di Antonio Massari
(Giornalista)
da La Stampa del 3 febbraio 2009
Catanzaro Il signor Salvatore Domenico Galati non è mai stato eletto senatore né deputato.
Eppure i magistrati, per analizzare una parte dei suoi tabulati telefonici, dovrebbero chiedere l’autorizzazione del Parlamento.
E non si tratta di un caso isolato.
Com’è possibile? Semplice. È sufficiente che la sua scheda telefonica sia intestata a un parlamentare.
E dalle perizie del consulente informatico Gioacchino Genchi, oggi al vaglio del Copasir, vien fuori che un solo senatore della Pdl – Giancarlo Pittelli – ha attivato tra il 2001 e il 2006 ben 12 schede sim. «Pittelli – scrive Genchi nel 2007 – non può aver utilizzato, da solo, tutte le utenze che abbiamo elencato. (…). Le utenze di Pittelli sono risultate in contatto con batterie di cellulari utilizzati per delle azioni pluriomicide e addirittura rinvenuti sul luogo di delitti ».
Un motivo c’è.
«Pittelli esercita la professione di avvocato penalista», continua Genchi, ma il punto è un altro: «Nel momento in cui Pittelli diviene soggetto passivo dell’azione penale, il divieto di qualunque indagine telefonica si è esteso di diritto a tutte le utenze che possono essere state da lui utilizzate, in modo diretto o indiretto».
È il caso, appunto, di Salvatore Domenico Galati, che nulla c’entra con gli omicidi, ma avrebbe avuto un ruolo, secondo Genchi, in «operazioni bancarie assai sospette, per conto del Pittelli, con ingente movimentazione di valuta».
Pittelli – che ha presentato le dimissioni (respinte) al Parlamento – è ora indagato dalla procura di Salerno, per corruzione in atti giudiziari, nell’ambito del «caso de Magistris».
Nelle perizie di Genchi viene descritto come il «deus ex machina» d’una fuga di notizie che avrebbe danneggiato Poseidone.
L’ex pm Luigi de Magistris l’aveva inquisito in «Why Not» e «Poseidone», prima che venisse trasferito, e perdesse le inchieste.
La posizione di Pittelli – sul quale l’ufficio antiriciclaggio aveva espresso dei sospetti – è stata poi archiviata dalla procura di Catanzaro.
Per la precisione: dai magistrati che, poi, sono stati indagati dalla procura di Salerno (anche) perché avrebbero favorito Pittelli.
Ma non si tratta dell’unico elemento delicato emerso dalle perizie di Genchi.
Uno strano filo rosso sembra collegare il «caso de Magistris» all’inchiesta milanese sul caso Telecom e, quindi, allo scandalo dello spionaggio illegale.
Nella perizia n. 12 del 2007 Genchi punta l’attenzione anche su Salvatore Cirafici (che non risulta indagato), direttore Corporate Governance di Wind spa (il quale, per questa vicenda, avrebbe già querelato Genchi).
Chi è Cirafici? Scrive Genchi: «Non esiste acquisizione di tabulati o richiesta d’intercettazioni (…) dirette alla Wind (…) che non venga portata a conoscenza della struttura aziendale diretta da Cirafici».
E Genchi scopre un fatto curioso: il telefono di Cirafici risulta in contatto con molti indagati (anch’essi archiviati) di Why Not e Poseidone: dall’ex piduista Luigi Bisignani a Lorenzo Cesa con la sua «Global Media» (società ritenuta da de Magistris il polmone finanziario dell’Udc).
Contatti, sottolinea Genchi, «che poca attinenza paiono avere con le garanzie di riservatezza richieste alle funzioni esercitate da Cirafici».
Non solo. Il telefono di Cirafici risulta in contatto con alcuni protagonisti dello scandalo spionistico Telecom, tra i quali Luciano Tavaroli e Marco Mancini.
Un contatto telefonico non è certo reato. Ma perché Cirafici è in contatto con tanti indagati in Why Not?
Infine: Genchi chiede i tabulati di un numero telefonico in contatto con Bisignani.
La Wind risponde – per 9 volte in due anni – che «l’utenza non è presente in archivio».
E alla fine una risposta si trova: era una «VPN», ovvero un’utenza molto delicata, tanto da non poter essere rinvenuta dallo stesso software Wind.
4 commenti:
Intercettazioni abusive.
Fonti riservatissime, hanno suggerito il mittente e il destinatario di un segretisso sms:
I nt L♥VE +
intercettato abusivamente.
Il messaggio, pare sia stato trasmesso frettolosamente da un alto personaggio per rassegnare le sue dimissioni alla fidanzata.
STUPORE. Personalmente mi stupisco di più leggendo che l'articolo del giornalista(chissà per quanto se continua a scriverne....) è stato pubblicato da "La stampa" e non invece dei FATTI accertati e riportati in esso. E la cosa non mi stupisce più se riferita al mio personale sentire, ma continua a stupirmi il fatto che dell'argomento non si riesca a trattarne come si deve in tutti gli organi di stampa...il che mi stupirebbe se si trattasse di un Moggi o un Corona, certamente. Adesso ci si prepari alla levata di scudi del neo perseguitato politico Fitto. Ma non stupitevi affatto se non se ne parlerà. Per lo meno non più di tanto.
Molto divertente: I nt L(simbolo del cuore)VE + !
Sembra di un ragazzino di 14 anni !
Gioacchino Genchi, comparso più volte in televisione e torchiato a dovere da giornalisti in altri casi molto meno ringhiosi, ha dato l'impressione di essere uno specialista di altissimo livello, con un piccolo difetto, credo: di voler essere comprimario del P.M. che gli conferiva gli incarichi.
E' una mia impressione, probabilmente del tutto infondata.
Sarebbe un peccato se venisse veramente accantonato.
L'articolo postato è un esempio della validità del consulente, credo a prova di querela.
Arriverà un momento in cui i cittadini dirsanno: "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più" ?
di Monica Centofante - 30 gennaio 2009 - dal sito www.antimafiaduemila.com
"Promesse. De Magistris passerà gli anni suoi a difendersi.
Giuseppe Chiaravalloti, indagato nell’inchiesta Toghe Lucane, lo aveva giurato nel corso di un’intercettazione. Allora era una minaccia, oggi è cronaca.
Nell’ambito dell’inchiesta Toghe Lucane, fino al giorno del trasferimento condotta dall’allora pm Luigi De Magistris, l’ex avvocato generale dello Stato presso la Corte d'Appello di Catanzaro, poi procuratore generale di Reggio e quindi presidente della Regione Calabria in quota Forza Italia e commissario delegato per l'emergenza ambientale Giuseppe Chiaravalloti – indagato in quell’indagine – veniva più volte intercettato mentre parlava al telefono con la sua segretaria.
Dopo aver proposto di affidare lo scomodo pubblico ministero alle cure della Camorra
(letteralmente: “Lo dobbiamo ammazzare… no gli facciamo le cause civili per il risarcimento danni e ne affidiamo la gestione alla Camorra napoletana… non è che io voglio soldi…”),
aveva sentenziato: “De Magistris passerà gli anni suoi a difendersi”.
Allora era una minaccia, oggi è cronaca [...]"
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