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di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
Abbiamo appreso ieri che il Ministro Scotti ha impugnato la sentenza del C.S.M. nei confronti di Luigi De Magistris, per la parte in cui lo ha assolto da alcune delle incolpazioni mossegli.
Ho scritto in un lungo articolo pubblicato in questi giorni su Micromega le ragioni per le quali la parte di quella sentenza che mi appare da riformare sia quella della condanna e non certo quella dell’assoluzione.
In attesa di riportare qui tutto quell’articolo, rinvio, per alcune critiche tecniche alla sentenza, agli articoli che possono leggersi in questo blog cliccando su questo link, oppure sulla voce “De Magistris: la sentenza disciplinare e i commenti tecnici” nell’indice per temi che c’è a metà della sidebar di destra della homepage.
Quello che mi preme dire adesso è che in questi giorni, nell’imminenza delle elezioni dei Consigli Giudiziari che si terranno questo fine settimana, tutte le correnti dell’A.N.M., imitando senza neppure accorgersene, nei modi e nei contenuti, i comportamenti dei partiti politici in campagna elettorale, stanno promettendo meraviglie ai magistrati, sciorinando inutili programmi elettorali pieni di nobili intenzioni e sacri valori da difendere (ma solo nei programmi, perché nella realtà li si violenta ogni giorno di più).
Ma, ugualmente a ciò che accade per la politica nazionale, ci sono i fatti, con la loro dolorosa “violenza” a sbugiardare promesse e proclami.
E uno di questi “fatti”, irriducibile come tutti i “fatti”, è il silenzio ostinato di tutti i “magistrati associati” sul merito della sentenza pronunciata dal C.S.M. lo scorso 18 gennaio nei confronti di Luigi De Magistris.
Quella sentenza è un ineludibile punto di discrimine.
Il cosiddetto «caso De Magistris», tradendo le aspettative di chi pensava che, come accaduto altre volte, si sarebbe potuta “liquidare la pratica” nella disattenzione generale, con un ingiusto marchio di infamia sul collega, è destinato a “lasciare il segno” dentro la magistratura e fuori, perché ha fatto emergere in maniera clamorosa alcune inaccettabili contraddizioni che minano, ormai sembra irreversibilmente, la credibilità dell’autogoverno della magistratura, sia sotto il profilo istituzionale (Consiglio Superiore della Magistratura) che sotto quello associativo (Associazione Nazionale Magistrati).
Per comprendere cosa è accaduto, occorre partire dalla situazione della Calabria, meravigliosa regione del Meridione afflitta da un grave ritardo di sviluppo, da una gravissima crisi di legalità e (in rapporto di effetto e causa) da una giustizia decisamente – e purtroppo, forse, volutamente – inefficiente, nonostante l’impegno di tanti magistrati che si spendono con coraggio e senza risparmio.
La misura del problema è data dal dato statistico che emerge dall’ultimo libro di Piercamillo Davigo (“La corruzione in Italia, percezione sociale e controllo penale”), secondo il quale le condanne definitive per concussione intervenute nel distretto della Corte di Appello di Reggio Calabria tra il 1983 e il 2002 (ben 19 anni!!) sono una e quelle per corruzione sono due!
In pratica, o a Reggio Calabria non c’è la corruzione (!?) o la magistratura non la vede.
In questo contesto è arrivato un onesto magistrato napoletano (Luigi De Magistris, appunto), che si è messo a lavorare e ha avviato diverse inchieste per fatti molto gravi che coinvolgono magistrati, politici e imprenditori.
Come ho già detto, questo magistrato non è certamente l’unico che si è impegnato con coraggio e generosità in Calabria, sicché la sua storia non deve essere utilizzata per delegittimare indiscriminatamente tutti i magistrati calabresi.
Ma resta una storia emblematica, sicché neppure i magistrati calabresi per bene devono negare (come alcuni hanno fatto) l’evidenza dei fatti che da essa emergono.
All’avvio delle indagini di De Magistris, immediatamente un gruppo eterogeneo ma molto coeso di persone “controinteressate” alle stesse (magistrati, politici, imprenditori) si è adoperato in ogni modo per fermare il nostro collega e alcuni hanno chiesto a gran voce pubblicamente alla procura generale della Cassazione e al C.S.M. di fermare quel magistrato, punirlo e cacciarlo.
E la cosa è già in sé molto preoccupante, perché sviluppa ulteriormente la prassi eversiva dell’ordine democratico per la quale nel nostro Paese le persone a vario titolo “potenti” non si difendono «nel» processo, ma «dal» processo.
Ordinariamente, le inchieste finiscono o con una archiviazione o con un rinvio a giudizio (e in questo secondo caso i rinviati a giudizio hanno modo di difendersi nel processo).
Alcune delle inchieste di De Magistris hanno avuto un terzo tipo di esito: sono state fermate o “dirottate”.
E in questo senso è andata – nei fatti e indipendentemente dalle intenzioni che li muovevano – l’attività di tanti, che, ciascuno per quanto di competenza, hanno concretamente ostacolato le indagini.
E, altra cosa di notevole rilievo, molti di costoro sono magistrati!
Ci sono state così (fra l’altro e non solo):
1) fughe di notizie;
2) campagne di stampa denigratorie e diffamatorie contro il magistrato inquirente;
3) interpellanze parlamentari a decine;
4) ispezioni ministeriali numerose e pluriennali;
5) una revoca di assegnazione da parte del procuratore capo;
6) una avocazione definita pubblicamente dall’autorevole collega Antonio Ingroia “impensabile”, priva di fondamento giuridico e attuata con modalità che preoccupano non poco.
Alla fine di tutto questo, la Procura Generale della Cassazione e il Consiglio Superiore della Magistratura hanno fatto, nella sostanza, ciò che veniva loro chiesto dai “controinteressati alle indagini”.
La Procura Generale ha formulato contro Luigi De Magistris moltissime incolpazioni disciplinari e il C.S.M. lo ha condannato e trasferito all’esito di un processo lampo durato un mese (iniziato con la notifica dell’incolpazione a metà dicembre del 2007 e finito con la pronuncia della sentenza il 18 gennaio 2008).
Va aggiunto anche che la procura generale ha formulato a carico di Luigi De Magistris molte incolpazioni dichiarate infondate dallo stesso C.S.M. e qualcuna addirittura nulla, per la palese indeterminatezza degli addebiti (penso a quelle contraddistinte nella sentenza con le lettere «I» ed «M»), con un accanimento che sarebbe stato giudicato certamente in maniera molto negativa se posto in essere da un altro pubblico ministero nei confronti di un qualunque indagato.
Così stando le cose, la sentenza della sezione disciplinare è, come ho detto, l’elemento di discrimine di tutta la storia.
Perché se quella sentenza fosse, non dico condivisibile, ma almeno difendibile, allora si potrebbe ipotizzare che la coincidenza fra desideri dei “controinteressati alle indagini” e azione della Procura Generale e del C.S.M. sia stata puramente casuale.
Ma se la sentenza fosse tecnicamente non difendibile, allora le conclusioni da trarre sarebbero altre e molto gravi.
Perché bisognerebbe prendere atto che la Procura Generale e il C.S.M., anziché difendere l’indipendenza dei magistrati e l’imparzialità della giurisdizione, avrebbero finito nei fatti per danneggiarle gravemente.
L’analisi tecnica della sentenza che abbiamo proposto negli scritti del blog che ho citato sopra e nell’articolo di Micromega, al quale rinvio, inducono a ritenere non solo che la sentenza è tecnicamente ben poco convincente, ma che molti passaggi della motivazione (penso, fra gli altri, a quelli relativi al capo «E» di incolpazione) appaiono tali da provocare la sensazione che il giudice, più che chiedersi “se” condannare o no De Magistris, possa essersi impegnato a cercare solo “come” condannarlo.
Ciò che mi preme sottolineare ora qui è che, a fronte di tutto questo, la linea di condotta dell’A.N.M. e di tutte le sue correnti (perché, in verità, l’A.N.M. non esiste, essendo solo un “contenitore” delle correnti) è consistita nel:
1) rifiutarsi ostinatamente, a livello centrale, di prendere una qualunque posizione sulla vicenda;
2) emettere, a livello locale, un paio di comunicati palesemente ostili a Luigi De Magistris, isolandolo pubblicamente;
3) quando la Procura Generale e il C.S.M. hanno avviato le loro pratiche, dire che bisognava tacere e attendere la sentenza;
4) quando è stata pronunciata la sentenza, dire che bisognava tacere e attendere la motivazione;
5) quando è arrivata la motivazione, tacere e basta, imboscandosi in un silenzio irreale.
Sono iscritto a tutte le mailing list di tutte le correnti dell’A.N.M. e ho scritto a tutte diverse volte, pregando tutti i colleghi di avere il coraggio e la dignità di prendere una qualsiasi posizione di merito sulla vicenda e sulla sentenza e, per quanto possa sembrare assurdo, NESSUNO mi ha risposto né ha speso alcuna parola sul “caso De Magistris”, che, nella magistratura associata, è diventato, dunque, un assurdo tabù.
Trovo del tutto assurdo che NESSUNO trovi quel coraggio e quella dignità e che tutti coloro che, nelle correnti che si ritengono e dicono di essere “progressiste”, invitavano ieri ad attendere il deposito della motivazione della sentenza del C.S.M. promettendo che, POI, ne avrebbero parlato “causa cognita”, sembrano oggi, invece, fuggiti a nascondersi e comunque si sottraggono con ostinazione a qualsiasi richiesta di opinione e giudizio sull’accaduto.
La posizione di tutti e ciascuno dei “magistrati associati” è, nei fatti, che del “caso De Magistris” non si deve parlare assolutamente.
E questo mentre, peraltro, i componenti del C.S.M. hanno posto in essere sul punto condotte davvero gravi e sorprendenti.
In particolare, Letizia Vacca, componente cosiddetto laico del C.S.M., indicata dal Partito dei comunisti italiani (quando si dice la pretesa “diversità” della sinistra!), vicepresidente della Prima Commissione, ha ritenuto di dichiarare pubblicamente, in presenza di numerosi giornalisti che vi hanno dato ampio risalto, parlando al plurale, a nome di tutta la commissione, che Luigi De Magistris è «un cattivo magistrato» e che «deve essere colpito» perché ciò resti chiaro.
E appare di tutta evidenza quale grave violazione dei suoi doveri e quale irreparabile vulnus alla credibilità dell’istituzione che rappresenta sia venuto da queste dichiarazioni della professoressa Vacca, che denunciano una palese e dichiarata prevenzione di giudizio dell’istituzione che dovrebbe mantenere serenità, riserbo e, soprattutto, imparzialità nel giudicare i magistrati, la cui indipendenza è affidata alla sua tutela.
E altrettanto evidente è quanto sia grave che la professoressa Vacca, non solo abbia formulato quegli inaccettabili giudizi, ma ci abbia tenuto a renderli pubblici con il massimo clamore e a nome dei suoi colleghi.
Come a voler “mandare un messaggio” a non si sa chi sul contenuto e la fermezza delle intenzioni del C.S.M..
In queste condizioni, la sentenza nei confronti di Luigi De Magistris, oltre a destare le perplessità tecniche alle quali ho fatto riferimento, è giunta come una condanna ampiamente annunciata e indebitamente anticipata.
Altra sorprendente condotta ha posto in essere il vicepresidente del C.S.M. Nicola Mancino, che presiedeva il collegio giudicante che ha emesso la sentenza De Magistris.
Egli, violando suoi specifici doveri di riserbo (forse “difesi” anche dai precetti di cui all’art. 326 del codice penale, a seconda che si ritenga o no coperta da dovere di segreto d’ufficio la camera di consiglio della Sezione Disciplinare del C.S.M.), non appena pronunciata da lui stesso la sentenza in questione, ci ha tenuto a dire ai giornalisti che essa è stata adottata all’unanimità.
Nessuna di queste condotte è stata oggetto di biasimo specifico (almeno noto all’esterno) da parte di tutti gli altri componenti del C.S.M., né alcuno dei consiglieri a nome dei quali Vacca e Mancino hanno “esternato” ha ritenuto di smentirli o di esigere da loro chiarimenti e scuse.
Evidente mi appare, nella sua tragicità, il significato della impossibilità dei vertici dell’A.N.M. e di tutte le correnti di prendere una qualunque posizione su una vicenda tanto cruciale così come evidente risulta, conseguentemente, la definitiva perdita di ogni credibilità da parte di chi, rassegnandosi alle ovvie conseguenze “politiche” di questo silenzio, ne confessa implicitamente la natura necessitata.
Quest’ultimo aspetto della vicenda è di particolare rilievo, perché denuncia clamorosamente che la magistratura nel suo insieme ha sacrificato l’indipendenza dei singoli magistrati a logiche politiche molto preoccupanti.
Sul punto, con riferimento ai rapporti fra le correnti dell’A.N.M. e la politica, preoccupa peraltro:
– che il ministro Mastella, l’indomani del suo insediamento, abbia incontrato tutte le correnti e il giorno dopo abbia nominato i vertici di numerosi uffici del suo ministero scegliendo cencellianamente proprio importanti esponenti delle correnti medesime;
– che anche autorevoli colleghi delle correnti un tempo “di opposizione” (per esempio Magistratura Democratica) abbiano accettato quegli incarichi e ancor più che li abbiano mantenuti quando il ministero Mastella andava con evidenza in una direzione che avrebbe dovuto ricevere dai magistrati più critiche che consensi (questa situazione è stata ricostruita sui media come la cosiddetta “pax Mastelliana”, si può immaginare con quale danno per la credibilità della magistratura associata);
– che una delle correnti cosiddette “progressiste” dell’A.N.M. (il Movimento per la giustizia) abbia ritenuto opportuno candidare e fare eleggere al comitato direttivo centrale dell’Associazione un collega che è stato per dieci anni consecutivi (fino al 2005: dunque, in epoca recentissima) presidente di una regione (le Marche);
– che proprio questo stesso collega (Vito D’Ambrosio) sia stato designato (certamente in maniera del tutto legittima: non è questo che è qui in discussione) per sostenere l’accusa nel procedimento disciplinare a carico di De Magistris, chiedendo per lui addirittura una pena superiore a quella pur già gravissima poi inflittagli.
A fronte di tutto questo, personalmente resto stupefatto nel leggere “programmi elettorali” per i Consigli Giudiziari e nel sentire i capicorrente chiamare a raccolta i magistrati per una battaglia per la difesa dell’indipendenza della magistratura da “combattere” nei confronti del governo prossimo venturo.
In questo momento, la “magistratura associata” nel suo insieme mi appare come il più grave nemico dell’indipendenza dei magistrati e dell’efficienza della giustizia.
Come ho già scritto su questo blog, è evidente che ciò che serve al Paese è l’indipendenza «dei magistrati» (di ogni singolo magistrato), che è cosa del tutto diversa dall’indipendenza «della magistratura».
L’indipendenza della magistratura senza l’indipendenza dei magistrati si trasforma, infatti, soltanto in un privilegio corporativo e nello strumento di un potere che non serve il paese – dal quale, infatti, è sempre più lontano e meno apprezzato – ma se stesso.
Come i “capipartito” della politica nazionale sembrano ormai sempre più autoreferenziali e dediti ottusamente solo alla difesa di sé stessi e del proprio potere, nella stessa tragica condizione sembrano intrappolati i “capicorrente” dell’A.N.M..
E’ veramente difficile ascoltare di questi tempi “tribune politiche”, nelle quali coloro che hanno grandissima parte della responsabilità dello stato del Paese promettono sogni dietro i quali nascondono i fatti. Così ugualmente mi addolora davvero profondamente vedere coloro che nella magistratura hanno grandissima parte della responsabilità del suo stato (decisamente non lodevole) nascondersi e nascondere i fatti dietro campagne elettorali per l’ennesima spartizione correntizia dei Consigli Giudiziari (per i quali i magistrati voteranno il 6 e il 7 aprile prossimi).
Come l’unica “novità” che la politica nazionale sa proporre agli elettori è un po’ di rimescolamento degli “apparentamenti”, così, mentre la giustizia naufraga in gran parte anche per responsabilità interne alla magistratura (mi permetto di rinviate qui al mio articolo “Le responsabilità dei magistrati nella crisi della giustizia”), i responsabili dell’associazionismo giudiziario l’unica cosa che sanno “pensare” sono nuovi modi di “presentarsi”.
Prendendo a prestito una famosa battuta di Nanni Moretti, aspetto con ostinazione che qualunque magistrato dica qualcosa sul merito della sentenza De Magistris. Non necessariamente “qualcosa di sinistra” (come chiedeva Moretti). Mi basta che dica “qualunque cosa”. Il grado di ostinazione nel silenzio dà la misura di quanto è profonda la notte.
E prendendo a prestito anche altre parole dello stesso Moretti, dico ai miei colleghi che, con questa classe dirigente della magistratura associata, “non vinceremo mai”!
di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
Abbiamo appreso ieri che il Ministro Scotti ha impugnato la sentenza del C.S.M. nei confronti di Luigi De Magistris, per la parte in cui lo ha assolto da alcune delle incolpazioni mossegli.
Ho scritto in un lungo articolo pubblicato in questi giorni su Micromega le ragioni per le quali la parte di quella sentenza che mi appare da riformare sia quella della condanna e non certo quella dell’assoluzione.
In attesa di riportare qui tutto quell’articolo, rinvio, per alcune critiche tecniche alla sentenza, agli articoli che possono leggersi in questo blog cliccando su questo link, oppure sulla voce “De Magistris: la sentenza disciplinare e i commenti tecnici” nell’indice per temi che c’è a metà della sidebar di destra della homepage.
Quello che mi preme dire adesso è che in questi giorni, nell’imminenza delle elezioni dei Consigli Giudiziari che si terranno questo fine settimana, tutte le correnti dell’A.N.M., imitando senza neppure accorgersene, nei modi e nei contenuti, i comportamenti dei partiti politici in campagna elettorale, stanno promettendo meraviglie ai magistrati, sciorinando inutili programmi elettorali pieni di nobili intenzioni e sacri valori da difendere (ma solo nei programmi, perché nella realtà li si violenta ogni giorno di più).
Ma, ugualmente a ciò che accade per la politica nazionale, ci sono i fatti, con la loro dolorosa “violenza” a sbugiardare promesse e proclami.
E uno di questi “fatti”, irriducibile come tutti i “fatti”, è il silenzio ostinato di tutti i “magistrati associati” sul merito della sentenza pronunciata dal C.S.M. lo scorso 18 gennaio nei confronti di Luigi De Magistris.
Quella sentenza è un ineludibile punto di discrimine.
Il cosiddetto «caso De Magistris», tradendo le aspettative di chi pensava che, come accaduto altre volte, si sarebbe potuta “liquidare la pratica” nella disattenzione generale, con un ingiusto marchio di infamia sul collega, è destinato a “lasciare il segno” dentro la magistratura e fuori, perché ha fatto emergere in maniera clamorosa alcune inaccettabili contraddizioni che minano, ormai sembra irreversibilmente, la credibilità dell’autogoverno della magistratura, sia sotto il profilo istituzionale (Consiglio Superiore della Magistratura) che sotto quello associativo (Associazione Nazionale Magistrati).
Per comprendere cosa è accaduto, occorre partire dalla situazione della Calabria, meravigliosa regione del Meridione afflitta da un grave ritardo di sviluppo, da una gravissima crisi di legalità e (in rapporto di effetto e causa) da una giustizia decisamente – e purtroppo, forse, volutamente – inefficiente, nonostante l’impegno di tanti magistrati che si spendono con coraggio e senza risparmio.
La misura del problema è data dal dato statistico che emerge dall’ultimo libro di Piercamillo Davigo (“La corruzione in Italia, percezione sociale e controllo penale”), secondo il quale le condanne definitive per concussione intervenute nel distretto della Corte di Appello di Reggio Calabria tra il 1983 e il 2002 (ben 19 anni!!) sono una e quelle per corruzione sono due!
In pratica, o a Reggio Calabria non c’è la corruzione (!?) o la magistratura non la vede.
In questo contesto è arrivato un onesto magistrato napoletano (Luigi De Magistris, appunto), che si è messo a lavorare e ha avviato diverse inchieste per fatti molto gravi che coinvolgono magistrati, politici e imprenditori.
Come ho già detto, questo magistrato non è certamente l’unico che si è impegnato con coraggio e generosità in Calabria, sicché la sua storia non deve essere utilizzata per delegittimare indiscriminatamente tutti i magistrati calabresi.
Ma resta una storia emblematica, sicché neppure i magistrati calabresi per bene devono negare (come alcuni hanno fatto) l’evidenza dei fatti che da essa emergono.
All’avvio delle indagini di De Magistris, immediatamente un gruppo eterogeneo ma molto coeso di persone “controinteressate” alle stesse (magistrati, politici, imprenditori) si è adoperato in ogni modo per fermare il nostro collega e alcuni hanno chiesto a gran voce pubblicamente alla procura generale della Cassazione e al C.S.M. di fermare quel magistrato, punirlo e cacciarlo.
E la cosa è già in sé molto preoccupante, perché sviluppa ulteriormente la prassi eversiva dell’ordine democratico per la quale nel nostro Paese le persone a vario titolo “potenti” non si difendono «nel» processo, ma «dal» processo.
Ordinariamente, le inchieste finiscono o con una archiviazione o con un rinvio a giudizio (e in questo secondo caso i rinviati a giudizio hanno modo di difendersi nel processo).
Alcune delle inchieste di De Magistris hanno avuto un terzo tipo di esito: sono state fermate o “dirottate”.
E in questo senso è andata – nei fatti e indipendentemente dalle intenzioni che li muovevano – l’attività di tanti, che, ciascuno per quanto di competenza, hanno concretamente ostacolato le indagini.
E, altra cosa di notevole rilievo, molti di costoro sono magistrati!
Ci sono state così (fra l’altro e non solo):
1) fughe di notizie;
2) campagne di stampa denigratorie e diffamatorie contro il magistrato inquirente;
3) interpellanze parlamentari a decine;
4) ispezioni ministeriali numerose e pluriennali;
5) una revoca di assegnazione da parte del procuratore capo;
6) una avocazione definita pubblicamente dall’autorevole collega Antonio Ingroia “impensabile”, priva di fondamento giuridico e attuata con modalità che preoccupano non poco.
Alla fine di tutto questo, la Procura Generale della Cassazione e il Consiglio Superiore della Magistratura hanno fatto, nella sostanza, ciò che veniva loro chiesto dai “controinteressati alle indagini”.
La Procura Generale ha formulato contro Luigi De Magistris moltissime incolpazioni disciplinari e il C.S.M. lo ha condannato e trasferito all’esito di un processo lampo durato un mese (iniziato con la notifica dell’incolpazione a metà dicembre del 2007 e finito con la pronuncia della sentenza il 18 gennaio 2008).
Va aggiunto anche che la procura generale ha formulato a carico di Luigi De Magistris molte incolpazioni dichiarate infondate dallo stesso C.S.M. e qualcuna addirittura nulla, per la palese indeterminatezza degli addebiti (penso a quelle contraddistinte nella sentenza con le lettere «I» ed «M»), con un accanimento che sarebbe stato giudicato certamente in maniera molto negativa se posto in essere da un altro pubblico ministero nei confronti di un qualunque indagato.
Così stando le cose, la sentenza della sezione disciplinare è, come ho detto, l’elemento di discrimine di tutta la storia.
Perché se quella sentenza fosse, non dico condivisibile, ma almeno difendibile, allora si potrebbe ipotizzare che la coincidenza fra desideri dei “controinteressati alle indagini” e azione della Procura Generale e del C.S.M. sia stata puramente casuale.
Ma se la sentenza fosse tecnicamente non difendibile, allora le conclusioni da trarre sarebbero altre e molto gravi.
Perché bisognerebbe prendere atto che la Procura Generale e il C.S.M., anziché difendere l’indipendenza dei magistrati e l’imparzialità della giurisdizione, avrebbero finito nei fatti per danneggiarle gravemente.
L’analisi tecnica della sentenza che abbiamo proposto negli scritti del blog che ho citato sopra e nell’articolo di Micromega, al quale rinvio, inducono a ritenere non solo che la sentenza è tecnicamente ben poco convincente, ma che molti passaggi della motivazione (penso, fra gli altri, a quelli relativi al capo «E» di incolpazione) appaiono tali da provocare la sensazione che il giudice, più che chiedersi “se” condannare o no De Magistris, possa essersi impegnato a cercare solo “come” condannarlo.
Ciò che mi preme sottolineare ora qui è che, a fronte di tutto questo, la linea di condotta dell’A.N.M. e di tutte le sue correnti (perché, in verità, l’A.N.M. non esiste, essendo solo un “contenitore” delle correnti) è consistita nel:
1) rifiutarsi ostinatamente, a livello centrale, di prendere una qualunque posizione sulla vicenda;
2) emettere, a livello locale, un paio di comunicati palesemente ostili a Luigi De Magistris, isolandolo pubblicamente;
3) quando la Procura Generale e il C.S.M. hanno avviato le loro pratiche, dire che bisognava tacere e attendere la sentenza;
4) quando è stata pronunciata la sentenza, dire che bisognava tacere e attendere la motivazione;
5) quando è arrivata la motivazione, tacere e basta, imboscandosi in un silenzio irreale.
Sono iscritto a tutte le mailing list di tutte le correnti dell’A.N.M. e ho scritto a tutte diverse volte, pregando tutti i colleghi di avere il coraggio e la dignità di prendere una qualsiasi posizione di merito sulla vicenda e sulla sentenza e, per quanto possa sembrare assurdo, NESSUNO mi ha risposto né ha speso alcuna parola sul “caso De Magistris”, che, nella magistratura associata, è diventato, dunque, un assurdo tabù.
Trovo del tutto assurdo che NESSUNO trovi quel coraggio e quella dignità e che tutti coloro che, nelle correnti che si ritengono e dicono di essere “progressiste”, invitavano ieri ad attendere il deposito della motivazione della sentenza del C.S.M. promettendo che, POI, ne avrebbero parlato “causa cognita”, sembrano oggi, invece, fuggiti a nascondersi e comunque si sottraggono con ostinazione a qualsiasi richiesta di opinione e giudizio sull’accaduto.
La posizione di tutti e ciascuno dei “magistrati associati” è, nei fatti, che del “caso De Magistris” non si deve parlare assolutamente.
E questo mentre, peraltro, i componenti del C.S.M. hanno posto in essere sul punto condotte davvero gravi e sorprendenti.
In particolare, Letizia Vacca, componente cosiddetto laico del C.S.M., indicata dal Partito dei comunisti italiani (quando si dice la pretesa “diversità” della sinistra!), vicepresidente della Prima Commissione, ha ritenuto di dichiarare pubblicamente, in presenza di numerosi giornalisti che vi hanno dato ampio risalto, parlando al plurale, a nome di tutta la commissione, che Luigi De Magistris è «un cattivo magistrato» e che «deve essere colpito» perché ciò resti chiaro.
E appare di tutta evidenza quale grave violazione dei suoi doveri e quale irreparabile vulnus alla credibilità dell’istituzione che rappresenta sia venuto da queste dichiarazioni della professoressa Vacca, che denunciano una palese e dichiarata prevenzione di giudizio dell’istituzione che dovrebbe mantenere serenità, riserbo e, soprattutto, imparzialità nel giudicare i magistrati, la cui indipendenza è affidata alla sua tutela.
E altrettanto evidente è quanto sia grave che la professoressa Vacca, non solo abbia formulato quegli inaccettabili giudizi, ma ci abbia tenuto a renderli pubblici con il massimo clamore e a nome dei suoi colleghi.
Come a voler “mandare un messaggio” a non si sa chi sul contenuto e la fermezza delle intenzioni del C.S.M..
In queste condizioni, la sentenza nei confronti di Luigi De Magistris, oltre a destare le perplessità tecniche alle quali ho fatto riferimento, è giunta come una condanna ampiamente annunciata e indebitamente anticipata.
Altra sorprendente condotta ha posto in essere il vicepresidente del C.S.M. Nicola Mancino, che presiedeva il collegio giudicante che ha emesso la sentenza De Magistris.
Egli, violando suoi specifici doveri di riserbo (forse “difesi” anche dai precetti di cui all’art. 326 del codice penale, a seconda che si ritenga o no coperta da dovere di segreto d’ufficio la camera di consiglio della Sezione Disciplinare del C.S.M.), non appena pronunciata da lui stesso la sentenza in questione, ci ha tenuto a dire ai giornalisti che essa è stata adottata all’unanimità.
Nessuna di queste condotte è stata oggetto di biasimo specifico (almeno noto all’esterno) da parte di tutti gli altri componenti del C.S.M., né alcuno dei consiglieri a nome dei quali Vacca e Mancino hanno “esternato” ha ritenuto di smentirli o di esigere da loro chiarimenti e scuse.
Evidente mi appare, nella sua tragicità, il significato della impossibilità dei vertici dell’A.N.M. e di tutte le correnti di prendere una qualunque posizione su una vicenda tanto cruciale così come evidente risulta, conseguentemente, la definitiva perdita di ogni credibilità da parte di chi, rassegnandosi alle ovvie conseguenze “politiche” di questo silenzio, ne confessa implicitamente la natura necessitata.
Quest’ultimo aspetto della vicenda è di particolare rilievo, perché denuncia clamorosamente che la magistratura nel suo insieme ha sacrificato l’indipendenza dei singoli magistrati a logiche politiche molto preoccupanti.
Sul punto, con riferimento ai rapporti fra le correnti dell’A.N.M. e la politica, preoccupa peraltro:
– che il ministro Mastella, l’indomani del suo insediamento, abbia incontrato tutte le correnti e il giorno dopo abbia nominato i vertici di numerosi uffici del suo ministero scegliendo cencellianamente proprio importanti esponenti delle correnti medesime;
– che anche autorevoli colleghi delle correnti un tempo “di opposizione” (per esempio Magistratura Democratica) abbiano accettato quegli incarichi e ancor più che li abbiano mantenuti quando il ministero Mastella andava con evidenza in una direzione che avrebbe dovuto ricevere dai magistrati più critiche che consensi (questa situazione è stata ricostruita sui media come la cosiddetta “pax Mastelliana”, si può immaginare con quale danno per la credibilità della magistratura associata);
– che una delle correnti cosiddette “progressiste” dell’A.N.M. (il Movimento per la giustizia) abbia ritenuto opportuno candidare e fare eleggere al comitato direttivo centrale dell’Associazione un collega che è stato per dieci anni consecutivi (fino al 2005: dunque, in epoca recentissima) presidente di una regione (le Marche);
– che proprio questo stesso collega (Vito D’Ambrosio) sia stato designato (certamente in maniera del tutto legittima: non è questo che è qui in discussione) per sostenere l’accusa nel procedimento disciplinare a carico di De Magistris, chiedendo per lui addirittura una pena superiore a quella pur già gravissima poi inflittagli.
A fronte di tutto questo, personalmente resto stupefatto nel leggere “programmi elettorali” per i Consigli Giudiziari e nel sentire i capicorrente chiamare a raccolta i magistrati per una battaglia per la difesa dell’indipendenza della magistratura da “combattere” nei confronti del governo prossimo venturo.
In questo momento, la “magistratura associata” nel suo insieme mi appare come il più grave nemico dell’indipendenza dei magistrati e dell’efficienza della giustizia.
Come ho già scritto su questo blog, è evidente che ciò che serve al Paese è l’indipendenza «dei magistrati» (di ogni singolo magistrato), che è cosa del tutto diversa dall’indipendenza «della magistratura».
L’indipendenza della magistratura senza l’indipendenza dei magistrati si trasforma, infatti, soltanto in un privilegio corporativo e nello strumento di un potere che non serve il paese – dal quale, infatti, è sempre più lontano e meno apprezzato – ma se stesso.
Come i “capipartito” della politica nazionale sembrano ormai sempre più autoreferenziali e dediti ottusamente solo alla difesa di sé stessi e del proprio potere, nella stessa tragica condizione sembrano intrappolati i “capicorrente” dell’A.N.M..
E’ veramente difficile ascoltare di questi tempi “tribune politiche”, nelle quali coloro che hanno grandissima parte della responsabilità dello stato del Paese promettono sogni dietro i quali nascondono i fatti. Così ugualmente mi addolora davvero profondamente vedere coloro che nella magistratura hanno grandissima parte della responsabilità del suo stato (decisamente non lodevole) nascondersi e nascondere i fatti dietro campagne elettorali per l’ennesima spartizione correntizia dei Consigli Giudiziari (per i quali i magistrati voteranno il 6 e il 7 aprile prossimi).
Come l’unica “novità” che la politica nazionale sa proporre agli elettori è un po’ di rimescolamento degli “apparentamenti”, così, mentre la giustizia naufraga in gran parte anche per responsabilità interne alla magistratura (mi permetto di rinviate qui al mio articolo “Le responsabilità dei magistrati nella crisi della giustizia”), i responsabili dell’associazionismo giudiziario l’unica cosa che sanno “pensare” sono nuovi modi di “presentarsi”.
Prendendo a prestito una famosa battuta di Nanni Moretti, aspetto con ostinazione che qualunque magistrato dica qualcosa sul merito della sentenza De Magistris. Non necessariamente “qualcosa di sinistra” (come chiedeva Moretti). Mi basta che dica “qualunque cosa”. Il grado di ostinazione nel silenzio dà la misura di quanto è profonda la notte.
E prendendo a prestito anche altre parole dello stesso Moretti, dico ai miei colleghi che, con questa classe dirigente della magistratura associata, “non vinceremo mai”!
42 commenti:
"quel signore che andava a caccia con una muta di 30 cani si aspettava che i cani scovassero le prede, le inseguissero, le bloccassero, poi, una volta uccisa la preda, che sarebbe stata mangiata dal signore, tornassero buoni buoni al recinto chiuso, fino alla prossima caccia.
questi cani erano molto bravi, preparati ed addestrati, eseguivano alla perfezione il loro alto compito, ma, ovviamente non avevano l'autonomia di decidere chi cacciare, quando e come; erano dei "tecnici" che potevano anche ritagliarsi momenti di ferocia, ma solo contro le prede indicate dal signore, il quale solo aveva il potere di individuare le politiche di caccia. un giorno alcuni cani, dopo anni che venivano lanciati e tutte le volte fermati e ripresi, cominciarono a cacciare per conto loro, facendo adirare molto il signore.
quando il signore andò verso di loro, fermamente intenzionato a bloccarli ed a farsi ubbidire, questi si rivoltarono e tentarono di morderlo.
il signore fu costretto ad abbatterli.
questi cani si chiamavano luigi e clementina.
tutti gli altri cani capirono bene la lezione e non si verificarono più iniziative autonome.
cittadini liberi"
Tratto da un commento all'ultimo post del blog di Sandro Ruotolo
Sono sicura che piacera' anche al cane di Jack.....
Speriamo che faccia riflettere molti, piuttosto che spaventarli, perche' se tutti i cani della muta si stancano e decidono - finalmente - di non avere piu' padrone......
Diceva Aristotele : "Sii padrone della tua volonta' e schiavo della tua coscienza"
Caro Felice, grazie, grazie per il coraggio, la chiarezza e l'impegno!
Finora, purtroppo, abbiamo sentito solo qualcosa di sinistro....
Egregio Dott.Lima,
"il grado di ostinazione nel silenzio da la misura di quanto è profonda la notte".
E non solo dell'A.N.M. ma della politica tutta e dei suoi programmi.
Sembra che la crisi della giustizia sia un altro dei temi etici che hanno concordemente deciso di non affrontare in campagna elettorale, per cui noi cittadini non sapremo mai cosa poi decideranno insieme o separatamente del destino della "Giustizia" intesa come garanzia UGUALE PER TUTTI.
Il silenzio che è seguito, anche a questo splendido lavoro che ha fatto Lei su questo blog, da parte dell'ANM "ha formato il giudicato sulle questioni".
Io cittadina italiana che leggo il Suo blog ringrazio Lei e tutta la Redazione del prezioso contributo di analisi, critica e autocritica che ci avete messo a disposizione e confido nel sereno e illuminato giudizio delle Sezioni Unite per i ricorsi alla sentenza del Dr.De Magistris, per le molteplici gravi implicazioni che il "caso" rappresenta per un nuovo cammino di questa nazione.
Altrimenti dovrò pensare che invece di uno stato di diritto, questo è diventato uno stato di profitto e di conflitto.
Grazie Alessandra
Reggio, la Calabria, il caso de Magistris.
Che tristezza: oggi sul Corriere della Sera si legge che un criminale appartenente alla 'ndrangheta pentitosi negli anni scorsi anziché fargli scontare la pena per i crimini commessi è stato aiutato a continuare a delinquere in quel di Bologna con l'appoggio e il supporto del colonnello Paschetta già a capo del comando Carabinieri della provncia di RC e altri.
Che belle cose, non vorrei essere al posto di de Magistris, tutta la mia solidarietà all'Uomo che è.
bartolo iamonte
Sono d'accordo con il giudice Lima quando dice che l'indipendenza della magistratura senza l'indipendenza dei singoli magistrati (dalla politica però non dalla legge), è un'inutile forma di privilegio.
Io resto convinto che esistano molti magistrati liberi in giro e continuino a fare il loro dovere giorno dopo giorno, in maniera defilata magari, come lo fanno tanti operai, medici, avvocati, allevatori di bufale: senza grancassa, senza esibizionismi, con onestà. Dovremo (spero di meritare di poter partecipare) fare un bel salto di qualità però, tutti insieme. Così come sono (nel loro complesso) i magistrati vanno male. Così come siamo, noi società, andiamo male.
Si il commento delle 18.57 piace anche al cane di Jack :-). Ricordo a me stesso (con un'espressione da avvocato), però, che "il cane di Jack" è solo un nick e che mordere a volte può essere utile a volte no. Inoltre, se i cani della muta non hanno un progetto o una direzione, se non si mettono d'accordo su dove andare e come andarci, si perdono e vengono facilmente abbattuti o dispersi.
Il problema che mi pongo è se questo progetto può fondarsi solo su un insieme di valori minimi condivisi e diffusi (e quali dovrebbero essere) o richiede un'organizzazione e se questa eventuale organizzazione può possedere requisiti e virtù tali da preservarla dall'essere o dal diventare un mero centro di protezione di interessi corporativi. Non dimentico che la quadratura del cerchio è impossibile, ma riflettere sulle cose impossibili è davvero tanto strano?
Un caro saluto a tutti.
I.
Niente rafforza l'autorità quanto il silenzio. (Charles De Gaulle)
Una caratteristica tipica dei veri ambiziosi è quella di farsi portare dalle onde senza curarsi della schiuma. (Charles De Gaulle)
con affetto e stima
Onelio P.
p.s. x anonima delle 18:57
tutti i cani che si stancano? non ci credo... noi cittadini siamo (solo) cani randagi.
L'ANM è composta da 8mila magistrati associati e "spartitici" che stanno in silenzio, 8mila magistrati complici.
Il simpatico e gentile commentatore che usa il nick "il cane di jack", si è dichiarato molto soddisfatto di aver trovato lavoro senza essere dovuto scendere a pesanti compromessi, potendo così respirare la fresca aria della libertà di non dovere favori a nessuno (la sua più grande soddisfazione nella vita).
Dando per scontato che la grande criminalità si combatte più efficacemente se si contrasta anche la microcriminalità; dando per scontato, inoltre, che se i concorsi pubblici e le successive promozioni sono falsate dalle raccomandazioni, coloro che abbiano vinto un concorso o che abbiano comunque usufruito di aiuti illegittimi siano con ogni probabilità ricattabili e, ricambiando favori dopo favori, diventino infine criminali incalliti, capaci di ogni nefandezza,
PERCHE' NON COMINCIAMO A FARE TUTTO IL POSSIBILE PER DENUNCIARE E FAR PUNIRE OGNI FORMA DI FAVORITISMO, ANZICHE' CERCARE DI CONTRASTARE SOLO LA GRANDE CRIMINALITA'?
Perfettamente d'accordo anche con "centrocampo". La mafia, la 'ndrangheta, la camorra e ora le analoghe "lobbies" criminali importate dall'est e dai paesi extraeuropei non si combattono tanto cercandone i "capi", perché morto un capo ne nasce subito un altro per successione legittima o meno, quanto facendo "terra bruciata" attorno a questi ultimi, fino a quando non avranno più nessuno, o quasi, da ricattare e/o da comandare come manovalanza !
Questo implica, però, la rivisitazione dei tempi della giustizia penale, applicando quelle misure necesarie a velocizzare i processi, intervenendo in primo luogo sulla prescrizione, per poi passare al resto.
La velocità dei processi è la premessa necessaria dell'effettività della pena, che solo quando sarà veramente temuta come minaccia incombente potrà svolgere il suo effetto di prevenzione anche per i reati minori, effetto che attualmente è pari quasi allo zero ... Kelvin.
http://www.agi.it/ultime-notizie-page/200804011735-pol-rom1160-art.html
si annuncia la richiesta di danni contro de Magistris da parte di Mastella.
Non so se avete notato, ma in questi giorni, man mano che emergono fatti nuovi e pubblicazioni a vantaggio dei due "cani sciolti" si susseguono iniziative di pressione su di loro e su tutti gli altri magistrati e giornalisti : attenti che la reazione (il famoso "principio di Archimede" richiamato in una notizzima intercettazione....) puo' essere potentissima.
La battaglia si alza di livello: non dovremma anche alzare il livello di attenzione, perche', alla fine, di tratta di diritti di tutti?
Finalmente, la palla è al Centrocampo.
Bene, adesso si può giocare: ognuno nel proprio ruolo dia il meglio di se!
bartolo
In questo blog leggo sempre una assoluta lucidità nei commenti e una rara precisione tecnica.
Ciò che io continuo a sottolineare e che a me pare essere stato sottovalutato da parte sia della magistratura che dell'A.N.M., è che la pronuncia nei confronti di De Magistris e il procedimento pendente nei confronti della Forleo hanno aperto un baratro le cui conseguenze sono evidentemente lungi dall'essere visibili.
A me sembra da un canto che il "discrimine", per usare le parole del dott. Lima, consente alla classe politica di bearsi del proprio smisurato potere, non più limitato neppure dall'agire secondo schemi propri del diritto penale; dall'altro, al contrario, mi pare che la magistratura si sia rivelata incapace di cogliere i prossimi sviluppi di quanto verificatosi, essendo a me evidente (per come del resto ho rimarcato in mio articolo apparso qui sul blog) che ogni magistrato che vorrà lavorare seriamente quando si troverà di fronte a un procedimento del quale sia parte un politico non avrà più la serenità d'animo e l'indipendenza per giudicare, pendendo sul suo capo la spada di Damocle dell'iniziativa repressiva del C.S.M..
E' evidente allora che quanto verificatosi costituisce una gravissima violazione dei nostri principi costituzionali e che il silenzio in cui la magistratura si è ripiegata non può in alcun modo essere giustificato, atteso che se è vero che coloro i quali pagheranno in prima persona lo stato di insicurezza creatosi saranno proprio i magistrati, è altrettanto chiaro che a risentire le conseguenze di tale insicurezza sarà il "popolo sovrano", con buona pace di molti precetti costituzionali, primo fra tutti quello sull'uguaglianza dei cittadini.
Un'ultima cosa credo sia utile rimarcare: il ruolo giocato in questa partita dal Presidente della Repubblica che l'art.104 della Costituzione pone quale Presidente del C.S.M.: il silenzio del Colle, il non partecipare a nulla, quel lasciar correre comportamenti e dichiarazioni chiaramente fuori dalla legge - così tacitamente avallandoli -, a me paiono elementi tali da far comprendere con chiarezza che la neutralità di Napolitano si sia piuttosto tramutata in una scelta chiara a tutti.
Ecco, io non riesco a capire come una persona di tale spessore e qualità possa aver consentito che sotto la sua presidenza si sia annullata la magistratura fino a farla soggiogare dalla politica, perché è questo, in estrema e brutale sintesi, ciò che è accaduto.
"come una persona di tale spessore e qualità possa aver consentito che sotto la sua presidenza si sia annullata la magistratura fino a farla soggiogare dalla politica, perché è questo, in estrema e brutale sintesi, ciò che è accaduto"
questo come, postosi da Vincenzo e credo da tanti altri cittadini, può essere spiegato dal modo in cui è stato nominato Presidente: ricordate? doveva essere D'Alema, poi si è ripiegato su di Lui, immagino con il nulla osta dello stesso D'Alema.
bartolo
Quoto mille volte Felice Lima...
E' un paese senza speranza... a partire dalla società civile troppo menefreghista. E qualsiasi cosa accadrà in futuro penso che gli italiani se lo saranno meritato.
Per Bartolo, che ho nel cuore!
Non so se la palla sia al centrocampo ma, in ogni caso, bisogna vedere se l'arbitro che verrà designato è diventato arbitro di seria A grazie a scambi di favori.
Non basta: bisogna controllare i curricula dei guardalinee e del quarto uomo (che non debbano favori neanche loro).
Non basta: bisogna assicurarsi che colui che cura le riprese televisive inquadri le zone del campo in cui si svolgono le azioni decisive e non le altre (quello che, in altri settori, si chiama depistaggio).
Non basta: bisogna assicurarsi che quelli che sono incaricati della conservazione delle riprese televisive non le cancellino per sbadataggine e, soprattutto, non le divulghino a chi non è autorizzato a visionarle (quello che, in altri settori, si chiama "fuga di notizie").
Non basta: bisogna assicurarsi che i giornalisti della "Domenica Sportiva" diano lo giusto spazio alla moviola (quello che, in altri settori, si chiama approfondimento).
Non basta: bisogna assicurarsi che sia i sostenitori di una squadra, sia dell'altra, paghino il biglietto, e che nessuno entri con oggetti atti ad offendere.
Non basta: bisogna che gli Organi della Giustizia sportiva non siano collegati ai Club sportivi, specie ai più importanti.
Se tutto ciò non bastasse, bisognerebbe rileggere l'articolo "Le ragioni della speranza" e gli altri articoli su argomenti similari.
Un caro abbraccio.
Il punto è che si possono dire quante belle cose si vogliono... ma se l'opinione pubblica viene ogni giorno bombardata da false notizie e da un'informazione che ha lo scopo di fargli vedere solo ciò che i potenti hanno interesse a mostrare tutte le nostre belle parole e i nostri buoni propositi non serviranno a nulla.
Il controllo dell'informazione è fondamentale... almeno la tv pubblica dovrebbe informare e formare correttamente l'opinione dei cittadini, ma ciò non avviene...
Si dovrebbero quindi organizzare grandi manifestazioni di piazza coinvolgendo le persone e informandole su quanto accade al paese, spiegando attentamente che sono loro i primi a dover far qualcosa davvero... che è finito il tempo di farsi ognuno gli affari suoi... ma tutto ciò costa e nessuno ha il tempo e il denaro per permettersi questo lusso.
Quindi gli italiani non prenderanno mai coscienza dei reali problemi del paese fin quando non sbatteranno un giorno con il loro muso in questi problemi... cioè quando sarà troppo tardi.
Al momento ottuseggiano... pensano che non gli riguarda o quanto meno pensano che sciattamente che una decisione vale l'altra... non gli frega se de magistris ha fatto bene o male... non gli frega se l'alitalia sarà svenduta... non gli interessa se i politici continuano a rubare... non gli interessa se la mafia si infiltra nelle amministrazioni locali o nazionali... gli frega invece del calcio... gli frega invece se in tv fanno l'ennesima puntata della loro telenovela preferita... gli frega di chi vincerà il grande fratello... tutti ben informati su questi e tanti altri temi socialmente inutili...
Questo discorso non vale di certo per tutti gli italiani... ma per la maggior parte purtroppo vale eccome... e ne ho testimonianza diretta. In poche parole è un paese culturalemnte che vale zero o quasi...
Per Centrocampo
Grazie di cuore!
lo so, è difficile, un utopia, sperare che nelle tante partite e tanti ruoli, ognuno faccia correttamente la sua parte. proprio oggi leggevo del povero mastella che si accinge a richiedere i danni irreversibili che gli sono stati arrecati dall'ingiusta inquisizione da parte di de magistris. io sono fortunato rispetto a lui: il pm che mi ha inquisito ha potuto condurre la sua partita per diversi anni prima di essere sostituito nella partita di appello. un giorno mentre ero a cena con un altro giocatore, ala sinistra (ruolo identico al suo), mi ha detto l'azione fatto su di te era scorretta io non l'avrei mai fatta!!! mi son chiesto, che fortuna se avessero sostituito questo giocatore con quello mi avrebbe prosciolto e io non avrei mai goduto la gioia di questi quindici anni e chisà quanti ancora.
bartolo iamonte
http://www.telereggiocalabria.it/dettaglio_news.php?id=7938
Ecco come reagisce Aldo Pecora alla notizia che Mastella chiede i danni a De Magistris : un pesce d'aprile.
Ho l'impressione che la sequela di atti di pressione non siano affatto casuali : le minacce, comunque esposte, cambiano la qualita' della vita delle persone....
Voglio anch'io nuovamente ringraziare il magistrato Lima per questo e per gli altri suoi interventi che aggiungono autorevolezza e passione a quello che il senso comune (altra materia prima in via di esaurimento) percepisce.
Questa è la demo-crazia, caro Salvatore !
Il voto del più squallido e ignorante zoticone non vale una cicca più del tuo, né una cicca più di quello di Felice Lima, ad esempio !
Appare pertanto evidente che c'è qualcosa di intrinsecamente sbagliato in questa demo-crazia, specialmente nel suffragio universale, introdotto in Italia per la prima volta soltanto nel 1946 !
Non volendo dare mai niente per scontato, sarebbe forse il caso di verificare se sia veramente questo il sistema migliore, ovvero il "meno peggio" !
Obiter - Quanto ho detto valga solo come esercizio di stile, giacché so bene che sono i grandi potentati economici (con le banche al primo posto) i veri "padroni" del nostro paese !
Obiter II - Davvero è necessario che una società abbia una forma "anonima" e una responsabilità ... limitata ? Davvero è necessario che esistano le scatole cinesi delle "holdings" ?
Poichè Mastella rivendica anche il risarcimento dei danni, si rendono conto i magistrati, piegati al potere politico, a quali danni oltre la beffa di non sanare mai i mali dell'Italia, espongono i cittadini.
Quei danni da risarcire, eventualmente, usciranno dalle nostre tasche, come del resto abbiamo già pagato gli affari e politica che hanno distrutto la Nazione.
Alessandra
Quando penso che Mancino e' al CSM che per il carabiniere Arcangioli non e' stato fatto nemmeno il dibattimento e che Mastella sta diventando un martire ....be' cari signori io non credo piu' a nulla e tanto meno nella giustizia e che i giudici stanno diventando come i politici...ma e' normale che mi vengano istinti di cui mi vergogno ?Io mi vergogno di questo paese e se potessi me ne andrei.Buon lavoro agli onesti.
Caso De Magistris - Ministro Scotti: sbagliare è umano, perseverare è diabolico.
Nel leggere dell’impugnazione da parte del Ministro Scotti della sentenza pronunciata dal Csm a carico di Luigi De Magistris, abbiamo la sgradevolissima sensazione di trovarci di fronte ad un “accanimento terapeutico” senza precedenti. Ci chiediamo se il Ministro Scotti abbia compreso davvero cosa sia accaduto in seno alla Procura della Repubblica di Catanzaro, e se per caso non ritenga di dover inviare una qualche ispezione per capire quali siano i rapporti intercorsi tra un noto avvocato del foro di Catanzaro e il Procuratore Capo Mariano Lombardi.
La Procura della Repubblica di Salerno, come è noto, sta indagando su gravi ipotesi di reato inerenti fughe di notizie che avrebbero messo gli indagati dell’inchiesta Poseidone in condizione di conoscere le mosse dell’inquirente. Su questo inquietante scenario ci consentiamo di suggerire al ministro Scotti la lettura del libro di Antonio Massari “Il Caso De Magistris” ed in particolare il capitolo intitolato: “C’è una talpa in Procura: diario di una settimana febbrile.” Siamo certi che il signor Ministro, che è tanto preoccupato dalle fughe di notizie, troverà la lettura quanto mai interessante.
Ma forse vale la pena citare un passaggio del sopra citato capitolo: “…primo: focalizzare il “sospetto”, il “dubbio” che le indagini di De Magistris siano attaccate dall’interno della sua stessa Procura. In base a questo “sospetto” – che appare più che fondato, poiché la Procura di Salerno su questa vicenda aprirà un procedimento giudiziario – in base a questo sospetto, dicevamo, De Magistris dovrà assumere decisioni cruciali nel corso delle indagini.”
Ove mai il capitolo in questione non dovesse risultare esaustivo, suggeriamo al signor Ministro di proseguire nella lettura ed arrivare al capitolo successivo, intitolato “10 maggio: parte il tam tam”.
E qui la lettura si fa davvero interessante, con una girandola di telefonate che quanto meno fa sorgere dei legittimi sospetti.
Signor Ministro, tornando alla fuga di notizie oggetto della sua impugnazione, credo che lei dovrebbe chiedersi chi davvero ha tratto giovamento da queste fughe, ad iniziare dalle notizie inerenti il premier Romano Prodi.
Tanto accanimento sul Pm partenopeo, tanta attenzione su certe inchieste, e poi dobbiamo constatare che situazioni ambientali, che avrebbero dovuto far ritenere inopportuna la permanenza presso certe procure(Catanzaro – Potenza – Matera) di alcuni magistrati, non vengono nemmeno affrontate.
Signor Ministro, se la cosa non costituisce reato, ci consenta di affermare che in base a quanto abbiamo avuto modo di leggere ed approfondire, riteniamo sia necessario chiarire i troppi lati oscuri del cosiddetto “Caso De Magistris”.
Noi continuiamo a ritenere che il dr. De Magistris, in tutta questa vicenda, vesta i panni della vittima e non del colpevole
Continuiamo a ritenere che De Magistris sia stato sottoposto ad una quotidiana, scientifica, proditoria, premeditata opera di delegittimazione da mettere in relazione al contenuto delle sue indagini.
Se mi è consentito, ed esprimendo l’auspicio che questa opinione non costituisca reato, sottoscrivo le parole dr. Felice Lima, che definisce le accuse mosse al Pm “false e pretestuose.”
Il 26 gennaio, intervenendo all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a Potenza, ebbi a citare un interessante libro di Piercamillo Davigo dal titolo “La corruzione in Italia, percezione sociale e controllo penale”.
Davigo afferma che, nel periodo 1983 – 2002, nel distretto della Corte d’Appello di Reggio Calabria c’è stata una sola condanna definitiva per concussione e ben due per corruzione.
Delle due l’una: o la Calabria è meno corrotta della nordica Finlandia - e la cosa appare alquanto improbabile - o siamo di fronte a ben altri problemi.
Anche su questo, signor Ministro, varrebbe forse la pena riflettere, anziché continuare ad accanirsi contro quei magistrati colpevoli di fare il loro dovere in un mezzogiorno devastato dalla corruzione e da un ceto partitocratico associato a delinquere nel saccheggio delle risorse pubbliche che avrebbero dovuto favorire la crescita economica e sociale di aree atavicamente depresse.
Signor Ministro, un tempo, riferendoci ai paesi del Patto di Varsavia, parlavamo di “Socialismo reale”; ebbene, in queste nostro Paese possiamo parlare di “Democrazia reale” ed in questo nostro sud di realtà latinoamericane, anche se forse il Sudamerica sta migliorando la qualità della sua democrazia.
Il fiume di denaro derivante dai Fondi Ue, piovuto al sud nel periodo 1994 – 2006, 81 miliardi di euro, ha rappresentato una occasione sprecata ed è servito ad alimentare clientele e, con ogni probabilità, a finanziare in modo illecito e con “tecniche” sofisticate partiti, capibastone e i nuovi baroni del ceto oligarchico partitocratico che dominano le nostre contrade producendo corruzione, illegalità, assenza di stato diritto.
Certo, prima dei fondi Ue si dovrebbe parlare della Cassa del Mezzogiorno, dei fondi dei vari terremoti, partendo dal Belice e passando per l’irpinia.
Sorge il sospetto che De Magistris abbia pagato il suo conto a quelle consorterie che si sono viste aggredite dalle sue inchieste, tese a far luce su anni di sprechi e su certe relazioni pericolose tra politica, magistratura e sedicenti imprenditori.
Se servisse a qualcosa, verrebbe voglia di chiedere l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla 488, sui forestali, sull’utilizzo del denaro pubblico, sulla corruzione che non c’è a Matera come a Reggio Calabria.
Signor Ministro, tempo fa Minniti ebbe a dire che la relazione del Viminale sulla Asl di Locri bisognava farla leggere in tutte le scuole; io, invece, proporrei la trasmissione in tutte le scuole di alcuni servizi trasmessi da Report, ad iniziare dalla puntata di domenica 30 marzo.
A proposito, signor Ministro, ha avuto modo di vederla? O era troppo impegnato con la richiesta di impugnazione?
Quei pochi giornalisti che fanno inchiesta davanti al Csm non possono finirci, ma certo possono essere zittiti a suon di querele, e altrettanto avviene per chi tenta di interpretare la politica come impegno per la polis.
Il dr. Lima, parlando delle ispezioni ministeriali subite da De Magistris, un’ ispezione lunga tre anni, afferma: “ Ispettori che stanno tre anni a “ispezionare” un ufficio di procura non sono andati lì a verificare un’ipotesi specifica, ma a cercare esplorativamente “qualcosa” o meglio “qualsiasi cosa”.
E lo stesso Lima, soffermandosi su uno dei capi d’accusa nei confronti di De Magistris, quello inerente la cosiddetta “iscrizione segreta”(di Pittelli), scrive: “Ha ritenuto, però, che, se avesse provveduto a quela iscrizione nei modi consueti, essa sarebbe venuta a conoscenza del procuratore capo e ha temuto che questi – come a suo dire era già avvenuto in passato, sulla base di elementi di giudizio che lo hanno portato a denunciarlo alla competente procura di Salerno – ne avrebbe informato gli indagati, essendo legato da vincoli di particolare amicizia con il Pittelli…”
E sempre il dr. Lima, sulle accuse di “gettare discredito”, offre altri interessanti spunti di riflessione: “…resta davvero significativo che la procura generale, dinanzi a una denuncia a carico di magistrati per fatti costituenti gravi reati, invece di preoccuparsi di verificare se i reati sono stati commessi o no, processi il denunciante accusandolo di gettare ‘oggettivo discredito sull’istituzione giudiziaria’.”
Che dire, signor Ministro? Spero davvero che lei abbia modo di leggere per intero le riflessioni di Lima, e non solo quelle. Per intanto mi limito a constatare che ben altre situazioni di discredito dovrebbero occupare il lavoro del suo lottizzato dicastero.
Per parte mia, oggi come ieri, oggi più di ieri, rinnovo i miei attestati di stima a chi in un Paese, che non è normale, tenta di dar corpo alla normalità, divenendo un bersaglio su cui sparare alzo zero.
Conoscendo un po’ contesti, personaggi ed interpreti di questa storia, temo che essa verrà ricordata dai più come un sopruso e un atto di arroganza per disinnescare pericolose indagini a carico di politici, magistrati, avvocati, imprenditori ed esponenti delle forze dell’ordine. Ritengo quanto mai opportuno tornare a citare, in relazione a questa brutta pagina scritta dal Csm e dal Ministero, la frase che Tacito fa pronunciare a Calgaco: “….I Romani… predoni del mondo, dopo che per le loro devastazioni non trovano più terre da conquistare, perlustrano il mare. Avidi se il nemico è ricco, tracotanti se è povero. Tali che né l’oriente, né l’occidente potrebbero mai saziarli. Soli fra tutti bramano con pari avidità il dominio sui ricchi e sui poveri. Rubare, trucidare, devastare, con falsa denominazione chiamano tutto ciò “diritto dell’autorità”, e là, dove fanno il deserto, dicono che c’è la pace”.
Sono indignata e spaventata da questa sequela di eventi! Credevo si fosse toccato il fondo ma non e' cosi', non c'e' fine a questa malagiustizia.
Ringrazio di tutto cuore il Dr. Lima ed i Magistrati come lui, sono perle rare in un mare di fango.
Ancora tutta la mia solidarieta' a De Magistris, tutte le persone oneste sono con lui e spero siano tante!
Grazie Dr. Lima e Uguale per Tutti.
@ Paolo Emilio: Una sfiducia così profonda nella democrazia produce mostri, come la storia insegna. Mi dispiace ma non posso condividere.
Ritengo necessaria invece la smitizzazione della democrazia come valore a vantaggio della democrazia come principio (ho letto qualcosa su questo blog a proposito...). Applicando quello che il giudice Lima dice a proposito della libertà dei magistrati, che è la sostanza dell'indipendenza della magistratura, anche alla democrazia, possiamo forse affermare che la democrazia è una vuota forma se i cittadini non agiscono con metodo democratico. Io direi dunque che non è sbagliata la forma ma il metodo, che, nei fatti, non è democratico.
Si lo so, mi sono confuso... il mio spacciatore oggi mi ha dato roba più cattiva del solito :-)
I.
E' ovvio, caro anonimo, che la mia era soltanto una voluta esagerazione, prova ne sia il contenuto del mio primo post scriptum.
Però è anche vero che se nessuno avesse mai discusso le varie forme di governo che si sono man mano succedute, adesso saremmo ancora all'età della pietra ! Speriamo soltanto di non tornarci.
Per Maurizio Bolognetti
Grazie per il tuo impegno sulla Calabria. In questa Regione il deserto è totale e abbraccia non soltanto la magistratura (impegnata esclusivamente a comminare secoli di carcere a dei perfetti disadattati, gli 'ndranghetstisti) ma ogni settore delle professioni e dell'informazione. Quest'ultima, totalmente controllata dagli stessi "delinquenti" che hanno fatto "fuori" de Magistris(politici e magistrati). D'altronde, visto che sei associato con Paride Leporace, saprai che anche lui come de Magistris, Bregantini e i ragazzi di Locri riottosi all'intruppamento siano incompatibili con questa Calabria.
Dicono che la colpa è dei calabresi che non si sanno liberare dagli oppressori; prima di dire questo, però, hanno pensato bene di costruire una verità oramai nota in tutto il mondo "oppressori uguale 'ndrangheta". Poveri calabresi, oppressi da disadattati (gli 'ndranghetisti) e governati da criminali (politici e magistrati): mai potranno liberarsi fino a quando coloro che vanno via non denuncino questo sistema come fa de Magistris.
bartolo iamonte
questa, invece, la quotidiana lettera al Quotidiano della Calabria
Gentile De Luca,
spero con ansia che i giornali calabresi diano notizia sul pentito di 'ndrangheta che a Bologna aveva costituito alcune società con lo scopo riuscito, grazie ai complici addetti alla sua protezione, di truffare ingenti somme di denaro allo Stato. Dico spero, in quanto, la notizia letta sul Corriere della Sera del 1° aprile, temo sia, appunto, un pesce d'aprile.
Forse è meglio così, diversamente, che tristezza scoprire che colonnello e pentito, hanno continuato indisturbati a delinquere dal 1992 sino ad oggi.
bartolo iamonte
Io non credo che la Democrazia sia un male, anzi è una conquista del cittadino che deve difendere ad ogni costo...
Ciò che c'è di sbagliato invece sono le storture presenti nella nostra democrazia... dove l'informazione non fa il proprio dovere e non è al servizio ne del cittadino, ne dello stato e ne tanto meno quindi della stessa democrazia.
Chi ci ha governato inoltre ha fatto in modo di inculcare nelle teste dei cittadini, quelli che meno si informano o per pigrizia o per altri motivi un pò più legittimi ma che comunque rendono il loro grado di cultura medio basso facendo perdere inoltre i veri valori di una democrazia e di uno Stato...
Basta parlare con la gente comune per rendersene conto, basta nadare in un bar per vedere cosa veramente importa alla gente e quanto sottovalutano il proprio potere di voto... quanto poi queste persone si son fatte idee del tutto sfalsate da ciò che invece è la realtà.
Il potere mediatico è devastante se usato male... ed in Italia abbiamo potuto constatare quali sono stati i suoi effetti.
Mentre invece abbiamo visto come con le manifestazioni di Piazza si riesce a correggere questo disastro e penso che Beppe Grillo è un ottimo esempio anche se tutto ciò che dice magari non è condivisibile e forse nemmeno la verità assoluta... Rimane comunque il fatto che tutte le persone accorse ai suoi chiamiamoli comizi hanno applaudito e magari aperto un pò meglio gli occhi su quanto accade in questo paese. Sono convinto che se fosse affiancato da gente onesta e per bene e che separatamente cominciassero, sotto un unico simbolo, a fare altrettanto penso che qualche speranza possa di nuovo riaffiorare in futuro.
Il punto è che bisogna muoversi senza dover aspettare che sia qualcun altro a farlo, contattare Beppe e chiedergli un incontro ed organizzarsi poi...
La gente comune si muove per slogan, per simpatia, per chi magari dimostra di essere più duro e serio o al contrario più semplice e ironico, per chi ha coalizione più forte e più solida, per chi promette le cose che più piacciono o importano al cittadino illudendolo che sia tutto facilmente attuabile ma che poi non attuano anche perchè il loro disegno politico è diverso dalle promesse fatte.
Il 25 aprile si raccoglieranno le firme per indire dei referendum che abroghino delle leggi che permettono all'informazione di fare tutto ciò. Io sono convinto che è un buon punto di partenza ma che bisogna anche crederci ed insistere facendo sentire la propria voce affinchè non vengano abbandonati nei soliti cassetti...
Sono anche convinto che quando la piazza si muove il palazzo trema e non lo dico per tanto per dire un semplice sciocchezza ma perchè ho più volte avuto questa sensazione ad ogni seria manifestazione di piazza imbandita per difendere dei valori sacrosanti... a partire da ciò che fu fatto nel '68 a tutto il resto delle varie manifestazioni che si son succedute... fino agli ultimi discorsi di Beppe Grillo dove alcuni dei suoi attacchi alla Casta o all'informazione, si è potuto constatare che chi ha subito dopo risposto agli attacchi di Grillo lo ha fatto in maniera disordinata, dicendo spesso anche sciocchezze, la stampa invece censurandolo e a volte negli occhi di qualcuno si poteva leggere ira mista a paura.
Non sono un grillino convinto... ma credo che qualunque azione che vada contro l'attuale sistema vada incoraggiata e sostenuta quanto meno, e magari rafforzarla con il contributo di chi crede che questo sistema non funziona più e va sostituito senza poi fare sconti a nessuno... NESSUNO!!!
Esprimo la mia più convinta ammirazione per il coraggio, la chiarezza e l'amore di verità espressi con questo splendido articolo.
Paola Risi
Sono un neo uditore - non più giovanissimo quindi già sufficientemente "disilluso" - ma i recenti casi che hanno visto "protagonisti", spesso loro malgrado, colleghi preparatissimi, onesti e determinati solo a svolgere il loro lavoro nel pieno rispetto dei valori costituzionali mi hanno portato a pensare che non avrei potuto scegliere (si fa per dire, perché vincere questo concorso è un evento che si sceglie fino ad un certo punto!)un momento peggiore. Lo confesso, sono caduto in un avvilimento assai profondo, ancor più quando ho realizzato che l'angosciante assordante silenzio su tali temi era stato - ahinoi - subito acquisito o almeno metabolizzato anche da tanti giovanissimi, bravi ed onesti colleghi.
Non vi sembri semplicisticamente consolatorio, ma meno male che ho scoperto questo blog!
Quando avrò riacquistato un po' di fiducia e coraggio, spero di poter divulgare certi argomenti almeno tra i miei troppo precocemente anestetizzati colleghi!
Un cordialissimo saluto.
Avvilitoveramente
Caro Uditore,
Lei ha buon diritto di lamentarsi della situazione attuale, ma si renda conto, La prego, che è comunque fortunato rispetto a tantissimi suoi coetanei.
Lei avrà, al contrario di quanto accade oggi per moltissimi giovani pur valenti e preparati, una carriera SICURA, un trattamento di fine rapporto NOTEVOLE e una pensione ELEVATA. Sarà ossequiato, forse anche temuto, e dovrà stare attento soltanto alla buona fede di chi La elogierà.
Dia retta a me: invece di lamentarsi, vada in Chiesa ad accendere un cero ... se credente !
Gentile Paolo Emilio,
la mia impressione è che il Suo commento non sia pertinente e travisi il senso delle considerazioni del mio collega.
E' ovvio, infatti, che quelli di noi che guardano le cose dalla prospettiva del Suo (di Paolo Emilio) commento, non sono avviliti.
Se io avessi come "valore" e "obiettivo" il mio interesse personale, non scriverei su un blog cose decisamente sgradevoli per chi ha il potere di farmi del male e non "farei a botte" con tutti.
Sarei un uomo pienamente soddisfatto e mi godrei i privilegi che la nostra società riserva ai magistrati come a tutte le persone in qualche modo "altolocate", che "sanno stare al mondo".
Parlerei bene incondizionatamente della magistratura e pretenderei rispetto per me, facendo finta di esigerlo per l'istituzione.
Invece sono un irrequieto, perennemente in lotta contro il mondo e spesso contro i mulini a vento, come il noto "eroe" di Cervantes. E dunque perennemente insoddisfatto e avvilito
Proprio come il mio collega al quale Lei risponde.
Se Lui si dice "Avvilitoveramente" e se io e altri colleghi stiamo a investire intere giornate in un blog, come in una scuola, come sulle mailing list dei magistrati, come in tutti i posti in cui "si può fare qualcosa" è perchè ciò che pensiamo ci darebbe la felicità non è il nostro benessere privato, ma la sensazione di vivere in una società più giusta.
Lei si compiace in molti dei Suoi commenti di una forma di cinismo, che credo e mi auguro non corrisponda effettivamente al Suo stato d'animo, perchè il "cinismo" è una malattia dolorosissima per l'anima. E, purtroppo, anche letale per lei (l'anima).
Io - e sono certo anche il collega uditore che non conosco - siamo assolutamente d'accordo con Lei sul fatto che ci siano tante persone che stanno molto peggio dei magistrati.
Il problema è che le preoccupazioni che il collega manifestava non riguardano il Suo privato, ma la situazione collettiva della società. e dunque proprio anche quella di quelle persone meno fortunate alle quali Lei fa riferimento.
Perchè si dà il caso che "la giustizia è il potere dei senza potere", sicchè se i giudici non sono in grado - per oppressione altrui o per asservimento proprio - di dare giustizia a quei deboli, la società va proprio molto male.
Dunque, invitare il mio collega, come fa Lei, a smettere di lamentarsi e ad andare in chiesa ad accendere un cero equivale a dirgli di pensare ai fatti suoi.
Io, al contrario di Lei, lo prego di continuare a lamentarsi in ogni dove, a non mollare e a sapere che, come dice Bertold Brecht "I deboli non combattono quelli più forti lottano forse per un'ora quelli ancora più forti lottano per molti anni ma quelli fortissimi lottano per tutta la vita. Costoro sono indispensabili".
E, come dice un giurista contemporaneo, "E’ innegabile che i giuristi siano spesso stati servi e strumento del potere, qualunque esso fosse; ma questo non significa che si debbano dimenticare quegli altri che hanno seguito la loro coscienza e le loro idee, indipendentemente da e perfino contro chi governava il mondo; e la scienza giuridica deve loro molto" Raoul C. Van Canegem, in "I signori del diritto" (con riferimento a questo libro, mi permetto di segnalare cosa si dice dei giudici nella recensione che si può leggere a questo link.
Un caro saluto.
Felice Lima
Per "Avvilitoveramente".
Carissimo collega,
grazie di cuore per la Tua attenzione e partecipazione.
Potresti - se vuoi - scriverci una mail all'indirizzo della Redazione, che si ottiene cliccando sull'apposito link nella sidebar di destra, così da potere proseguire anche in privato ilnostro dialogo?
Un caro saluto.
La Redazione
Al neo uditore Avvilitoveramente io invece mi sento di dire GRAZIE perché il fatto che ci siano nuove leve nella magistratura che ammirano i "colleghi preparatissimi, onesti e determinati solo a svolgere il loro lavoro nel pieno rispetto dei valori costituzionali" mi riempie di fiducia e mi consola rispetto alle tante ingiustizie viste negli ultimi mesi.
Se me lo permette le do un consiglio neo uditore Avvilitoveramente: non si guasti e non si lasci guastare.
Per "Avvilitoveramente"
"Non ti curar di lor ma guarda e passa..."
Dobbiamo impegnarci tutti perchè quella bilancia non penda, e voi Magistrati siete l'ago di quella bilancia per noi cittadini.
Voi avete nella vostra autonomia il potere di decidere delle nostre sorti. Dovete ribellarvi per noi ai "malesseri" interni al vostro ordinamento convinti che questo impegno sia "Nell'interesse generale" e da lì trovare la forza e la serenità del vostro compito.
Alessandra
Caro Felice Lima,
Lei non ha elementi per giudicare le mie intime convinzioni né le mie credenze, se non per quanto traspare dai miei scritti.
Quanto sopra premesso, evidentemente stavolta non ha colto il senso del mio intervento. Se ciò dipende dalla mia inadeguatezza espressiva, ne faccio pubblica ammenda.
Ad ogni modo, creda che sono alquanto deluso dall'apprendere che i giovani entrano in Magistratura con aria di sfiducia e scoramento.
Se questi sentimenti albergano in un giovane, figurarsi più avanti negli anni !
Il senso del mio intervento era che ci sono ben altri motivi per essere più delusi e più amareggiati nella vita: per esempio, avere titolo per un posto di lavoro e vedersi sorpassati da un ignorante che però è figlio di ..., nipote di ..., pronipote di ..., marito di ..., moglie di ..., come del resto, anche nel nostro ambito, ammette lo stesso uditore, quando dice, invero assai ambiguamente, che "vincere questo concorso è un evento che si sceglie sino ad un certo punto" (sic).
C'è anche la fame che ti può amareggiare. Ci sono anche mariti e mogli disoccupate. Ci sono anche figlioli da mantenere !
Questo volevo soltanto dire: est modus in rebus. Se per alcuni questo è cinismo, vorrà dire che sono cinico !
Pertanto, se pure il giovane uditore HA PERFETTAMENTE RAGIONE nel merito delle sue "lamentazioni", non è questo il MODO di porsi. Se egli ha fede nella giustizia, sia in primo luogo felice del posto che ha meritato, se lo ha meritato, e quindi combatta la sua battaglia, evitando di farsi corrompere dai SENTIMENTI DI AVVILIMENTO E DISPERAZIONE, che portano prima all'indifferenza e poi ... a curarsi solo dei propri interessi, giusto quello che Lei vuole evitare !
La prego, allora, mi risponda: sono davvero così "cinico" ?
Con immutata stima.
Paolo Emilio vuole una risposta e io gliela dò.
Paolo Emilio, Lei afferma che io non ho capito il Suo pensiero.
Io temo che sia Lei a non avere capito il mio. E ciò di sicuro perchè io l'ho esposto male.
Per cercare di farmi capire le faccio un paragone.
Immagini che io sia l'uditore e dica: "Oddio quanto soffro al pensiero che la gente muore di fame in certi paesi poveri del mondo. Sono avvilito".
Arriva Lei e mi dice: "La smetta di lamentarsi. Pensi che Lei sta bene".
Il problema è che il mio collega si diceva avvilito non per sé, ma per le condizioni complessive della società e Lei riportava il tema a un approccio individualista.
Quanto al "cinismo", lo rinvenivo nel fatto che a un giovane che pone accoratamente un problema che lo affligge, Lei risponde con un (testuale): "Dia retta a me: invece di lamentarsi, vada in Chiesa ad accendere un cero ... se credente !"
Ovviamente, "revoco" immediatamente il "cinico" se ho sbagliato.
Certo se Lei provasse a sperimentare un modo meno "spigoloso" di affrontare le questioni, non dovremmo intervenire ripetutamente io o La Redazione per riequilibrare, "ammorbidire", chiarire.
Il mio consiglio, in sostanza, è: nell'esporre le Sue idee, provi a mettersi nei panni degli altri e a immaginare come Le percepiranno.
Provi ad "accogliere" gli altri e vedrà che ci saranno meno "equivoci".
Ovviamente, non si tratta di "cambiare" le idee o di non esporre le Sue. Ma di farlo con parole che dimostrino attenzione e cortesia alle ragioni dell'altro.
Che non siano "trancianti".
Detto questo, grazie sempre per la Sua attenzione e partecipazione. E per la pazienza che ha nell'adattarsi alle nostre esigenze.
Un caro saluto.
Felice Lima
Caro uditore giudiziario,
Per parafrasare direi:"lascia ogni speranza, tu che entri(nel mondo della giustizia)
Al di la delle stupidaggini, mi fa veramente pensare il fatto che chi approccia al mondo della magistratura con tutti i piu' nobili propositi, inizi a provare sin da subito sentimenti di avvilimento..non e' certo un buon inizio e le assicuro che mi spiace
Lei quasi si preoccupa di non aver scelto il momento piu' adatto..forse e' cosi'..o forse e' il momento giusto. Si dice che quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. In ogni caso dipende molto da lei
In ogni settore esistono diversi soggetti..per rimanere nel vostro ci sono giudici, PM etc ,che svolgono un lavoro(bene o male non sta a me dirlo). Altri, come quelli del blog per fare un esempio,non solo lavorano ma ci mettono l'anima e sono quelli che realmente difendono la giustizia.
Lei deve solo scegliere da che parte stare.. se quella comoda di coloro che fanno il minimo richiesto, facendo acquiescenza a tutti gli avvenimenti "spinosi" che si sono verificati e che si verificheranno in futuro, o se diventare un altro Felice Lima( prendo lui come esempio perche' e' la mia icona), perennemente irrequieto e soprattutto combattivo.Io sono certo che la scelta giusta e' gia' stata fatta :-)
Da parte nostra, dei comuni cittadini, la solidarieta', la stima e la (per quanto possibile) vicinanza in modo che non vi sentiate soli in queste dure battaglie.
Caro Felice Lima,
Non credo di esser più "tranciante" di tanti altri, che spesso espongono le loro idee in modo assai più incisivo delle mie, talvolta scambiando questo bellissimo sito per un luogo di propaganda politica.
Evidentemente, però, sono "abbonato" ai suoi pur gentilissimi richiami.
Che ci vuol fare ? A patto di non scendere nella maleducazione, cosa che non credo di aver mai fatto, dovrò insistere nel mio stile, pur facendoLe grazia di non chiedere la "par condicio", né quella "creditorum", né quella di scalfariana memoria !
L'importante, però, è che sia riuscito a spiegare il senso ultimo del mio intervento, che indirizzo a tutti i giovani Uditori: non "avvilitevi", combattete per cambiare in meglio e, se non ci riuscite da soli, di nuovo non avvilitevi per questo, se avrete veramente fatto il vostro dovere. Sarebbe già tanto.
E parlo con cognizione di causa.
Cordialissimi saluti.
Grande Paolo Emilio!!!
Simpaticamente concreto e realista!!!
bartolo
Grazie dott. Lima,
io la stimo davvero molto, ammiro la sua chiarezza, il semplice coraggio dell'onestà e l'equilibrata umanità che porta sempre con le sue parole.
Mi perdoni non è mia intenzione imbarazzarla con inutili complimenti; più che un elogio per Lei questo mio commento è la sincera espressione del conforto che provo attraverso la rinnovata conferma dell'esistenza di persone, come Lei appunto, capaci di ascoltare in profondità, di vedere oltre la forma, di non perdere mai il contatto con "l'altro".
E' esattamente il complesso di qualità (umane) che mi aspetto e mi auguro costituire il carattere di un buon Magistrato, e che qualunque essere umano dovrebbe coltivare amorevolmente per migliorare se stesso.
Un caro saluto
Carissima Cinzia,
le Sue parole mi commuovono e, come da Lei immaginato, ancor più mi imbarazzano.
Avevo pensato che la cosa più opportuna fosse non dire nulla, ma credo che non rispondere alle Sue generose parole sarebbe stato davvero molto scortese.
Dunque, mi scuso con tutti, ma mi prendo la libertà di dirLe un grazie di cuore per il Suo affetto, che mi è prezioso. Spero che gli altri lettori comprendano e perdonino la poca obiettività che quell'affetto produce.
Un caro saluto.
Felice Lima
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