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di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
Con sentenza n. 4454/09 dell’8/29.4.2009, il T.A.R. del Lazio ha annullato il provvedimento con il quale il C.S.M. ha trasferito Clementina Forleo dal suo ufficio di G.I.P. del Tribunale di Milano.
La sentenza può essere scaricata e letta per intero a questo link del blog di Marco Travaglio (a proposito: cosa sarebbe l’informazione in questo Paese senza Marco Travaglio?).
E’ molto difficile commentarla perché è come un epitaffio o meglio, più banalmente, un necrologio della legalità.
Spesso, ma negli ultimi anni in maniera particolarmente clamorosa, il C.S.M. ha interferito con indagini e procedimenti in corso, condizionandone gli esiti – nel senso di fermarli – con provvedimenti a carico dei magistrati che se ne stavano occupando.
La motivazione ufficiale è stata sempre quella di punire asserite colpe dei magistrati in questione.
Molte volte il lavoro di quei magistrati è stato impedito trasferendoli.
Ormai è uno stereotipo: appena un’indagine “disturba” qualche potente, leggiamo sui giornali che “arrivano gli ispettori”. In queste settimane sono stati a Bari, perché al ministro Fitto non piace essere trattato come gli altri cittadini.
Con questo sistema, indagare sui potenti è, per i magistrati onesti, puro autolesionismo.
L’art. 107 della Costituzione dispone che «i magistrati sono inamovibili» e assoggetta a limitazioni precise il loro trasferimento da parte del C.S.M..
L’importanza di questa norma è di tutta evidenza e lo è massimamente di questi tempi, nei quali è sotto gli occhi di tutti come il trasferimento dei magistrati sia utile a fermare l’opera di quelli sgraditi al potere.
Ovviamente, le attività di “punizione” e “trasferimento” sono precedute e accompagnate da campagne di stampa con le quali si esprime indignazione per i “clamorosi abusi” che questo e quel politicante inquisito o sodale di inquisiti indicano come evidenti nell’opera dell’inquirente di turno.
A seguire, capita che alcuni consiglieri – politici e magistrati – del C.S.M. intervengano prima a mezzo stampa e poi con provvedimenti di rapida e dura repressione.
A fronte di tanto strepito e di tanto straparlare, ci si aspetta che i provvedimenti del C.S.M. siano di solare evidenza e di sicura legittimità.
Si pensa, in sostanza: “Capperi, se questo magistrato si è reso colpevole di tante nefandezze come dicono sui giornali, allora adesso arriverà una sentenza che indicherà chiaramente quali siano queste nefandezze. Se l’onorevole Tizio, il ministro Caio, il consigliere del C.S.M. Filano, il Presidente dell’A.N.M. Sempronio stigmatizzano, le colpe di questo magistrato saranno certe ed evidenti”.
Se qualcuno all’interno della magistratura si permette di avanzare dubbi su questo modo di procedere della Procura Generale e del C.S.M., pronti intervengono i capicorrente e i loro emissari a raccomandare, con tono sussiegoso, che “bisogna attendere l’esito della procedura prima di parlare”. Un po’ come se a un avvocato che facesse notare che il suo cliente è detenuto da due mesi per un fatto che non è previsto dalla legge come reato si rispondesse: “Avvocato, attenda l’esito del procedimento!”
Poi, passato un po’ di tempo, arrivano provvedimenti del C.S.M. che si avventurano in sofismi giuridici e bizantine ricostruzioni. Nei quali non c’è traccia alcuna delle “nefandezze” ipotizzate sui giornali, ma solo di “azzeccagarbuglismi” mai sentiti prima e dal fondamento giuridico che potremmo eufemisticamente definire molto incerto.
E a volte, come nel caso di quello annullato dal T.A.R. nei giorni scorsi, arrivano addirittura provvedimenti palesemente e clamorosamente illegittimi.
Il caso di Clementina Forleo è emblematico sotto tanti punti di vista.
Clementina si è permessa di dispiacere Massimo D’Alema e i suoi amici.
Violante è subito insorto, esprimendo giudizi pesanti su di lei.
E poi Bertinotti (che allora era Presidente della Camera) e Cirino Pomicino (?!) e financo Casson.
Carlo Vulpio fa una ricostruzione dei retroscena di questo coro di indignati in un articolo che è a questo link (1).
La Procura Generale della Cassazione le ha subito avviato un procedimento disciplinare, sostenendo che l’ordinanza che non era piaciuta a D’Alema e i suoi era “abnorme”.
Ma il C.S.M. è stato costretto ad assolverla da questo addebito, perché palesemente infondato.
A questo link si può leggere la relativa notizia di stampa.
Nel frattempo Luigi De Magistris veniva assolto dagli addebiti relativi alla partecipazione alla trasmissione televisiva Annozero, dato che, se avesse punito Luigi per quella trasmissione, il C.S.M. si sarebbe trovato in qualche imbarazzo con riferimento ad altre decine di esternazioni televisive dei più vari magistrati sui più vari fatti. “Porta a Porta” ha addirittura un magistrato che, vista la costanza delle sue partecipazioni, potremmo definire “d’ufficio”. Così, per le stesse ragioni, neppure Clementina poteva essere punita per le cose dette in quella trasmissione.
Il C.S.M., allora, ha avviato “contro” Clementina un procedimento ex art. 2 della legge sulle guarentigie (R.D.L.vo 31 maggio 1946, n. 511).
Uso significativamente l’espressione “contro”, perché la legge prevede la possibilità di ricorrere a quella procedura solo nei casi in cui nessuna “colpa” si possa ipotizzare a carico del magistrato. Sicché la procedura ex art. 2 non dovrebbe mai essere “contro”. E infatti è priva delle garanzie proprie del procedimento disciplinare.
Che in questo caso, invece, la procedura fosse “contro” era talmente evidente e clamoroso che la consigliera Letizia Vacca (si noti: addirittura Vicepresidente della Commissione del C.S.M. incaricata della pratica), se ne va davanti a un bel po’ di giornalisti e (stando a quanto riportato sui giornali e mai smentito) si abbandona a esternazioni fra le quali: «Questi giudici che in tv si presentano come eroi, sono dei cattivi giudici che fanno soltanto male alla magistratura»; «Dobbiamo solo precisare i capi di contestazione [si badi: “i capi di contestazione” ??!!] e votare», «è necessario che emerga che Forleo e De magistris sono cattivi magistrati, e non perché fanno i nomi dei politici»; «Questa non è una magistratura seria e questi comportamenti sono devastanti. I magistrati devono fare le inchieste e non gli eroi».
Ho approfondito questo aspetto della vicenda in un articolo dal titolo “Clementina Forleo e tutti noi avremmo diritto a un ‘giudice’ imparziale”, al quale mi permetto, per brevità, di rinviare.
Dopo di che, anche con il voto di questo imparziale Vicepresidente, Clementina è stata cacciata da Milano.
Oggi la sentenza del T.A.R. spiega ai profani le semplici ragioni per le quali quel provvedimento è illegittimo.
Dico “spiega ai profani”, perché gli addetti ai lavori lo sapevano benissimo da subito.
La sentenza del T.A.R. è breve e chiara e il mio consiglio a tutti e di leggerla.
I motivi su cui si fonda sono sostanzialmente due (ve ne è un terzo che spiega perché il provvedimento del C.S.M. sia anche affetto dal vizio di mancanza di motivazione, ma, per brevità, non approfondirò questa parte della sentenza, pur molto rilevante).
Il primo dei due motivi che esaminerò riguarda il fatto, cui ho già accennato, che la riforma dell’ordinamento giudiziario puramente e semplicemente vieta al C.S.M. di fare quello che ha fatto.
La riforma in questione ha infatti tipizzato gli illeciti disciplinari.
Adesso è illecito disciplinare solo quello che la legge indica come tale.
Dunque, le condotte volontarie dei magistrati possono solo rientrare o no nel novero dei fatti disciplinarmente censurabili.
Se ci rientrano, il magistrato sarà punito e, se del caso, trasferito.
Se non ci rientrano, non gli si potrà fare nulla e lo si dovrà lasciare in pace.
L’art. 2 della legge sulle guarentigie resta applicabile solo nel caso di situazioni di incompatibilità che non dipendano da condotte volontarie del magistrato: si tratta di casi come la presenza nella stessa città di un parente che, per esempio, fa l’avvocato, o di un figlio magari arrestato per qualche grave reato.
Quella procedura, invece, non può più assolutamente essere utilizzata (come purtroppo si è fatto altre volte) per cacciare un magistrato che “non piace” – al C.S.M. o a D’Alema o a Berlusconi o al cugino del nipote di un assessore o alla professoressa Vacca – ma che non si è riusciti a punire per mancanza dei presupposti.
Tutto qui.
Il C.S.M. ha utilizzato una procedura che non poteva utilizzare.
Il suo provvedimento è illegittimo, perché adottato in palese violazione della legge.
La condotta di chi lo ha votato è stata illegittima.
Conseguentemente, dal punto di vista logico, ci sono due sole alternative: o i consiglieri del C.S.M. che hanno votato il provvedimento lo hanno fatto con clamorosa ignoranza della legge, o lo hanno fatto in malafede.
Certo è che, se un provvedimento così lo avessero adottato Clementina Forleo o Luigi De Magistris o Gabriella Nuzzi, sarebbero già senza stipendio. Mentre al C.S.M. tutto procede come sempre.
Sulla gravità di una eventuale malafede dei Consiglieri non c’è bisogno di spendere parole.
Ma anche l’ignoranza della legge non è cosa da poco, se si considera che essa caratterizzerebbe membri di un consesso come il C.S.M., composto in maggioranza da magistrati e deputato a supervedere all’amministrazione della giustizia.
Purtroppo, però, in questo caso l’ignoranza va esclusa, come si dice nel nostro ambiente per tabulas.
E’ accaduto, infatti, che il C.S.M. il 24 gennaio 2007 ha adottato una delibera che si può leggere per intero a questo link, con la quale dà espressamente atto di quanto fin qui detto e chiede al Ministro della Giustizia di adoperarsi per far cambiare la legge.
E’ scritto fra l’altro testualmente in quella delibera che “L’area di operatività del trasferimento di ufficio in via amministrativa è stata in tal modo ampiamente ridotta e ricorre ora – come chiarito dal Consiglio con la risoluzione 6 dicembre 2006 – esclusivamente quando la situazione presa in esame: «a1) non risulti sussumibile in alcuna delle fattispecie disciplinari delineate dal decreto legislativo n. 109/2006 ovvero a2) non risulti riconducibile a comportamenti del magistrato»”.
Dunque, quello che il T.A.R. ha scritto la settimana scorsa nella sua sentenza al C.S.M. lo sapevano benissimo, almeno dal 6 dicembre 2006, data di una risoluzione (citata come si è visto nella delibera del 24 gennaio 2007), che si può leggere per intero a quest’altro link.
E non solo lo sapevano benissimo, ma ne avevano compreso tanto bene le conseguenze da scrivere che «l’esperienza del primo periodo di applicazione della nuova normativa ha dimostrato che tale ridimensionamento dei poteri di ufficio del Consiglio priva, di fatto, l’autogoverno di strumenti incisivi di intervento proprio nelle situazioni più delicate e nelle “zone grigie” (caratterizzate dalla compresenza di comportamenti di diversa rilevanza), il cui permanere mina (o rischia di minare) la credibilità della giurisdizione, e che a tale carenza non pongono sufficiente rimedio le nuove disposizioni relative alle misure cautelari adottabili in sede di procedimento disciplinare, sia per la diversità dei relativi presupposti che per la più ristretta area di applicazione di queste ultime» e da chiedere accoratamente al Ministro di fare cambiare la legge.
Dunque, ci si deve chiedere: perché questi consiglieri del C.S.M. hanno fatto ciò che sapevano così bene di non potere fare?
Le risposte sono molte e nessuna è bella.
Resta da dire sul punto che, diversamente da quanto sostenuto dal C.S.M. nei due provvedimenti da ultimo citati e dallo stesso T.A.R. nella sua sentenza, quella che ho fin qui esposto non è affatto una “lacuna” del sistema, ma una precisa e del tutto condivisibile scelta tecnica.
Il legislatore, in sostanza, come ho già detto, ha stabilito che le condotte dei magistrati o sono disciplinarmente censurabili o sono legittime. Punto e basta.
Non è più previsto che qualcuno possa cacciare un magistrato solo perché gli sembra “cattivo” (espressione testuale tratta dalle dichiarazioni della prof.ssa Vacca).
Ed è di tutta evidenza quanto questa norma sia preziosa di questi tempi. O meglio, quanto sarebbe preziosa se i componenti del C.S.M. avessero la grazia di rispettarla dopo che, come dimostrano le loro delibere appena citate, ne hanno pienamente compreso il significato.
Ma purtroppo bisogna prendere atto che lo stesso C.S.M. che (ogni tanto e con molta mitezza) “insorge” contro il Berlusconi di turno quanto attenta alla indipendenza dei magistrati, ritiene che l’attentato a quella stessa indipendenza possa essere posto in atto se lo decide lui (il C.S.M.). I consiglieri del C.S.M., in sostanza, pensano che essere custodi dell’indipendenza dei magistrati significhi esserene “padroni”, così da poterne disporre a piacimento.
Il secondo profilo di illegittimità denunciato dal T.A.R. è il rigetto della ricusazione della cons. Vacca.
E’ accaduto che, ovviamente, il difensore di Clementina Forleo ha chiesto al C.S.M. di non fare partecipare alla procedura la cons. Vacca che ci aveva tenuto così tanto a esternare a giornali unificati la sua ostilità al magistrato del cui trasferimento si doveva occupare.
Il C.S.M. ha dichiarato inammissibile l’istanza, sostenendo che la ricusazione è istituto che opera nei procedimenti giurisdizionali ma non anche in quelli amministrativi.
Il T.A.R. si fa carico di smentire il C.S.M., dandogli una breve ma efficace lezione di diritto (anche in questo caso, nella migliore ipotesi, ci sarebbe un serio problema di ignorantia legis proprio nel tempio della difesa della legge).
Ma sotto questo secondo profilo c’è una cosa che mi colpisce più della violazione di legge.
Mi chiedo, infatti: ma, anche a volere ammettere per ipotesi che la cons. Vacca non potesse essere ricusata per qualche sofisticata ragione di diritto, è davvero mai possibile che nessuno al C.S.M. abbia ritenuto DOVEROSO imporre alla professoressa di farsi sostituire nella trattazione della pratica in questione?
Come giudicherebbe il C.S.M. il Vicepresidente, per esempio, di una commissione sanitaria che deve decidere se un tale abbia diritto o no alla pensione di invalidità che, prima di riunirsi con la commissione, convochi i giornalisti e spieghi loro perché reputa l’invalido un impostore e come adesso provvederà a “fargliela vedere” con gli altri della commissione?
Ed è mai possibile che un organo che, come il C.S.M., si erge in continuazione a giudice dei buoni costumi, della deontologia, della moralità costituzionale e chi più ne ha più ne metta, abbia l’arroganza di fare decidere il trasferimento di Clementina Forleo a una persona che ha fatto e detto le cose che, sul punto, ha fatto e detto la cons. Vacca (detto – si badi bene – prima di essere chiamata a decidere della sorte di Clementina)?
Sembra impossibile e paradossale.
Eppure è accaduto, costringendo così il TA.R. a spiegare al C.S.M.: «In particolare, l’imparzialità dell’organo deliberante è garantita dall’applicazione dei criteri desumibili dall’art. 49 T.U. n. 311957 e, prima ancora, dall’art. 51 c.p.c., i quali impongono l’astensione al componente dell’organo collegiale che versi in situazione di inimicizia personale nei confronti del destinatario del provvedimento finale o abbia manifestato il suo parere sull’oggetto di questo al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni procedimentali (Cons. Stato, IV, 7 marzo 2005, n. 867). Ne consegue che l’istanza di astensione/ricusazione non poteva essere legittimamente dichiarata inammissibile, tanto più che gli apprezzamenti diffusi a mezzo stampa sul magistrato interessato nel corso del procedimento sono stati resi dal Vicepresidente della Prima Commissione, la Commissione che, in quanto competente sulle procedure di trasferimento ai sensi dell’art. 2 R.D.Lgs. 511/1946, ha formulato la proposta di trasferimento della dott.ssa Forleo, per cui appare arduo ipotizzare che l’inosservanza dell’eventuale obbligo di astensione da parte del componente del Consiglio non abbia potuto produrre un’alterazione del procedimento, traducendosi in un vizio di legittimità del provvedimento finale».
Questa l’analisi degli aspetti tecnici della questione.
Molto più complessa è l’analisi per così dire “politica”.
Va detto, intanto, che non è ancora finita, perché il C.S.M. fa un’altra cosa che lascia stupefatti: impugna per principio e “a prescindere” i provvedimenti del T.A.R. che gli danno torto.
Qualunque funzionario pubblico sa di avere l’obbligo di rispettare il 1° comma dell’art. 97 della Costituzione, per il quale devono essere assicurati il buon andamento e l’imparzialità della amministrazione.
Dunque, qualunque funzionario pubblico sa che, se la sentenza del T.A.R. appare corretta e il suo ufficio in torto, egli non deve impugnarla, ma eseguirla immediatamente.
Il C.S.M., invece, questo non lo sa.
E così in tantissime occasioni impugna comunque. Tanto che da un verbale del C.S.M. risulta che un consigliere ha dichiarato che questo costituirebbe una “prassi” intenzionale dell’organo di autogoverno che “difenderebbe” per principio (ma quale principio?!) i propri provvedimenti.
Gli esempi sono tantissimi e alcuni davvero clamorosi.
Fra i tanti, mi limito qui a citarne una paio emblematici: quello di questo Consiglio in carica, relativo alla nomina di un Presidente di Sezione della Corte di Appello di Genova, di cui si dà notizia a questo link e quello di alcuni anni fa nel quale il C.S.M. giunse addirittura a sostenere di non essere soggetto alla giurisdizione esecutiva del giudice amministrativo.
Quest’ultima vicenda può essere ricostruita leggendo la sentenza della Corte Costuzionale n. 419 dell’8 settembre 1995, che dichiarò inammissibile il conflitto di attribuzioni sollevato dal C.S.M. facendo fare a quest’ultimo una figura veramente orribile.
La nota pittoresca è che il C.S.M., per promuovere quell’inammissibile ricorso, non è stato assistito dall’Avvocatura dello Stato, che ha preferito difendere il T.A.R., ma da un avvocato del libero foro. In sostanza, pur di sostenere l’insostenibile, il C.S.M. ha assunto un avvocato libero professionista!
Ed è ovvio che non mi riferisco qui all’impugnazione delle sentenze adottate dal T.A.R. con motivazioni che fanno riferimento all’esercizio illegittimo di poteri discrezionali, con riferimento alle quali potrebbe essere meno facile, a volte, decidere dei torti e delle ragioni, ma a quelle nelle quali viene stigmatizzata puramente e semplicemente la violazione di legge, molto agevole da riconoscere da persone molto esperte di legge come i membri del C.S.M..
E non è finita per Clementina anche per un’altra ragione: tentata la via del primo processo disciplinare e fallita come si è detto, praticata quella illegittima del trasferimento ex art. 2 e fallita pure quella, chi vuole Clementina “punita” a tutti i costi non si arrenderà di certo.
Dunque, c’è da aspettarsi che sperimentino qualcos’altro: un parcheggio in divieto di sosta, qualche sentenza depositata in ritardo, … Qualcosa, insomma, che faccia accadere a lei quello che un ex alto magistrato ora passato ad altro importante incarico pronosticò per Luigi De Magistris: farle passare il resto della vita a difendersi. Così impara. Lei e tutti quelli come lei. A dare fastidio alle persone potenti, che hanno amici potenti.
Ma bisogna chiedersi anche: poiché è di tutta evidenza che violazioni di legge tanto gravi e reiterate da parte del C.S.M. e condotte complessive come quelle più volte stigmatizzate dai giudici amministrativi distruggono irrimediabilmente ogni possibile credibilità di quell’organo che dovrebbe assicurare un autogoverno indipendente della magistratura, cosa induce i suoi consiglieri a perseverare nelle loro condotte ad onta di sentenze del T.A.R. sempre più umilianti?
L’unica risposta logicamente possibile è che la credibilità del C.S.M. non è il valore principale e di riferimento dei suoi componenti.
Accade a loro qualcosa si simile a ciò che accade al potere politico.
Abbiamo assistito molte volte negli ultimi anni ad atti del potere politico palesemente viziati di illegittimità, posti in essere nella piena consapevolezza di ciò, in considerazione del fatto che per sancire quella illegittimità ci vuole un certo tempo e quando essa viene dichiarata il vantaggio politico che si aveva di mira è stato comunque conseguito.
Con riferimento a vicende come quella di Clementina Forleo ciò che appare è che i motivi per i quali si intende “colpire” il magistrato sgradito prevalgano su tutto e inducano a raggiungere comunque per intanto quel risultato, rinviando a tempi successivi la gestione delle conseguenze della sua illegittimità. Tanto più che accade sempre in questi casi che la notizia della dichiarata illegittimità venga data con molto minore zelo di quella della “cacciata”. E così, infatti, sta accadendo anche per la sentenza del T.A.R. che dà ragione a Clementina, sulla quale vige, nei circuiti di comunicazione interni alla magistratura associata, il più tenace e accanito silenzio.
Il valore assoluto è “colpire” il magistrato sgradito. La legalità o no della cosa e del modo con cui la si fa risulta meno rilevante se non del tutto irrilevante.
In questo – e purtroppo anche in altro – il C.S.M. è assolutamente simile a quel potere politico dal quale sostiene di essere diverso e dal quale per dettato costituzionale dovrebbe essere indipendente.
Il dramma di questo Paese, la crisi profonda della sua democrazia sta nel rapporto malato fra il potere e la legge.
Il potere distrae i cittadini, tenendoli impegnati in una inutile faida fra tifoserie sedicenti di destra e sedicenti di sinistra.
La magistratura associata distrae i cittadini, parlando loro di “politici cattivi” e “magistratura buona”.
Ma il cuore del problema non è nel colore politico di questo o di quello e neppure nell’appartenere questo o quello alla schiera dei politici (che non sono tutti “cattivi”) o dei magistrati (che non sono tutti “buoni”), ma nel rapporto di tutti – finti di destra e finti di sinistra, deputati in Parlamento o consiglieri del C.S.M. – con la legge.
Perché si possa parlare di democrazia, devono essere lo Stato e il potere al servizio della legge.
In Italia oggi il potere non si ritiene al servizio della legge, ma ritiene la legge al suo servizio.
E’ un ritorno a un’idea della legge prerivoluzionaria.
Non più la legge come valore da difendere, non più la legge come imperativo al quale anche il potere (C.S.M. compreso) è soggetto, come tutti i cittadini, ma la legge come strumento di potere e del potere, da usare e spesso anche abusare.
Che questo accada in una U.S.L. è grave. Che una amministrazione periferica sforni delibere illegittime dà la misura di quanto grave è la crisi del nostro Paese. Ma che questo avvenga al C.S.M. è davvero esiziale.
E riconoscerlo è insieme doveroso e indispensabile.
Alcuni miei colleghi deprecano che io esponga considerazioni critiche nei confronti del C.S.M. e sostengono che questo “farebbe il gioco” di chi vuole modificato l’assetto dell’autogoverno.
Ma io credo, invece, che sia assolutamente doveroso e indispensabile dire la verità sull’autogoverno della magistratura.
Perché:
1. ciò che serve alla magistratura e al Paese è un autogoverno conforme alla Costituzione e non un autogoverno che agisce illegalmente;
2. la difesa corporativa è un paravento che serve da alibi all’esercizio di un potere “interno” che non giova all’indipendenza dei giudici, ma vi attenta;
3. c’è una soglia di illegalità sopra la quale chi tace è solo complice e non c’è nessun opportunistico calcolo corporativo che possa rendere legittima ed eticamente accettabile quella complicità.
Io credo che sia doveroso dire la verità sul nostro autogoverno, perché credo che prima o poi in questo Paese si debba prendere atto che la frontiera della battaglia per la democrazia non è più (ove lo fosse mai stata) quella del colore politico di appartenenza né quella della difesa corporativa di questo o quello solo perché “è dei nostri” e si debba riconoscere che, perché qualcosa incominci a cambiare e ci possa essere anche solo una fioca speranza della democrazia che non abbiamo, non è importante che uno sia seduto in Parlamento o al C.S.M., che sia magistrato o falegname, che sia capogruppo di un partito o vicepresidente di una commissione del C.S.M. o capo di una corrente dell’A.N.M., ma che rispetti la legge e che renda conto se non lo fa.
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(1) La storia della riunione alla quale si fa riferimento nell’articolo di Carlo Vulpio è ricostruita testualmente come segue da Ferdinando Imposimato, nel corso di una deposizione riportata a pag. 302 del bellissimo e documentatissimo libro di Antonio Massari “Clementina Forleo un giudice contro”, Aliberti Editore 2008: «IMPOSIMATO: Ribadisco di aver parlato alla Forleo delle pressioni esercitate dai politici coinvolti nelle intercettazioni (...). Il realtà mi riferivo a fatti accaduti fin dal 6 giugno 2007, di cui non avevo parlato con la Forleo, quando ci fu una riunione nella stanza del capogruppo Anna Finocchiaro dell'Unione, nel corso della quale era sopraggiunto anche il ministro Mastella, sollecitato dagli altri convenuti (Calvi, Latorre e altri) a un’ispezione ministeriale presso il Tribunale di Milano. Il ministro, inizialmente, aveva rifiutato di disporre l’ispezione, perché pensava di dover attendere le determinazioni dei presidenti delle Camere. Successivamente ci furono reiterate accuse, prima di illegittimità, poi di abnormità, soprattutto da parte dei legali degli esponenti dei Ds (...)».
I consiglieri del C.S.M. iscritti alla corrente Movimento per la Giustizia hanno emesso un comunicato a commento della sentenza del T.A.R.. In relazione a quanto sostenuto in quel comunicato, ho scritto un seguito a questo articolo, dal titolo “Il Movimento per la Giustizia, il potere e la legge”, che può essere letto cliccando sul titolo.
30 commenti:
Caro Felice, che ti devo dire, post bellissimo ed emozionante.
un saluto Vanni
grazie per questa informazione libera e preziosa
Grazie infinite per questo post, carissimo e insostituibile Felice Lima.
Sono temi che in un Paese normale -non eccezionalmente virtuoso ed eroico, semplicemente normale- dovrebbero campeggiare in testa ad ogni giornale e ad ogni seria trasmissione radio-televisiva, almeno per sommi capi, e nelle sostanziali conclusioni che personalmente ravviso nei passi:
"L’unica risposta logicamente possibile è che la credibilità del C.S.M. non è il valore principale e di riferimento dei suoi componenti.
Accade a loro qualcosa si simile a ciò che accade al potere politico.
Abbiamo assistito molte volte negli ultimi anni ad atti del potere politico palesemente viziati di illegittimità, posti in essere nella piena consapevolezza di ciò, in considerazione del fatto che per sancire quella illegittimità ci vuole un certo tempo e quando essa viene dichiarata il vantaggio politico che si aveva di mira è stato comunque conseguito.
Il valore assoluto è “colpire” il magistrato sgradito. La legalità o no della cosa e del modo con cui la si fa risulta meno rilevante se non del tutto irrilevante.
Il dramma di questo Paese, la crisi profonda della sua democrazia sta nel rapporto malato fra il potere e la legge.
Perché si possa parlare di democrazia, devono essere lo Stato e il potere al servizio della legge.
In Italia oggi il potere non si ritiene al servizio della legge, ma ritiene la legge al suo servizio.
E’ un ritorno a un’idea della legge prerivoluzionaria.
Non più la legge come valore da difendere, non più la legge come imperativo al quale anche il potere (C.S.M. compreso) è soggetto, come tutti i cittadini, ma la legge come strumento di potere e del potere, da usare e spesso anche abusare."
Che altro aggiungere... Forse che in un Paese ridotto com'è il nostro, nelle sue istituzioni in primis, un po' di saggezza la si trova forse con maggiore probabilità in una canzonetta, e allora con Renato Zero voglio continuare a credere che "nessuna notte è infinita...".
Non c'è comunque alternativa al "resistere" di sempre.
E resistere, tener duro, non mollare è possibile, e sembra un po' meno astruso, anche e soprattutto grazie a questo blog, e a tutti quelli che v'intervengono e che non mi stancherò mai di ringraziare.
"...A questo punto devo obbligatoriamente chiudere con benevolenza verso tutti, sento di essere stato eccessivamente cattivo... La veste di giudice è quella che mi calza di meno, ognuno in quel che fa ha le proprie motivazioni, giuste o sbagliate che siano, è già una punizione dover vivere una vita che ci riempie di regole, traguardi, obiettivi, ambizioni, orgogli, carriere, convinzioni di essere nel giusto, doveri: verso i figli, verso i genitori, verso la società, verso le istituzioni e si può continuare all'infinito!!! Molti puniscono volentieri ed anche questo fa parte dell'essere umano, eppure la punizione non può essere umana: umano è indicare la retta via a chi da essa è smarrito e poi l'amore, l'amore per i più deboli quelli che sono soli e anche da se stessi si fanno del male. Se si riesce ad amare loro si può amare chiunque. Ed è per questo che il grazie più sentito è rivolto a loro, i nostri Ospiti!!!"
CAMBIO IDEA, VORREI ESSERE UN MAGISTRATO! MA NON PERCHE' AFFETTO DALLA "SINDROME DI STOCCOLMA" SEMPLICEMETE PERCHE' HO SCOPERTO CHE IN MAGISTRATURA NON ESISTONO SOLO CARNEFICI!!!
Grazie e spero che la maggior parte dei Tuoi colleghi capisca che non si può più nascondere ciò che il Tar scrive in motivazione: sviamento della funzione (uso del potere funzionalizzato ad uno scopo per uno - scopo - diverso da quello prefigurato dalla legge che assegna quel potere.
Verrebbe da dire tutto bene quel che finisce bene. Ma qui deve cominciare, o ricominciare tutto. In pochi anni la magistratura si è autodistrutta. Bisogna ripartire da zero, magari da un Tar, hai visto mai... Auguri a Clementina Forleo, che non conosco, che non giudico, ma che era stata punita solo per aver osato.
No. Io non la ringrazio!
Lei ci ci fa capire in che merdaio viviamo.
Ma che non possiamo cambiare perchè, come si dice dalle mie parti (Sava-TA) "chi c'ha gli averi fa i poteri". E noi, non avendo i primi, non possiamo accedre ai secondi.
A che serve una corretta diagnosi di cancro quando ad esso non vi è cura? Meglio la (in)dotta ignoranza.
Quando si vive in un porcile, meglio vive il cieco e l'anosmatico (cioè l'incapce di percepire gli odori) che il sano di mente e di corpo (come lo è Lei).
Osservazioni/analisi/considerazioni ineccepibili: confutazioni di atti in malafede e denuncia di veri e propri illeciti talmente palesi da procurarsi una massa di inimicizie, il tutto in nome e per conto della VERITA' (tautologica) e con onestà intellettuale.
L'Onestà, che mai come oggi non paga: non dico di essere premiata, ma che venga osteggiata e diventi oggetto addirittura di persecuzione e di emaginazione è inaccettabile.
Fermo restando che la peranza (nel Cambiamento...) è dura a morire, ma bisogna prendere atto che è storia vecchia e la società si "evolve" in controtendenza.
E il rinfacciarti - come fosse una colpa - di troppa onestà non è affatto rincuorante. Infatti il bravo Pino Caruso disse che era meglio non farlo sapere in giro.
Comunque, per Lei, dr.Lima, già l'aver "convertito" l' Anonimo delle 10:37 è un grosso risultato, gratificante e di stimolo a "dover" continuare....
Più la strada è in salita e più si frappongono ostacoli?!
Mettere in piazza le magagne della propria catagoria è di pubblico interesse e anche del futuro della stessa.
Quante vite umane si sarebbero risparmiate se ingegneri, architetti, costruttori e direttori di cantieri l'avessero fatto, almeno per le Opere Pubbliche (le scuole, gli osp.,...) dello Stato! Che dovrebbero essere punto di riferimento dei privati, prese a modello e non viste con sospetto.
Grazie, per l'impegno profuso.
Salve a tutti,
ho appena letto questa notizia sul corriere online e sono rimasto scioccato..
http://roma.corriere.it/roma/notizie
/cronaca/09_maggio_5/tribunale_biro-1501323763754.shtml
"Tribunale , via i computer torna la biro
verbali di 700 udienze compilati a mano
Il caso denunciato dall'associazione magistrati:
si è lasciato scadere l'appalto per la fonoregistrazione
Né il computer e nemmeno la macchina da scrivere, ma solo la cara vecchia penna. Al tribunale di Roma, il più grande d’Europa, da ieri i verbali si trascrivono a mano. Il ministero della Giustizia ha lasciato scadere l’appalto per la fonoregistrazione senza completare l’iter del successivo. Testimonianze, requisitorie, arringhe: sono circa 700 le udienze che ogni giorno si tengono nella capitale e per ognuna occorre la biro.
E' un ritorno al passato. Si va a passo di lumaca, una lentezza che certo non aiuta una giustizia già ingolfata. E scrivendo con la penna i cancellieri sono costretti a riassumere, che non è la stessa cosa rispetto alla fonoregistrazione. Quest’ultima, spiega il presidente dell’Anm di Roma, Paolo Auriemma, «è prevista dal codice del 1989», secondo il quale «la verbalizazione a mano è un’eccezione». Eppure chissà per quanto tempo si andrà avanti così. Tra la rabbia dei giudici, degli avvocati, dei cancellieri, che non hanno nemmeno gli straordinari, e soprattutto delle cooperative di trascrittori, che intanto hanno perso il lavoro. "
Vorrei sapere se qualcuno della redazione sa niente di questa faccenda.
Inoltre, perchè (se legalmente è possibile) non organizzare una raccolta online (magari con un gruppo in facebook) di vecchi PC da regalare al tribunale per continuare a lavorare?
Tanto anche PC vecchi credo vadano bene e come sistema operativo basta mettere linux così il costo è nullo..
"Abbiamo assistito molte volte negli ultimi anni ad atti del potere politico palesemente viziati di illegittimità posti in essere nella piena consapevolezza di ciò, in considerazione del fatto che per sancire quelle illegittimità ci vuole un certo tempo e quando essa viene dichiarata il vantaggio politico che si aveva di mira è stato comunque conseguito."
Di casi, purtroppo, ve ne sono molti.
Voglio solo riprendere i fatti della cosiddetta "vicenda Englaro".
Anche nella conduzione di quel caso il potere politico adottò dei provvedimenti palesemente illegittimi.
Si pensi solo al disegno di legge governativo n. 1369 del 06/02/09 il quale prevedeva che "l'alimentazione e l'idratazione... non possono in alcun caso essere sospese da chi assista soggetti non in grado di provvedere a se stessi."
Ebbene, con quel provvedimento il governo manifestava la propria pretesa di volere applicare quella legge anche alla povera Eluana sapendo benissimo di porre in essere un effetto retroattivo diretto a disconoscere un diritto che aveva avuto il suo riconoscimento in una sentenza passata in giudicato.
Anche in quel caso, ripeto, il potere politico sapeva benissimo - e non poteva certo ignorare - l'orientamento costituzionale conforme nel senso che "lo ius superveniens diretto ad annullare gli effetti del giudicato è incostituzionale perchè altera i rapporti di potere legislativo e giurisdizionale." Corte Cost. 07/11/07 n. 364 e 22/11/00 n. 364.
Anche in quel caso "il vantaggio politico che si aveva di mira è stato comunque conseguito."
Alle spalle della povera Eluana.
Grazie di cuore Felice per come hai esposto in modo semplice e chiaro il succo della vicenda della dott. Forleo... e i clamorosi o/e/rrori del C.S.M. che mostra chiaramente l'entità meschina e oscura che agisce di comun accordo dietro le quinte... entità divenuta nel tempo così grassa e grossa che fa ormai fatica a nascondersi...
come un grassone che ha rubato una bella torta e vuol occultarsi dietro un pilastrino per potersela gustare indisturbato, se nasconde il pancione esce poi fuori il sederone... i più accorti se ne accorgono e gridano "Ho visto un grosso sedere uscire da quel pilastrino" e tutti si voltano a guardare verso il pilastirno, il ciccione se ne accorge e butta dentro il sederone ma così facendo sporge fuori il pancione... e di nuovo tutti a gridare "ecco adesso si vede un grosso pancione"... e tutti si voltano a guardare di nuovo... e i tanti ringraziano chi gli ha mostrato il ciccione ed ha svelato l'enigma della torta scomparsa...
Caro Anonimo delle 15.53,
veramente credi che ci vogliono gli "averi" per fare qualcosa?
Pensa cosa ha combinato Gesù di Nazaret 2009 (5) anni da nullatenente. Anzi, da sotto-tenente!
Meglio tardi che mai per capire e spiegare e cos'è il CSM. Ma c'è chi ce l'ha spiegato qualche decennio fa.
In un lunghissimo e indignato post, mi stupisco che non venga dato spazio a quanto dichiarava ufficialmente Clementina Forleo:
Ci penso io:
"I MIEI GUAI SONO COMINCIATI QUANDO DISSI:GIUSTO SEPARARE LE NOSTRE CARRIERE"
ROMA - «Quando sono iniziati i miei guai? Tutto è cominciato quando sono andata a parlare al convegno delle Camere penali a Milano e ho detto di essere favorevole alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri... Ben venga la separazione delle carriere, dissi e da allora è cominciato tutto». Il gip Clementina Forleo - tailleur verde pistacchio, borsa rossa zeppa di documenti, capelli neri più lunghi del solito - chiude con queste parole la sua lunga giornata romana lasciando intendere che presto si sentirà ancora parlare di lei. Ma prima che la Lancia Thema blindata e la scorta se la portino via, il giudice coglie l' attimo per illustrare una sorta di manifesto politico: «Da quel momento sono iniziate tante cose per me. Ma io non mi pento perché ora più che mai auspico una separazione delle carriere, auspico anche una seria riforma della giustizia. E quel che dico non è di destra né di sinistra, è solo un messaggio perché sarebbe giusto garantire a ogni cittadino un giudice imparziale e indipendente».
Martirano Dino
Pagina 5 (23 luglio 2008) - Corriere della Sera
Difficile aggiungere qualcosa alla perfezione dell'analisi contenuta nel testo di Felice Lima. Vorrei solo fare una breve considerazione sull'affermazione che nella sentenza del CSM contro Forleo (e nell'uso della legge per conseguire vantaggi pratici a uso del potere politico-economico) si verifica un ritorno ad un uso della legge pre rivoluzionario. L'Italia ha conosciuto una sola rivoluzione :quella fascista che si
proclamava tale pur essendo di fatto un'eversione . Sono molte le componenti che muovono l'uso strumentale della legge messa al servizio del fine pratico che il gruppo politico di comando si è di volta in volta prefisso. La novità che alcuni di noi (io di certo)vivono sulla propria pelle è che la regressione pre-illuministica è gestita come un softwere e con una logica da economia di scala . Mentre si verificano abusi e illegalità di ogni genere ,esce un libro "l'immoralità necessaria " di Massimo Nobili, (professore alla facoltà di giurisprudenza a Bologna )che presenta un collage di testi letterari e citazioni legati dal filo dell'imperscrutabiltà della giustizia nella storia(nella letteratura "magistra vitae") ,che tende ad estetizzare la perdita di credibilità della legge e far passare di contrabbando il principio dell'ingiustizia necessaria. Invito a riflettere sul modo per contrastare tali pericolose operazioni. Maria Cristina
Felice, come sempre chiaro completo ed indispensabile!
grazie per il tempo dedicato a questo bellissimo articolo . . .
Stefania Barbagallo
Parole come lame.
CSM? Un moderno insaccato affettato e confezionato sottovuoto dalla Premiata ditta Lima.
Se solo potessimo esportarlo nel paese dei Quaquaraqua potremmo fare affari d'oro.
Ma già, dimenticavo che quel paese siamo noi e di questo affettato tossico ne mangiamo, volenti o nolenti, tutti i giorni.
A nulla vale essere vegetariani...
ho gli occhi umidi e non per commozione ma per disperazione!
Che dolore stare a guardare, il senso d'impotenza raggiunge oramai livelli così alti da essere insopportabile.
L'istinto di sopravvivenza diventa nemico quando, per difendersi ad ogni costo dallo scempio, va cercando scampo come una falena impazzita, accecato non di luce ma di rabbia.
S' i' fosse foco, arderei 'l mondo;
s' i' fosse vento, lo tempesterei;
s' i' fosse acqua, i' l'annegherei...
Bentornato Dott. Lima!
Leggere i suoi posts e` sempre piacevolissimo per la chiarezza e lucidita` dell'esposizione, ma terribilmente angosciante per il contenuto!
Proviamo a ricapitolare solo alcune notizie di questi ultimi giorni :
-Il CSM fa "provvedimenti palesemente e clamorosamente illegittimi".(F. Lima)
-"Né il computer e nemmeno la macchina da scrivere, ma solo la cara vecchia penna. Al tribunale di Roma, il più grande d’Europa, da ieri i verbali si trascrivono a mano."(http://roma.corriere.it/roma/notizie
/cronaca/09_maggio_5/tribunale_biro-1501323763754.shtml)
-" vedere in mondovisione il presidente del Consiglio costretto a discolparsi di non andare con le minorenni? Dice proprio così, "Non è vero che frequento le minorenni". Come sostiene non un passante, un avversario politico senza scrupoli, un giornalaccio scandalistico, un sito di gossip, ma la madre dei suoi figli. Eccolo, il premier più popolare del mondo, secondo i suoi stessi sondaggi amato dal 75 per cento degli italiani, ma compatito, con punte di disgusto, dalla donna che gli sta accanto da trent'anni. Perché, sostiene Veronica, "è una persona che non sta bene". (http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio/specchio-maltese/specchio-maltese.html)
Fino a quando noi Italiani siamo disposti a tollerare queste cose e questa situazione? Facciamo qualcosa!!?
Si accettano suggerimenti!
Grazie
E. Clarke
''L'immoralita' e' insita nel nostro Paese'' - Intervista a Bruno Tinti
http://gioacchinogenchi.blogspot.com/
Ieri sera, nell'altro CSM presieduto da Bruno, erano in quattro, e tutti togati, i membri della disciplinare che hanno esaminato l'imputato B, reo di aver lesa la dignità (a lui sconosciuta) di Veronica! (La legge non ammette ignoranza; B, provvedi!).
b
Caro Felice,
vorrei stigmatizzare in virgolettato un passaggio del tuo eccelso scritto : "Con riferimento a vicende come quella di Clementina Forleo ciò che appare è che i motivi per i quali si intende “colpire” il magistrato sgradito prevalgano su tutto e inducano a raggiungere comunque per intanto quel risultato, rinviando a tempi successivi la gestione delle conseguenze della sua illegittimità. Tanto più che accade sempre in questi casi che la notizia della dichiarata illegittimità venga data con molto minore zelo di quella della “cacciata”. E così, infatti, sta accadendo anche per la sentenza del T.A.R. che dà ragione a Clementina, sulla quale vige, nei circuiti di comunicazione interni alla magistratura associata, il più tenace e accanito silenzio.
Il valore assoluto è “colpire” il magistrato sgradito. La legalità o no della cosa e del modo con cui la si fa risulta meno rilevante se non del tutto irrilevante."
Ebbene tale procedura è frutto, a mio modesto avviso, della metabolizzazione di un metodo caro alla magistratura inquirente ed a parte dei pubblici ministeri che spesso hanno inteso colpire, attraverso l'adozione di misure cautelari improprie, l'indagato nell'incertezza che il quadro indiziario o probatorio potesse condurre ad un giudizio di colpevolezza, e ciò al solo fine di dare "una botta" anche per i riflessi mediatici sul destinatario del provvedimento.
Tali abusi, di cui sono piene le cronache giudiziarie degli scorsi anni, sono stati oggi oggetto di applicazione in un procedimento interno, quello contro la Forleo, ma sono il frutto dell'arroganza culturale di certa magistratura che, consapevole del danno definitivo di un provvedimento che sarà comunque poi giudicato illeggittimo, ha comunque realizzato il proprio fine verso l'immaginario collettivo, così come un qualunque indagato oggetto di custodia cautelare e poi assolto con formula piena subisce un danno imperituro.
Le riflessioni che tu oggi esponi in relazione al caso Forleo le hanno fatte,prima di te, centinaia di persone già colpite da provvedimenti cautelari abnormi e poi assolte perchè "il fatto non sussiste" o per non averlo commesso.
Condivido che è un metodo che va cambiato . Per tutti.
Gentile Anonimo delle 11.22.
Mi "consenta" di ringraziarLa.
Scusi, ma perché non si è firmato?... (Lo chiedo solo perché è ora che le indegnità commesse in Calabria, da decenni, è giusto che vengano fuori)
Ha scritto delle cose sacrosante!
bartolo iamonte
ps
Immagini cosa combinano quei pm antimafia incensati dal popolino proporzionalmente con l'aumentare del numero degli inquisiti, specialmente se pescati tra la plebe.
“Alcuni miei colleghi deprecano che io esponga considerazioni critiche nei confronti del C.S.M. e sostengono che questo “farebbe il gioco” di chi vuole modificato l’assetto dell’autogoverno.”
L’argomento per cui chi critica il CSM farebbe il gioco di chi vuole modificare l’assetto dell’autogoverno, è falso e pretestuoso.
E’ evidente che chi vuole modificare l’assetto dell’autogoverno lo farà comunque, non sono certo le critiche legittime e doverose di alcuni o di tanti ad ispirare riforme che sono nelle intenzioni dei politici da anni.
L’appiglio vero per fare una riforma che attenta all’autogoverno è dato invece da chi adotta o permette che siano adottati provvedimenti illegittimi per fare favori ai politici, snaturando con ciò e negando di fatto l’autonomia della magistratura.
A parte il fatto che con questo stato di cose non ci sarebbe neanche bisogno di una riforma… ci sono già gli “anticorpi”.
Piuttosto, se l’inamovibilità e quindi l’indipendenza del magistrato non è tutelata dall’organo che a ciò sarebbe deputato, non si capisce perché ci si dovrebbe aspettare che sia la politica a tutelarla.
Penso che criticare, oggi, il CSM non significhi criticare il CSM in quanto organo costituzionale, bensì criticarlo in merito alle decisioni (nonché ai comportamenti) che la sua attuale composizione ha adottato, che risultano oramai palesemente illegittimi e scandalosi.
Altrettanto scandalo dovrebbe suscitare presso i magistrati il fatto che gli attuali membri del CSM continuino ad esercitare le proprie funzioni nonostante abbiano dimostrato la loro incapacità di tutelare l'indipendenza dei magistrati, tradendo la funzione di salvaguardia dell'autonomia della magistratura che il CSM, appunto, dovrebbe esercitare per dettato costituzionale.
Se il prezzo da pagare per preservare la propria autonomia è l’autonomia stessa, vuol dire che essa è ormai persa. Non criticare il CSM significherebbe accettare questo stato di cose e difendere esclusivamente posizioni di potere (non certo il principio di indipendenza).
La sentenza del T.A.R. che annulla la delibera del C.M.S. nei confronti del giudice Forleo,va considerato un piccolissimo passo(purtroppo microscopico)nella lunghissima strada da percorrere,per la liberazione di questo Paese dall'INGIUSTIZIA
Francesco Grasso
Come al solito articoli lunghi ed esaurienti. Grazie per le informazioni
IMPORTANTISSIMO:
Genchi: se muoio verranno alla luce grandi segreti. Ho paura ma no a scorta
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/15602/48/
grazie
Io ricordo un incontro pubblico con Felice Lima e Felice Casson, a Pisa, nel 1992, pochi giorni prima dell'assassionio di Giovanni Falcone.
Non ho letto tutto il lungo post però non capisco perchè ad un certo punto si dice "Ormai è uno stereotipo: appena un’indagine “disturba” qualche potente, leggiamo sui giornali che “arrivano gli ispettori”.!
In quell'incontro del 1992 i due magistrati denunciavano esattamente la stessa cosa.
Io sono ovviamante amareggiato dal fatto che siano proprio i magistrati che lavorano ad essere colpiti, ma mi chiedo: il problema è di lunga data o si vuol dire che ora è peggio ancora?
Per "ex studente pisano" (commento delle 12.29).
Caro Lettore,
ricordo bene quell'incontro a Pisa.
Dei carabinieri in borghese fecero una relazione delle cose che avevo detto e la trasmisero al comando della città in cui lavoravo!
E' come dice Lei.
Ciò di cui parliamo è questione antichissima.
Dunque, nulla di nuovo sotto il sole.
Oggi, però, la situazione sembra peggiore del 1992.
A quel tempo, per sbarazzarsi dei magistrati che "non piacevano", bisognava organizzare una strage sull'autostrada. Ora basta un provvedimento senza una vera motivazione del C.S.M. e in quindici giorni la Procura di Salerno cambia volto.
Allora infuriava una battaglia culturale e politica.
Ci si appassionava, da questa e quella parte.
Qualche volta, poi, a quel tempo, la giustizia otteneva qualche risultato: uno fu la cosiddetta "Mani Pulite".
Oggi sembra che il massimo che si può sperare è che non ci chiudano il blog, che Vauro possa disegnare ancora qualche vignetta e che i colleghi che a Bari si sono permessi di svolgere indagini sul ministro Fitto salvino lo stipendio. Direi che il fronte è un po' arretrato.
Di "battaglia politica", di "maggioranza e opposizione" nemmeno a parlarne.
E' tutta maggioranza!
Insomma, alcune cose sono le stesse del 1992. Altre sembrano peggio.
Ma a noi tocca fare sempre le stesse cose di allora: onorare il nostro dovere e la nostra dignità.
Ce la stiamo mettendo tutta.
Un caro saluto.
Felice Lima
AVERE ONORATOIL NOSTRO DOVERE E LA NOSTRA DIGNITA' CI DARA'LA FORZA DI ESSERE "CAPACI"DI CAMBIARE LE COSE.
paolo borsellino
Caro dottore Lima, i Carabinieri: il 22 aprile scorso sono andato in Caserma... ho chiesto al piantone di un responsabile e mi ha ricevuto un graduato- Mi dica... ed io ... dovrò essere arrestato e desidererei evitare che veniste a prendermi a casa, quindi, per cortesia se vi è possibile appena riceverete l'ordine, vi lascio il mio n di tel e immediatamente giungerò in caserma.... Va bene ha risposto! Appena andato via mi squilla il telefono...sono il maresciallo...porca miseria ho pensato...già arrivato! Mi invitava a ritornare in Caserma. Giunto lì, un nuovo graduato, mi ha chiesto lumi...dopo le risposte, con sorpresa mi scrutava senza parlare. Infatti, con centinaia di pendagli da forca in libertà che tengono d'occhio e che gli riesce difficile indagare, si sarà chiesto. ma questo chi c***o è! Comunque è finita così, mi ha detto.... deve dire al suo avvocato di andare in Procura e invitare quest'ultima a voler richiedere alla nostra caserma l'esecuzione dell'ordine di custodia cautelare!
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