martedì 6 aprile 2021

Chi l'ha visto ? Mistero al Csm



Secondo la versione giornalistica, diffusa fino a domenica, la "talpa" che avrebbe scoperto il "disdicevole" incontro tra il consigliere laico del Csm, l'avv. Alessio Lanzi, e il collega ed amico di questi, nonché difensore di Palamara, l'avv. Rampioni, era la moglie del procuratore generale Giovanni Salvi, che abita nello stesso edificio dove ha studio l'avv. Rampioni.

In un redazionale di pochi giorni fa, avevamo evidenziato come alcuni particolari di questa storia non tornassero.

In particolare, scrivevamo come non fosse chiara l’identità del soggetto che aveva visto l’avv. Lanzi accedere allo studio del collega né come questa persona avesse potuto riconoscerlo e nemmeno la ragione per cui avesse pensato di avvertire qualche consigliere del Csm e per di più in via di urgenza.

Domenica si è appreso, secondo quanto riportato dal quotidiano la Stampa, che, in realtà, la fonte del C.S.M., non sarebbe stata la consorte del Procuratore Generale ma un suo nipote, l'avv. Francesco Centonze. 


Quest'ultimo, proprio il giorno dell'incontro tra Lanzi e Rampioni (mercoledì 24 marzo), all'ora di pranzo, sarebbe andato a trovare lo zio, a casa di quest'ultimo e, avendo notato il consigliere laico, che ben conosce, allontanarsi con l'auto di servizio dall'edificio lo avrebbe riferito al dott. Salvi.

Questi, appresa la notizia, avrebbe intuito, con una perspicacia degna di un Hercule Poirot o di un ispettore Colombo, non solo che l'avv. Lanzi dovesse essere stato là per incontrare l'avv. Rampioni ma anche che avesse parlato con lui dell'imminente audizione di Luca Palamara da parte della prima commissione. Pertanto, secondo quanto riferisce sempre il quotidiano torinese, alle ore 16 di quello stesso giorno avrebbe avvertito con una telefonata i componenti della prima commissione di quella circostanza.

E la convinzione del dott. Salvi sarebbe stata così convincente che l'avv. Lanzi ha poi ammesso di aver incontrato il collega Rampioni.  

Ora, questa versione, così dettagliata finanche negli orari, parrebbe chiarire alcuni dei punti oscuri della vicenda.

Spiegherebbe infatti come sia stato possibile che la fonte informativa avesse riconosciuto l'avv. Lanzi  (l'avv. Centonze lo conosceva da prima) e anche come sia stato possibile che il Csm fosse stato avvertito in tempo quasi reale (sarebbe stato lo stesso procuratore generale a farlo).

Dobbiamo però al contempo notare che questa versione dei fatti mette in evidenza un ruolo primario del dott. Salvi anche nella fase iniziale, quella che potremmo definire di indagine sul conto dell'avv. Lanzi.

Egli infatti non solo si sarebbe trovato al posto giusto al momento giusto così da poter acquisire, per una fortuita coincidenza, la notizia della presenza del consigliere laico nei pressi della propria abitazione ma ne avrebbe desunto elementi a suo carico e, per tale motivo, avrebbe avvertito l'esigenza di comunicare l'esito di tale sua valutazione al Csm.  

La cosa non sarebbe di per sé anomala se il dott. Salvi allo stesso tempo non facesse anche parte del comitato di presidenza del Csm, organo che nei giorni scorsi ha tenuto a far sapere, con un comunicato ufficiale, di ritenere inopportuna la permanenza di Alessio Lanzi in Prima Commissione, sebbene questi avesse già reso noto agli organi di stampa di aver chiesto di essere trasferito ad altra commissione.

Il dott. Salvi si sarebbe quindi trovato nel duplice ruolo di privato informato dei fatti e di decisore,  sebbene si tratti di ruoli, con tutta evidenza, tra loro del tutto incompatibili.

Viene allora da chiedersi quale sia stata la ragione di questo particolare impegno del dott. Salvi in questa vicenda.  

Chissà però che i prossimi giorni non ci riservino altre puntate del giallo?   


2 commenti:

bartolo ha detto...

Sono rimasto molto colpito dal racconto di un ferroviere:
"spesse volte al rientro dal servizio incontrava per le scale del condominio un suo amico in deambulazione contraria, un giorno rientrato prima senza avvisare la moglie, ha scoperto che lo stesso ne era l'amante". Poi, qui, nella città dei fantasmi (RC), è di questi giorni la notizia che ben tre parlamentari di lungo corso hanno favorito negli anni settanta la latitanza (poi assolto) di un personaggio dell'eversione di dx. Sul quale, però, per 50 anni si sono fatte ipotesi sfociate in corpose inchieste orchestrate dai "servizi" e dalla ndrangheta che avrebbero inficiato il corretto incidere dello Stato democratico a tutto vantaggio della criminalità mafiosa.
Magari, il Procuratore (e anche gli avvocati), prima di preoccuparsi di una magistratura totalmente incapace di erogare giustizia, come Cesare con la moglie, avrà voluto sgomberare il campo da qualsiasi personale insinuazione malefica.

francesco Grasso ha detto...

Un piccolo grande sentiero si è aperto. La strada per la “Terra Promessa” la liberazione della schiavitù, dalla terrificante tirannide è lunga e difficile. Bisogna percorrerla con saggezza, lungimiranza e coraggio. Soprattutto compattezza. In ordine alla tirannide, Palamara sembra aver imparato la lezione. Conclude il suo libro citando unno degli insegnamenti più rilevanti del Montesquieu.
Dice: “Lasciamo che la cronaca faccia il suo corso: chissà quali altre sorprese riserverà. Quella che abbiamo raccontato è una prima storia, non definitiva né completa ma di certo inedita, di quanto è successo nella magistratura italiana negli ultimi vent’anni. Una storia scomoda che non può essere archiviata, dati i riflessi che ha avuto sulla vita politica e democratica del Paese, come una questione di quattro viaggi sospetti di Luca Palamara e di interni alla magistratura. < Non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e con i colori della giustizia>, scriveva Montesquieu, filosofo della politica del diritto, già trecento anni fa.