiche correttamente e realisticamente descritte in questo scritto?
E se non serve a costruire e difendere l’imparzialità della magistratura, che senso ha l’autogoverno e come si può pretendere che, a fronte dell’inefficienza che palesemente produce, non ce lo tolgano?
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Magistratura Indipendente
Il Correntismo
Con l’intervento di Condorelli si è completato il panorama delle opinioni espresse dai segretari delle correnti rappresentate nel C.S.M. sul tema del correntismo e delle sue negative conseguenze sull’attività dell’organo di autogoverno della magistratura.
Riassumo in estremi sintesi le posizioni che sono emerse.
Magistratura Indipendente sostiene che il correntismo esista e sia un problema di tutti, da risolvere tutti insieme.
Magistratura Democratica e il Movimento per la Giustizia sostengono che il correntismo esiste ma loro ne sono immuni e riguarda solo gli altri.
Unità per la Costituzione sostiene che forse nemmeno esiste, e comunque non è un problema.
All’esito di tale dibattito la sentenza è questa: il solo colpevole sono io, il segretario generale di Magistratura Indipendente.
Ricorderete, infatti, che il mio intervento aveva avuto il senso di una autodenuncia e insieme di una chiamata di correo. La chiamata di correo non ha avuto seguito, poiché tutti hanno negato ogni responsabilità. Rimane, purtroppo, l’autodenuncia, e se questo fosse stato un processo sarebbe finita come non è raro che finisca nei processi per fatti di mafia, quando l’unico condannato alla fine è il pentito (perché ha confessato) e i chiamati in correità, che hanno negato anche di esistere, sono assolti (perché non c’è riscontro ...).
Ovviamente la verità non è questa, ma prendo atto con dispiacere che non la si vuole riconoscere e, per negarla quando qualcuna prova ad affermarla, si adoperano tutti gli argomenti possibili e immaginabili: dallo sdegno per ingiusti sospetti che gettano un’inaccettabile ombra sull’operato del C.S.M. (è la posizione di Unità per la Costituzione, che è il gruppo che ha la maggioranza dei componenti togati del Consiglio e che quindi incide più di tutti sulle sue decisioni), alla distinzione tra maggioranze costituite sempre dai soliti noti che fanno sempre scelte cattive e minoranze (che, chissà come, sono però costituite anch’esse sempre dai soliti noti, ovviamente diversi dai primi) che farebbero invece sempre scelte buone (è la posizione di Magistratura Democratica), mentre l’ultima novità è la scoperta dei “laici cattivi”, quelli da non frequentare e da cui stare accuratamente alla larga poiché sospettati di voler favorire i nemici dell’indipendenza della magistratura anche in occasione della nomina del presidente dell’ultimo tribunale di provincia o del referente informatico del settore civile del più piccolo distretto giudiziario (dalla posizione del Movimento per la Giustizia).
Speravo che il mio appello a prendere atto del problema e a trovare tutti insieme soluzioni e rimedi potesse suscitare una reazione diversa e costruttiva, rivolta al futuro, rispetto a quella che si è avuta ufficialmente, e che a questo punto mi costringe invece, per obbligo d’ufficio (quello di segretario generale di Magistratura Indipendente) a dire anch’io la mia su cause e responsabilità, che in effetti sono di tutti, ma non sono uguali per tutti.
Uguale per tutti è il presupposto, ovverosia il gusto del perseguimento del potere concreto esercitabile attraverso una sempre maggiore presenza nell’organo di autogoverno, che sempre più si è affiancato alle finalità tradizionali (e, quelle sì, apprezzabili) dei gruppi associativi riunitisi in correnti che costituiscono l’A.N.M., nessuna delle quali a questo punto può sottrarsi a tale logica a pena di essere sopraffatta e scomparire. Veicolo necessario è il consenso dei magistrati-elettori, che si ritiene di poter incrementare dimostrando in Consiglio la capacità di affermare le proprie posizioni anche in contrapposizione a quelle degli altri in tutti i campi, ivi compreso, ovviamente, quello delle nomine e del conferimento di incarichi di ogni genere (direttivi ma anche altri, fino a quelli meno rilevanti).
Tale atteggiamento non è nuovo, parte da lontano, ma è andato sempre più accentuandosi nel tempo, trovando infine ulteriore alimento, a mio giudizio, in due circostanze contingenti.
La prima è stata l’ultima sciagurata legge elettorale del Consiglio che, eliminando il voto di lista, ha consentito a taluni gruppi di sfruttare fino alle ultime pieghe il sistema elettorale mediante “apparentamenti” volti ad ottimizzare i voti disponibili. E’ stata questa la strategia elettorale di Magistratura Democratica e del Movimento per la giustizia, che ha loro consentito alle ultime elezioni di conseguire un risultato complessivamente migliore rispetto a quello che sarebbe derivato da un’elezione proporzionale a liste contrapposte (e, quindi, superiore a quello che avrebbe loro meritato l’effettivo consenso nell’elettorato, come risulta evidente, se non altro, dal confronto con l’esito delle elezioni proporzionali per il C.D.C. svoltesi soltanto pochi mesi dopo). Strategia legittima, ci mancherebbe altro, che gli interessati hanno tutto il diritto di definire come “iniziativa aggregante sui valori” oppure “aggregazione culturale”, ma che io, esercitando il diritto di critica che pure mi compete, ho il diritto invece di valutare soprattutto come strategia strumentale al conseguimento del miglior risultato elettorale possibile (e quindi della maggior quantità di potere possibile); e ciò sulla base del fatto che mi lascia perplessa un’aggregazione culturale sui valori dall’andamento tanto ondivago, che si manifesta oppure no nelle varie competizioni elettorali che riguardano la magistratura, così da far sorgere il legittimo sospetto che l’intensità della forza aggregante di tali valori sia più o meno determinata dall’esito prevedibile delle diverse opzioni elettorali.
Da ciò, soprattutto, nasce anche il primo vero “blocco” presente in Consiglio, formato proprio dai rappresentanti dei gruppi che hanno costituito una strategia comune perfino in fase elettorale, e che paradossalmente denunciano invece l’esistenza di un altro “blocco” costituito dai rappresentanti delle altre due correnti, che in effetti probabilmente vengono troppo spesso a convergere sulle stesse posizioni (riemerge in me l’istinto del “pentito”) in contrapposizione con quelle unitariamente espresse dagli altri. Dobbiamo quindi ancora una volta “ringraziare” (l’ironia mi sembra evidente, ma a scanso d’equivoci è meglio sottolinearla) l’assurda e incompetente politica sulla giustizia perseguita dall’attuale maggioranza che, tra leggi “ad personam” e controriforme varie, ha trovato anche il modo di favorire il correntismo e le sue conseguenze di vario genere con una riforma legislativa che invece aveva il dichiarato scopo di combatterlo.
La seconda circostanza che ha inciso sul problema ha invece un’origine lontana, discendendo addirittura dalla scelta politica del sistema maggioritario nel nostro Paese, che ha portato alla creazione di due poli fieramente contrapposti l’uno all’altro. Di ciò ha risentito anche l’atteggiamento dei componenti laici del Consiglio, e in particolare di quelli espressi dalla maggioranza di destra; costoro hanno sempre saputo che Magistratura Democratica è la corrente dichiaratamente orientata a sinistra, e, ovviamente, in caso di contrapposizione tra essa (e i suoi alleati) e le altre componenti, istintivamente tendono a preferire queste ultime, che quantomeno ritengono pregiudizialmente non ostili. Questa, e non altre, è la ragione del voto che, in via preferenziale, effettivamente i laici della maggioranza esprimono nelle pratiche di gestione a sostegno delle scelte di Unità per la Costituzione e di Magistratura Indipendente, e, comunque si voglia giudicare tale atteggiamento, non vi è pertanto ragione di ritenere che esso sia invece determinato dalla perversa volontà di reprimere le libertà e i principi ispiratori dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura. Il caso ha anche voluto, tra l’altro, che l’attuale Consiglio sia stato composto in pendenza di un Parlamento a maggioranza di destra; la destra ha quindi espresso anche la maggioranza dei componenti laici i quali, allorché si verificano situazioni di contrapposizione tra gli schieramenti dei togati, in genere determinano con il loro numero la maggioranza a favore della posizione che non è sostenuta da Magistratura Democratica. E’ questa, e solo questa, la genesi della maggioranza più frequente, una genesi occasionale e contingente, del tutto irrilevante circa il giudizio da dare sulla bontà o meno delle scelte e dell’atteggiamento di ogni componente consiliare; in base alla stessa logica la situazione potrebbe essere infatti del tutto capovolta in occasione della composizione del prossimo Consiglio, senza che ciò possa influire minimamente sulla “qualità” di tali scelte e di tale atteggiamento.
In conclusione, ribadisco la mia delusione. Non sarà mai possibile cambiare nulla finchè non si avrà il coraggio di ammettere, da parte di tutti, che “è anche colpa mia”. Il correntismo è un avversario difficile da combattere. Solo se lo si affronta onestamente, tutti insieme, si può vincere. Invece c’è chi pensa di stravincere, facendo credere che la colpa è degli altri, e c’è chi preferisce far finta di niente. In questo modo tutti quanti possiamo solo perdere, credibilità, fiducia e rispetto.
Il Segretario Generale
Antonio Patrono
2 commenti:
Ricordo questa lettera.
Poteva essere un'occasione per sviluppare un discorso costruttivo all'interno dell'A.N.M., è andata a finire nel più prevedibile dei modi.
Spero che, se vi saranno, non si sprechino altre occasioni per una riflessione comune davvero aperta ad un concreto cambiamento.
O che almeno dal loro fallimento si ricavi comunque un'indicazione utili sulle diverse strade percorribili prima di cedere alla rassegnazione.
Buonasera intervengo su questo scritto che risale a circa 15 anni fa.
, dr Patrono membro CSM la situazione e' identica la magistratura e' sempre dilaniata da divisioni interne, al CSM lo strapotere delle correnti impera.La condanna di Palamara e' scontata e sara' rapida, il dr Davigo continuera' a fare il moralizzatore sui Media e molto probabilmente sara' trattenuto in servizio altri due anni.
Per cambiare qualcosa nella Giustizie e nel rapporto con i politici ci vorrebbe un coraggio che voi del blog senz'altro avete e dimostrate ma non credo possa bastare.
Il Presidente Cossiga con le ombre su alcune gravi vicende politiche vedi caso Moro lo aveva e lo ha dimostrato. Ma io non ne vedo altri della sua pasta...tanto meno l'attuale inquilino.
Grazie e complimenti per il coraggio che voi senz'altro dimostrate Giammauro PASQUALE Genova
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