Riportiamo da Repubblica.it un articolo sul processo per gli orribili fatti della clinica Santa Rita di Milano.
Il processo si fonda su delle intercettazioni telefoniche che fra qualche giorno non sarà più possibile fare.
Questa vicenda è l’ennesima che consente di valutare quali siano gli interessi in gioco sul tema delle intercettazioni.
Santa Rita, in aula le intercettazioni choc
di Oriana Liso
(Giornalista)
da Repubblica.it del 18 febbraio 2009
In aula a Milano le telefonate che hanno incastrato i vertici della clinica Santa Rita. “Qui ci sono i criminali”
Intercettazioni choc. Quelle che Pier Paolo Brega Massone, l’ex primario di chirurgia toracica della clinica milanese Santa Rita, ascoltava fissando un punto lontano dell’aula bunker di piazza Filangieri mentre risuonava la voce di una sua collega: «Se controllano le cartelle, lo sai che il principe di queste cose è Brega Massone ... lui (il proprietario della clinica, Pipitone) non può far venire a lavorare dei banditi che poi ci fanno finire sui giornali ... altro che truffa, questi sono criminali».
Parole intercettate dai militari della guardia di finanza nel luglio 2007, prima e subito dopo che nella clinica arrivassero gli arresti e i sequestri per una delle più brutte pagine della sanità lombarda.
Perché il processo in corso riguarda non solo le truffe al sistema sanitario, ma anche, forse soprattutto, le lesioni ai pazienti finiti in sala operatoria per aumentare gli stipendi dei medici, pagati in base alla produttività.
L’audio delle telefonate: “Il chiodo? Reimpiantiamolo su un novantenne” ; Gli interventi mirati per i rimborsi Asl ; “Perché quell’operazione inutile?” ; I segreti delle cartelle cliniche
I pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano hanno spiegato che «questo ascolto è un modo per capire come da un’indagine asettica si è passati ad aprire spazi investigativi che non immaginavamo».
È stato il colonnello della finanza Cesare Maragoni a ripercorrere le tappe dell’inchiesta.
«Alcuni casi sono davvero sconcertanti, non giustificati ... è una cosa terribile, che bisogno c’era di intervenire subito, il malato non scappa ...», dice in una telefonata con Pipitone il consulente nominato dalla stessa clinica per esaminare la montagna di cartelle cliniche sequestrate.
Operazioni non necessarie, dannose.
In una telefonata del luglio 2007 una funzionaria e l´ex primario di Ortopedia, Scarponi, parlano di un chiodo: la confezione è stata aperta per sbaglio. «Costa 445 euro», si lamenta la funzionaria: non si può buttare via. La soluzione la trova il medico: «Lo rimpianto su un altro paziente anziano, un 90enne: che aspettativa di vita può avere ...».
Quel paziente – spiegherà in aula Maragoni – entrerà in clinica altre sette volte per le infezioni, prima di morire.
«Delle 569 persone morte nei reparti di riabilitazione di tutta la Lombardia nel 2005, il 13 per cento è in quello della Santa Rita», calcola la Finanza.
Il processo si fonda su delle intercettazioni telefoniche che fra qualche giorno non sarà più possibile fare.
Questa vicenda è l’ennesima che consente di valutare quali siano gli interessi in gioco sul tema delle intercettazioni.
Santa Rita, in aula le intercettazioni choc
di Oriana Liso
(Giornalista)
da Repubblica.it del 18 febbraio 2009
In aula a Milano le telefonate che hanno incastrato i vertici della clinica Santa Rita. “Qui ci sono i criminali”
Intercettazioni choc. Quelle che Pier Paolo Brega Massone, l’ex primario di chirurgia toracica della clinica milanese Santa Rita, ascoltava fissando un punto lontano dell’aula bunker di piazza Filangieri mentre risuonava la voce di una sua collega: «Se controllano le cartelle, lo sai che il principe di queste cose è Brega Massone ... lui (il proprietario della clinica, Pipitone) non può far venire a lavorare dei banditi che poi ci fanno finire sui giornali ... altro che truffa, questi sono criminali».
Parole intercettate dai militari della guardia di finanza nel luglio 2007, prima e subito dopo che nella clinica arrivassero gli arresti e i sequestri per una delle più brutte pagine della sanità lombarda.
Perché il processo in corso riguarda non solo le truffe al sistema sanitario, ma anche, forse soprattutto, le lesioni ai pazienti finiti in sala operatoria per aumentare gli stipendi dei medici, pagati in base alla produttività.
L’audio delle telefonate: “Il chiodo? Reimpiantiamolo su un novantenne” ; Gli interventi mirati per i rimborsi Asl ; “Perché quell’operazione inutile?” ; I segreti delle cartelle cliniche
I pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano hanno spiegato che «questo ascolto è un modo per capire come da un’indagine asettica si è passati ad aprire spazi investigativi che non immaginavamo».
È stato il colonnello della finanza Cesare Maragoni a ripercorrere le tappe dell’inchiesta.
«Alcuni casi sono davvero sconcertanti, non giustificati ... è una cosa terribile, che bisogno c’era di intervenire subito, il malato non scappa ...», dice in una telefonata con Pipitone il consulente nominato dalla stessa clinica per esaminare la montagna di cartelle cliniche sequestrate.
Operazioni non necessarie, dannose.
In una telefonata del luglio 2007 una funzionaria e l´ex primario di Ortopedia, Scarponi, parlano di un chiodo: la confezione è stata aperta per sbaglio. «Costa 445 euro», si lamenta la funzionaria: non si può buttare via. La soluzione la trova il medico: «Lo rimpianto su un altro paziente anziano, un 90enne: che aspettativa di vita può avere ...».
Quel paziente – spiegherà in aula Maragoni – entrerà in clinica altre sette volte per le infezioni, prima di morire.
«Delle 569 persone morte nei reparti di riabilitazione di tutta la Lombardia nel 2005, il 13 per cento è in quello della Santa Rita», calcola la Finanza.
5 commenti:
Hanno istituito il pentitismo (in nome della lotta alla mafia )
Hanno istituito la D.I.A. (in nome della lotta alla mafia )
Hanno istituito le DD.DD.AA. (in nome della lotta alla mafia )
Hanno istituito la S.N.A. (in nome della lotta alla mafia )
Hanno istituito il 416 bis (in nome della lotta alla mafia )
Hanno istituito il 41 bis (in nome della lotta alla mafia )
Hanno istituito il 14 bis (in nome della lotta alla mafia )
Hanno varato la legge Cirielli escludendo la sua applicazione ai reati di mafia (in nome della lotta alla mafia )
Hanno depenalizzato un’infinità di reati ad esclusione di quelli riconducibili alla mafia (in nome della lotta alla mafia )
Hanno varato l’indulto escludendo i reati mafia (in nome della lotta alla mafia )
Stanno per varare la legge sulle intercettazioni escludendo i reati di mafia (in nome della lotta alla mafia )
Sono state istituite Associazioni, Comitati, Chiese, Giunte, SUE, ecc. ecc. (in nome della lotta alla mafia )
Sorge spontanea una riflessione sulla frase riportata in alto sul Blog e che per facilitazione riporto di seguito:
“La Grande Bugia è una bugia così enorme da far credere alla gente che nessuno potrebbe avere l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame” - (Adolf Hitler, “Mein Kampf”)
Pregiatissima Redazione!
Non sono assolutamente un negazionista della mafia; anzi, la mafia esiste ed è formata da paralitici-disadattati-cialtroni, ex mafiosi, e da nuovi mafiosi: i primi sono ignoranti legati ad una arcaica cultura mai evolutasi; i secondi, fanno di tutto per non cambiare detta cultura.
Falcone, circa 18 anni fa, pubblicamente ha detto: "la mafia è un fenomeno storico e come tutti i fenomeni storici ha un inizio e un a fine".
Gratteri, pochi giorni fa, pubblicamente, ha detto: “la mafia non finirà mai! Durerà fin quando durerà l’uomo”.
Da perseguitato della mafia e dell’antimafia, da decenni, permettetemi di dire che hanno ragione entrambi: la mafia, come fenomeno storico inteso da Falcone, è finita; quella nuova, intesa da Gratteri, finirà insieme all’uomo!
Quello che non capisco è, come mai Gratteri continua ad accanirsi contro la prima, considerato che il pericolo attuale deriva dalla seconda!
Bartolo iamonte
Non mi sorprenderà mai abbastanza l'assenza di opposizione e lotta al fenomeno mafioso da parte dei normali cittadini ,quelli sono costretti a varcare la soglia di cliniche come i vari S.Rita sparsi nella penisola e costretti a chiedere giustizia in tribunali che adottano gli stessi metodi del S. Rita ,dove anzichè essere protagonisti medici lo sono gli avvocati,ma il metodo è lo stesso. Qualcuno può spiegare a una zuccona come me perchè il popolo che sa che prima o poi dovrà varcare quelle soglie non chiede trasparenza , sicurezza ,certezza dell'esercizio della funzione sanitaria e del servizio- giustizia a tali istituzioni?
Primi scricchiolii.....
- Intercettazioni:Pecorella: Dubbi di costituzionalità
Il deputato PDL Gaetano Pecorella si chiede se il DDL sulle intercettazioni rispetti "il valore costituzionale della corretta e buona amministrazione".
Qualcuno rinsavisce?
Alessandra
Roba da chiodi
Il caso della S. Rita è un esempio calzante del danno alla giustizia che la legge sulle intercettazioni provocherà. Non va però scambiato per un esempio rappresentativo degli orrori della medicina commerciale, né per un esempio rappresentativo dell’attenzione dei magistrati verso tali reati. Si parla di “clinica degli orrori”, ma le pratiche che emergono dalle intercettazioni sulla S. Rita non sono casi isolati veri e propri: sono piuttosto casi all’estremo di un continuum di una prassi che è ubiquitaria in Lombardia e in altre regioni. Gli interlocutori delle intercettazioni vengono giustamente perseguiti, ma è da notare che si tratta di illeciti “personalistici” che vanno a danneggiare, oltre che l’utente, altri affari illeciti “sistemici”. In una delle intercettazioni un chirurgo afferma che impianterà un chiodo pertrocanterico non più sterile, su chiunque, ma meglio se su un novantenne che tanto “che aspettativa di vita può avere?”. L’infermiere si era sbagliato: aveva aperto la confezione di un chiodo sinistro mentre in quell’intervento ne occorreva uno destro. Dall’intercettazione emerge anche che la ditta che beneficia di pingui commesse di chiodi a 445 euro l’uno rifiuta di fornire un servizio di risterilizzazione per le confezioni aperte accidentalmente; nel rifiutare riferisce che l’inconveniente non è raro. Si evince dall’intercettazione che se qualcuno apre per sbaglio una confezione di questi chiodi, può capitare che un mini Mengele li impianti comunque; ma si tratta di casi eccezionali, di mele marce: la medicina è sana, e quello che succede di norma se un sanitario sbadato confonde la destra con la sinistra è che il fornitore non li ritira gratuitamente, per una quota ragionevole, consapevole dell’ottimo affare che comunque sta facendo con un’amministrazione pubblica dotata di grande forza contrattuale; né ci sono equi costi aggiuntivi di ritiro e risterilizzazione; ma c’è la vincita di un’ulteriore commessa da 445 euro pagata dal banco, cioè dai contribuenti, alla ditta produttrice e agli intermediari. Un messaggio rassicurante. Nel dialogo registrato gli interlocutori non hanno detto cose come: “Oh bella, com’è che questa particolare ditta non ritira il chiodo?”;”Perché a noi no?”; “Insistiamo, facciamo intervenire la Regione, troviamo un accordo”. Operatori spregiudicati come quelli della S. Rita non hanno premuto per ottenere le dovute condizioni economiche. Hanno preferito commettere reati degradanti e rischiosi quando avrebbero potuto fare valere le loro buone ragioni. E’ pertanto da presumere, anche alla luce dell’andazzo generale della sanità lombarda, che un tale riguardoso atteggiamento verso i fornitori sia di natura politica, e che quindi non sia un caso isolato; e che valga anche per gli altri tipi di chiodi; e per i vari tipi di protesi d’anca, quelle di ginocchio, etc., che hanno prezzi molto più elevati. Nell’anziano la frattura del collo del femore (che è favorita da farmaci di uso comune, come i corticosteroidi e alcuni diuretici e antiacidi) innesca una catena di eventi patogenetici che spesso lo porta alla morte. Il 20-30% degli anziani con frattura del collo del femore muore entro un anno dall’evento iniziale. Il 50% dei sopravvissuti rimane disabile. Gli interventi di chirurgia ortopedica per queste fratture possono provocare complicazioni che vanno ad aggravare una condizione già precaria. La riduzione della frattura è solo un aspetto di questo importante problema geriatrico. La Regione i prodotti tecnologici come i chiodi pertrocanterici li fa scartare come se fossero caramelle; largheggiando nel finanziare la cura dell’episodio acuto, toglie fondi all’assistenza per la successiva disabilità, che può provocare pesanti disagi economici alle famiglie. Sarebbe interessante sapere se i magistrati penali e quelli della Corte dei conti hanno dato un occhiata a questo scialo di alta carpenteria, e cosa hanno accertato.
Comunque stiano le cose, il caso del chiodo apri e getta è sintomatico di una situazione generale. I reparti di ortopedia in Lombardia si sono moltiplicati a dismisura negli ultimi tempi, e non stanno con le mani in mano. La traumatologia e la patologia ortopedica classiche sono soverchiate da un’ortopedia d’assalto molto meno utile e giustificata, come quella che ruota attorno alle artroscopie, che mette a disagio gli ortopedici onesti, ma è una benedizione per le ditte che costruiscono presidi ortopedici. L’allocazione delle risorse è distorta a favore di interessi industriali. In campo ortopedico, il servizio sanitario lombardo sovratratta la popolazione giovane; le artroscopie su soggetti giovani si sprecano. Questo stesso servizio sanitario tende a defilarsi una volta piantato l’ultimo chiodo, che spesso è quello della frattura del collo del femore, quando il paziente ha un drammatico bisogno di assistenza e aiuto. Il chirurgo riciclone fa rizzare i capelli, soprattutto se si hanno presenti le lunghe dolorose conseguenze dell’infezione di un impianto ortopedico; ma fa anche girare le idee alle case produttrici di tale ferramenta d’oro, che vogliono che dei loro prodotti se ne consumi il più possibile. Un consumo che deve seguire protocolli apparentemente razionali ed etici, con risultati che abbiano una parvenza di presentabilità. L’asepsi operatoria in genere è rispettata; è l’asepsi etica che lascia a desiderare. Credo che se Poggi Longostrevi, morto suicida nell’ignominia, avesse eseguito gli esami diagnostici che faceva prescrivere senza necessità, anziché andare oltre “le regole” e non eseguirli, oggi sarebbe un venerato luminare, ospite di Mirabella. Avrebbe causato maggiori danni iatrogeni ai pazienti, ma non avrebbe sabotato il business. Paradossalmente, il suo voler fregare anche il sistema illecito dal quale traeva benefici se da un lato lo ha portato alla perdizione, dall’altro ha risparmiato danni ai pazienti. Altrettanto paradossalmente, punendo i chirurghi della S. Rita, che anteponevano il perseguimento di vantaggi personali a qualsiasi altra considerazione, si bloccheranno alcuni crimini particolarmente sconci, ma si aiuterà anche la regolazione interna di un sistema iatrogeno e predatorio molto più vasto, che vuole operare in maniera molto più sofisticata, frodando a vantaggio non solo degli operatori, ma - in primis - di grandi interessi industriali. Tali grandi interessi vengono sistematicamente favoriti e protetti dai poteri dello Stato. Anche con metodi inimmaginabili. I medici e gli amministratori della S. Rita sembrano piccoli spacciatori che hanno fatto la cresta a danno di un boss mafioso, pensando di poter parassitare il traffico internazionale di droga, e che pertanto vengono puniti da chi di dovere, come esempio per gli altri, mentre il boss rimane “imprendibile”.
Risulta che la S. Rita pesa per oltre il 10% nella statistica dei decessi in strutture riabilitative in Lombardia. Ma la Lombardia spende cifre enormi per un genere di sanità che pone l’inutile e il dannoso al centro della propria filosofia e prassi (Roberto Volpi. L’amara medicina. Mondadori, 2008); e tale stato di cose non cambierebbe se anche si chiudesse del tutto la S. Rita. Un business che non deve temere da polizia e magistratura. Fermando i chirurghi troppo svelti di questa casa di cura si è rimosso un ostacolo ad un meccanismo che è ben oliato, e deve funzionare senza intoppi né rumori (Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi. http://menici60d15.googlepages.com/forummarcotravaglio.it2007-2008); e si è rafforzata la verginità di polizia e magistrati a riguardo. Le intercettazioni sono indispensabili per la difesa della legalità, ma se si tratta di reati legati al grande business della medicina da quest’orecchio i magistrati ci sentono poco. La registrazione degli strenui sforzi del chirurgo per salvare il chiodo sconcerta chi non conosce il sistema, ma allo stesso tempo non viene letta appieno per illuminare i vari livelli di corruzione e per fare pulizia anche ai piani alti. Le keyword dell’editoriale che sto commentando sono “Berlusconi e leggi ad personam” e “intercettazioni”. Non c’è keyword per cosucce come “sanità”, o “reati in campo sanitario”. Appare che i magistrati, non diversamente dal cittadino comune, siano sensibili solo agli aspetti più vistosi e caricaturali delle aberrazioni della medicina, che vengono visti come corpi estranei confitti in un corpo sano.
Un altro esempio di ciò è dato dalla polemica che impazza in questi giorni sul disegno di legge che dà ai medici la facoltà di denunciare i clandestini. Il settimanale “Famiglia cristiana” parla di “leggi razziali” contro gli immigrati. Anche il presente blog, che si chiama “Uguale per tutti”, ha stigmatizzato il provvedimento (”Animalità razionale” menici60d15. Commento all’editoriale del 5 feb 2009 di Felice Lima "I medici che denunciano i pazienti: ovvero della differenza fra l’uomo e la bestia."). La legge svilisce anche la figura del medico, e la federazione degli Ordini dei medici ora minaccia sanzioni contro i medici che denunceranno i clandestini. “Elegante” caso di legislazione domestica che punisce ciò che la legge dello Stato se approvata consentirà e che il governo invita a fare (è più frequente il caso inverso, nel quale l’Ordine vuole lasciare impunito ciò che la legge proibirebbe). Contemporaneamente, il governo Berlusconi sta studiando un “codice argento” per l’accesso dell’anziano fragile ai servizi sanitari. Una singolare suddivisione dei pazienti che non considera più la sola condizione morbosa ma anche l’età. E quindi l’aspettativa di vita. La gente non sa che, a parte il caso del chirurgo che per non perdere una manciata di euro arriva a impiantare su un morituro un chiodo non sterile, non sono rare nella pratica medica scelte diagnostiche e terapeutiche nascostamente basate sull’aspettativa di vita, che non vanno nell’interesse del paziente, ma soddisfano altri interessi; spesso interessi di sistema, come si è detto. Il progetto prevede la figura di un case manager che in pratica porrà l’anziano sotto tutela; il progetto formale lo denomina “angelo custode”. L’idea in sé non è necessariamente negativa, ma l’applicazione nella realtà di questa “separazione delle carriere” per i pazienti dovrebbe destare preoccupazioni. Nel progetto non sono previsti studi che considerino, sotto il profilo medico, etico e giuridico, possibili conflitti di interesse e abusi, come quelli citati sopra, degli angeli custodi e delle altre gerarchie celesti della medicina; e che indichino le misure per evitarli. Questo è il genere di provvedimenti non eclatanti che possono poi generare ingiustizie e sofferenze non solo gravissime, ma generalizzate. Distratti dal roboante proclama fascistoide su medici e clandestini, non ci si preoccupa delle discriminazioni che tale triangolo argento può comportare una volta che venga cucito sugli abiti dei nostri anziani.
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