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di Ada Mollica
(Giornalista)
Ci sono parole e parole.
Ci sono parole usate per raccontare fatti e parole usate per orientare consensi, elettorali e non.
Parole trasparenti e parole oscure.
Parole che vogliamo definire, con un’espressione forse non corretta ma che ci piace, “giuste” e “ingiuste”.
Spesso i giornalisti, che con le parole lavorano, complici del potere o dei poteri, usano le seconde, quelle ingiuste; talora ne inventano di sana pianta così da creare polveroni che mascherino o nascondano del tutto la verità.
E non parlo solo di silenzi, censure, falsità, imbrogli belli e buoni che quasi sempre raggiungono lettori ignari sotto forma di interi articoli.
Parlo proprio di parole, di semplici brevi parole, coniate dalla cattiva politica e adottate dalla cattiva stampa, nella migliore dell’ipotesi per pigrizia, nella peggiore per complice disonestà.
Vi ricordate di Bettino Craxi, tangentista della prima ora che per sfuggire al processo, scappò in Tunisia dove visse finché il diabete glielo permise, nella sua bellissima villa sul mare?
Uno che scappa per non subire condanne o comunque per non incappare nelle maglie della giustizia, secondo la lingua italiana, la logica e la coscienza, è un “latitante”.
Ebbene la stampa ne ha fatto un “esule”.
E che dire della guerra preventiva?
Invenzione del governo americano per giustificare un’aggressione sulla base di una presunzione di colpevolezza creata ad hoc, che gli irakeni – i magazzini stipati di armi chimiche – stessero per sferrare un attacco micidiale contro l’Occidente.
E talora le “guerre” diventano addirittura “missioni di pace”.
Non basta.
Ci sono altri ossimori della vergogna.
Il fuoco amico, ad esempio, per addolcire la pillola dell’errore del commilitone.
Amico il cavolo. La gente muore e mai nessuno è morto per amicizia.
Ed anche le bombe intelligenti. Stupidi ordigni che seminano il terrore.
E a proposito di terrore.
L’Occidente bolla – e a ragione – come terroristi, estremisti e integralisti islamici che con l’esplosivo fanno saltare e si fanno saltare in aria.
E’ chiaro che la definizione calza a pennello a chi semina morte con attentati. Perché terrore semina anche quando mette in gioco la sua stessa vita.
Ma forse hanno seminato meno terrore, le atomiche su Hiroshima e Nagasaki?
Le incursioni nei villaggi e i bombardamenti di napaln in Vietnam?
Gli interventi della Cia per appoggiare o rovesciare governi?
L’embargo per il quale sono stati negati presidi essenziali a popolazioni inermi?
Le ultime guerre che hanno allineato dietro gli Usa altri i paesi dell’“Occidente civile” sono state spacciate come esportazioni di democrazia e difesa di libertà.
Ma abbiamo visto il terrore negli occhi di donne e bambini.
Peccato che nessun giornalista abbia definito terroristi i governi Usa.
di Ada Mollica
(Giornalista)
Ci sono parole e parole.
Ci sono parole usate per raccontare fatti e parole usate per orientare consensi, elettorali e non.
Parole trasparenti e parole oscure.
Parole che vogliamo definire, con un’espressione forse non corretta ma che ci piace, “giuste” e “ingiuste”.
Spesso i giornalisti, che con le parole lavorano, complici del potere o dei poteri, usano le seconde, quelle ingiuste; talora ne inventano di sana pianta così da creare polveroni che mascherino o nascondano del tutto la verità.
E non parlo solo di silenzi, censure, falsità, imbrogli belli e buoni che quasi sempre raggiungono lettori ignari sotto forma di interi articoli.
Parlo proprio di parole, di semplici brevi parole, coniate dalla cattiva politica e adottate dalla cattiva stampa, nella migliore dell’ipotesi per pigrizia, nella peggiore per complice disonestà.
Vi ricordate di Bettino Craxi, tangentista della prima ora che per sfuggire al processo, scappò in Tunisia dove visse finché il diabete glielo permise, nella sua bellissima villa sul mare?
Uno che scappa per non subire condanne o comunque per non incappare nelle maglie della giustizia, secondo la lingua italiana, la logica e la coscienza, è un “latitante”.
Ebbene la stampa ne ha fatto un “esule”.
E che dire della guerra preventiva?
Invenzione del governo americano per giustificare un’aggressione sulla base di una presunzione di colpevolezza creata ad hoc, che gli irakeni – i magazzini stipati di armi chimiche – stessero per sferrare un attacco micidiale contro l’Occidente.
E talora le “guerre” diventano addirittura “missioni di pace”.
Non basta.
Ci sono altri ossimori della vergogna.
Il fuoco amico, ad esempio, per addolcire la pillola dell’errore del commilitone.
Amico il cavolo. La gente muore e mai nessuno è morto per amicizia.
Ed anche le bombe intelligenti. Stupidi ordigni che seminano il terrore.
E a proposito di terrore.
L’Occidente bolla – e a ragione – come terroristi, estremisti e integralisti islamici che con l’esplosivo fanno saltare e si fanno saltare in aria.
E’ chiaro che la definizione calza a pennello a chi semina morte con attentati. Perché terrore semina anche quando mette in gioco la sua stessa vita.
Ma forse hanno seminato meno terrore, le atomiche su Hiroshima e Nagasaki?
Le incursioni nei villaggi e i bombardamenti di napaln in Vietnam?
Gli interventi della Cia per appoggiare o rovesciare governi?
L’embargo per il quale sono stati negati presidi essenziali a popolazioni inermi?
Le ultime guerre che hanno allineato dietro gli Usa altri i paesi dell’“Occidente civile” sono state spacciate come esportazioni di democrazia e difesa di libertà.
Ma abbiamo visto il terrore negli occhi di donne e bambini.
Peccato che nessun giornalista abbia definito terroristi i governi Usa.
3 commenti:
Grazie Ada.
Felice
Ada,
abbiamo smesso da tempo di chiamare le cose con il loro nome, purtroppo : nomina nuda tenemus....
Le cose non cambiano la sostanza a seconda del nome che diamo loro, e' vero, ma cambia certo la percezione che ne abbiamo, perche' un "involucro" colorato ed attraente - lo sanno bene gli esperti di marketing che orientano l'esistenza delle persone - e' capace di rendere appetibile quasi ogni tipo di contenuto.
Quando avremo tutti riflettuto a fondo sulla differenza fra apparenza e sostanza (fra fenomeo e noumeno, per essere pedanti) sara' davvero un bene e potremo avviarci verso un cambiamento culturale che non potra' che portare bene al Paese ed a ciascuno di noi.
In fondo, la saggezza popolare ha sempre ricordato che l'abito non fa il monaco....
"Il nome della rosa", da cui Francesca trae la sua citazione, è un romanzetto di ottima presa sulle masse, perché si adegua in tutto e per tutto agli stereotipi massonici sul medioevo.
Altro non voglio dire, essendo vigente il "silenzio" elettorale.
Ma aspettatemi dopo ...
Cordiali saluti.
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