lunedì 30 giugno 2008

Se mi tagliano lo stipendio, faccio fallire lo stato



di Giuseppe Bonfiglio
(Giudice del Tribunale di Patti)


L’art. 69, 1° comma, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 2008, n. 147, prevede una corposa riduzione degli stipendi dei magistrati (1).

Non sono entrato in Magistratura per i soldi.

Mi sono trovato a gestire - sono di prima assegnazione - un ruolo di 2.600 cause per oltre un anno.

Adesso (essendomene state sottratte 500) il ruolo conta 2.100 cause circa. In materia civile.

Solo per chi non avesse mai fatto civile nella sua vita professionale - perché chi l'ha fatto capisce di cosa parlo senza bisogno di parole -, puntualizzo che un ruolo di questa entità comporta un impegno lavorativo INIMMAGINABILE.

Si tratta di scrivere non soltanto sentenze, ma altri provvedimenti che, al crescere del ruolo, si moltiplicano a centinaia (si pensi a: liquidazioni perizie, ordinanze riservate, anche in materie assai complicate; cautelari in corso di causa; risposte a istanze isolate; decreti ingiuntivi).

Ripeto: questi ulteriori provvedimenti ammontano a centinaia: e non sto ricorrendo a un'iperbole.

Queste ultime due settimane le ho trascorse in ferie. Ferie maturate lo scorso anno e non godute.

Le ho impiegate interamente - sì, interamente - per scrivere sentenze e ordinanze e provvedimenti vari, restando tutto (tutto) il giorno in ufficio, fino a notte fonda.

Per notte fonda intendo: da mezzanotte e mezza fino all'una e mezza.

La signora del bar di fronte al Tribunale quando sono entrato nel suo locale, verso le 23:00, a prendermi una bottiglia di acqua fresca (il mio sollievo notturno, nel caldo afoso di questi giorni, insieme con la vista del mare del sud), mi ha guardato - sorpresa - spalancando gli occhi, sapendo che quella era solamente una pausa (di qualche minuto) che preludeva al rientro in ufficio.

Meno sorpreso - perché appartiene al pubblico dei soggetti che intuiscono quanto lavoro ci vuole per fare certe cose - è stato l'avvocato che casualmente ho incrociato rientrando a piedi a casa, qualche notte prima, dal Tribunale: sempre verso l'una.

Rispetto al mio primo anno di esercizio delle funzioni, in virtù dell'esperienza, ho velocizzato il mio lavoro, cercando però sempre, nei limiti delle mie forze, di mantenere un certo livello di qualità (si ha ragione a diffidare delle produttività abnormemente elevate: in genere vi corrispondono schifezze).

Per soddisfazione personale (studiare non mi annoia) e a beneficio del sistema complessivo (la percentuale di appelli e reclami avverso le mie sentenze e ordinanze è in termini percentuali insignificante).

Chi me lo fa fare?

Chi me lo fa fare, di trattenere in riserva e in decisione più di quello che chiunque potrebbe scrivere, sapendo di espormi a qualche rilievo in sede ispettiva?

Ora non è il caso che vi tedi sulle mie motivazioni personali. Anche per non ripetere l'errore di chi già la sta buttando sul piano delle sensazioni soggettive.

Se qualcuno pensa di essere sovraretribuito, troverà certamente e facilmente il modo per disfarsi di una quota del suo stipendio, destinandola a organizzazioni che cercano di migliorare il mondo.

Espongo però un dato oggettivo: assumendo in decisione più cause di quante sentenze posso scrivere, accumulerò sicuramente dei ritardi.

Si tratta però di ritardi altrettanto sicuramente inferiori, e di molto nei casi più numerosi, rispetto a quelli di definizione dei processi relativi.

Nessuno pensi che la mia è una condizione isolata.

Essa corrisponde a quanto vedo accadere normalmente (con margini di oscillazione fisiologicamente diversi) ai magistrati del mio distretto.

Una cosa è lavorare molto senza speranza di aumenti commisurati all'entità complessiva del lavoro svolto. Altra cosa è lavorare molto con la minaccia di un taglio alla retribuzione.

In tale ultimo caso, sarò mio malgrado costretto a rivedere tutto il mio piano di lavoro.

Le udienze (in cui assumo le prove) non dureranno oltre le 14:00 (non di rado ho tenuto udienza fino alle 17:00 e oltre e poi ho continuato a lavorare scrivendo).

Le prove che non potranno essere assunte entro questo orario, saranno rinviate di qualche anno (per chi non avesse mai fatto civile in vita sua: un ruolo del tipo di quello descritto in apertura, comporta mediamente la necessità di assumere centinaia di prove orali: anche senza doppie lauree in statistica o in matematica si capisce quale può essere la distribuzione nel tempo - negli anni - dei rinvii).

Non tratterrò una decisione o una riserva in più rispetto alle sentenze e alle ordinanze che posso scrivere in un orario di lavoro ragionevole. Avendo cura di redigere, se i miei colleghi producono 100 sentenze all'anno, 101 sentenze.

Voi tutti immaginate i rischi esponenziali a cui le casse dello Stato (non so perché continuo a scriverlo in maiuscolo ...) si espongono con l'incremento della durata dei processi: cause Pinto a go-go (2).

Nessuno potrà mai rimproverarmi se faccio (soltanto) un grammo in più del lavoro che si può esigere da me. Per quanto mi riguarda, lo Stato (e con lui gli enti locali) può cominciare a vendersi pure i computer con cui lavoro. Stenderò le sentenze a mano.

Spero vivissimanente, ardentemente (e non so con quale altro avverbio sottolineare e corporificare questa mia speranza) che i dirigenti dell'ANM riescano a:

- fare comprendere al governo che, a fronte dei risparmi risibili, il taglio degli stipendi potrebbe determinare il tracollo del bilancio statale, per altri motivi (verrà un giorno in cui i magistrati si stancheranno di "mettere la pezza", di rimediare alle mancanze degli altri poteri statali?);

- ideare, coordinare e attuare SUBITO (perché domani è troppo tardi) una forma di protesta incisiva e dura (nel rispetto delle norme ovviamente), relegando in secondo piano i comunicati (non si vive di soli comunicati occasionali).

E' inutile girarci intorno: la proposta di ridurre gli stipendi rientra nel più generale disegno, perseguibile e di fatto perseguito su molteplici livelli, inteso a mortificare socialmente, a indebolire, a prostrare nell'animo, a schiacciare nella dignità i magistrati.

L'esempio involutivo del ceto degli insegnanti è sotto gli occhi di tutti.

__________________


(1) D.L. n. 112/08

Art. 69, comma 1

«A decorrere dal 1° gennaio 2009 la progressione economica degli stipendi prevista dagli ordinamenti di appartenenza per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si sviluppa in classi ed aumenti periodici triennali con effetto sugli automatismi biennali in corso di maturazione al 1° gennaio 2009 ferme restando le misure percentuali in vigore».

(2) La legge 24 marzo 2001, n. 89 – comunemente nota come “legge Pinto” – attribuisce a colui che ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del suo processo, il diritto ad una equa riparazione.
Il diritto all’equa riparazione nasce in ogni caso di violazione del diritto alla ragionevole durata, sia essa consumata in un processo civile, penale, amministrativo, contabile, tributario o militare.


25 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro magistrato, nell'ultimo periodo ho lavorato in un call-center, a provvigione. è l'unico lavoro che ho trovato.
Mi pagano a contratto (un azienda che lavora per una compagnia telefonica).
Ho guadagnato, di media, 200€, lavorando per 144 ore al mese. Mi sono fatta aiutare dai parenti (vivo in affitto).
Capisco la sua posizione, la condivido, mi chiedo se lei intuisca lontanamente la nostra, di posizione (siamo tantissimi).

Maria

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Maria.

Cara Maria,

Lei ha ragione e siamo sinceramente solidali con Lei.

Il problema che pone il collega Bonfiglio, però, è diverso.

Giuseppe (e noi con lui) non dice: "Dovremmo guadagnare di più, siamo trattati peggio di tutti, ecc.".

Giuseppe dice e noi diciamo: premesso che quelli di noi (la stragrande maggioranza) che lavoriamo e non abbiamo "coperture" in alto lavoriamo veramente moltissimo, sacrificando in molto casi l'intera vita privata a un lavoro che sembra diventato un sorta di "missione", mentre invece lavoro è e lavoro dovrebbe restare, e prendendoci pure querele, denunce, minacce, processi disciplinari più o meno giusti, ecc.; premesso questo, qual è il senso di una iniziativa in forma urgente con la quale il Governo, dopo essersi ancor più urgentemente adoperato per bloccare alcuni processi ai quali ha interesse, decide di ridurre lo stipendio ai magistrati?

C'è qualche altra categoria di lavoratori statali ai quali in questi mesi o in quelli passati è stato ridotto lo stipendio?

A noi pare che questa sia l'ennesima e bisogna dire in questo caso vergognosa iniziativa il cui unico scopo è "stringere all'angolo" la magistratura.

Adesso inevitabilmente l'A.N.M. dovrà andare dal Ministro a lamentarsi per questa cosa assurda e il Ministro inevitabilmente farà qualche discorso consistente nel promettere che forse, vedremo che si può fare, magari questa norma verrà tolta dal decreto.

Nel frattempo, ovviamente, molti di noi penseranno che è meglio "non fare arrabiare troppo il governo, così tolgono dal decreto quella norma".

Insomma, Maria, noi non ci lamentiamo soltanto del fatto che ci riducano lo stipendio - cosa che comunque ci appare più che ingiusta -, ma del fatto che questo è l'ennesimo espediente per ridurre tutti al silenzio.

La Redazione

Cinzia ha detto...

Cara Maria,
io non so se lui ti capisce o immagina anche solo lontanamente la posizione di gente come noi, precaria e sfruttata.
Ma credo di sì.
Il problema è che conoscendo le situazioni di ognuno le si può anche capire dal punto di vista umano, ma comprendendole si deve tener conto anche della loro importanza sotto il profilo sociale e politico.
Il mio e il tuo problema colpisce singoli individui (tantissimi!) che vengono schiacciati dal mercato del lavoro per bieco profitto di altri.
Orribile. Ingiusto.
Ma come puoi constatare siamo invisibili, nel vivere in questo modo disturbiamo solo noi stessi e solo la nostra personale ma organizzata reazione può darci visibilità e forse la speranza di cambiare le cose.
Il suo problema invece, comune a moltissimi magistrati (ma forse non a tutti) non incide solo sulla sua vita, sulla sua fatica di lavorare troppo e senza mezzi adeguati, ma anche sulle nostre e non in modo di poco conto.
Se un giorno io e te avessimo bisogno di rivolgerci alla giustizia (speriamo mai!) il trattamento che ci verrebbe riservato è quello di vedere risolti i nostri guai in tempi che vanificano il nostro bisogno di partenza.
Capirai anche tu che il suo lavoro incide in maniera maggiore sull'andamento della società e sul funzionamento dello stato.
Non voglio dire con questo che il suo compito sia migliore del nostro, ma di certo ha maggiore peso e la sua delicatezza lo rende complesso.
L'esempio che il relatore stesso porta citando la categoria degli insegnanti mi sembra vicino abbastanza.
Se hai dei figli immagino che anche tu ti preoccuperai della preparazione e adeguatezza dei loro insegnanti. Se non sei particolarmente fortunata avrai per loro dei maestri improvvisati che non svolgono mai corsi di aggiornamento, carenti di mezzi e spesso anche di volontà, con stipendi base simili se non uguali a chi non ha di certo responsabilità così delicate. Capisci anche tu che i nostri figli, le generazioni che nel futuro popoleranno questa società stanno crescendo e formandosi in un contesto poco adeguato alle difficoltà che dovranno affrontare in futuro. Questo ci dà l'esatto peso del lavoro svolto da un insegnante.
Il fatto è che una società malata e carente come la nostra non ha pace. Che in qualsiasi campo andrebbero fatte trincee per difendersi da chi gestisce il potere in malo modo, ma soprattutto non va perso mai di vista il senso di solidarietà.
Dividi et impera.
Non so il latino e se ho sbagliato spero mi perdonerete, ma il senso è chiaro.
Capri espiatori, conflitti sociali, guerre tra poveri ed ora il nuovo diversivo: la guerra alle caste.
Giornalisti e magistrati sono già nel mirino di chi manipola, e alcuni oppositori non sanno ancora di essere essi stessi tritati ed usati dalla logica manipolatrice. Non lasciamoci fregare, in questo stato gli unici veri parassiti a cui si potrebbe, e senza remore, decurtare lo stipendio almeno della metà sono i parlamentari e gli alti dirigenti d'azienda.

Al relatore del post tutta la mia solidarietà e il mio sostegno morale

Anonimo ha detto...

Il Dottore ha ragione, la sua esasperazione è perfettamente condivisibile. Già lo stipendio attualmente percepito non è adeguato alla mole di lavoro e all'enorme responsabilità che esso comporta.
Ha ragione, sì, da vendere...ma la prego di riflettere che lo Stato siamo tutti noi...le chiedo, così come ha fatto in passato, di continuare ad essere "irragionevole", è proprio questo che si propongono i folli e disonesti proponenti di questo vergognoso provvedimento...anche se comprendo le ragioni della sua amarezza, e non riesco a darle torto.

Una cittadina preoccupata

Anonimo ha detto...

Io credo che questa tematica sia molto importante, e sia giusto parlarne.
Gli aspetti da considerare sono talmente tanti che temo, sintetizzando, di non svilupparli adeguatamente tutti.
Ci provo, comunque.

Partiamo dall'articolo 36 della Costituzione.
Questa norma dispone che il lavoratore - ogni lavoratore - ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Per motivi deontologici non posso esprimermi in questa sede sul se 200 Euro per 144 ore di lavoro mensili soddisfino questa tutela minimale.
Credo però che ognuno possa farsene un'idea già da sè, e comunque munirsi di assistenza legale per tutelare i propri diritti.
E' sempre la Costituzione, all'art. 24, che prevede del resto che tutti, per far rispettare un proprio dirittto (come può appunto essere quello ad una giusta retribuzione secondo l'art. 36 cit.), "possono agire in giudizio".

Si tratta, come si vede, di una tutela fondamentale che lo Stato si impegna a dare al cittadino.
Il nostro interesse, come cittadini, è che questa tutela funzioni bene, ovvero che difronte a questo tipo di domande vi siano risposte giuste, tempestive, efficaci.

Come e quanto c'entra, in tutto questo, il sistema retributivo dei magistrati? C'entra, e non poco.
E, per la verità, si tratta di un aspetto da considerare in maniera non disgiunta da quello delle condizioni di lavoro in generale del magistrato.

Faccio un esempio per aiutare la comprensione: se ho un problema di salute e vado in una costosa clinica, mi aspetto di ricevere cure da parte di personale in grado di assicurarmi rapidità e qualità dell'intervento. E mi meraviglia solo fino ad un certo punto che questo abbia il suo prezzo, perchè possso immaginare cosa occorra per garantire questo tipo di servizio.

Se sono un soldato ferito su un campo di battaglia insieme a tanti altri nelle mie stesse condizioni, so che non posso aspettarmi lo stesso tipo di trattamento da quel medico che si aggira per lo stesso campo cercando di fare il possibile. E questo non mi rende felice, anche se so che nessuno mi chiederà nemmeno il pagamento del ticket.

Bene (anzi molto male): nessun settore del servizio giustizia credo sia paragonabile oggi ad una clinica svizzera. Al contrario, in molti casi il lavoro del magistrato richiama sempre più l'immagine del medico che cerca di suturare ferite a destra ed a manca su di un campo di battaglia.

Proprio nel settore del lavoro, ad esempio, ovvero quello in cui i diritti dei lavoratori (e non solo) richiederebbero una sollecita ed adeguata trattazione, gravano ormai sulle spalle di singoli magistrati molte migliaia di processi.
Tenere dietro a questo carico in tempi ragionevoli è opera spesso disperata, e spesso limitata al "meglio possibile". Dove per ottenere "quel possibile" si è ormai ridotti a sacrifici continui in tempo da dedicare all'approfondimento professionale, per non dire dei tempi da dedicare alla propria famiglia, a sè stessi per questioni anche essenziali come quelle di salute.
Vi sono realtà, come mi sembra ad esempio Foggia, dove ormai si è superato l'inverosimile. Ma, anche fermandomi a quella nella quale opero, devo prendere atto che da anni il CSM, sulla base di parametri oggettivi, ha stimato indispensabile la destinazione in aumento di organico di almeno 8 magistrati: di questi, tuttavia, solo 2 in futuro (chissà quale) dovrebbero arrivare; nel frattempo, molti, anche perchè non reggevano più, sono andati via, ed altri si apprestano a farlo. E chi rimane, ha appunto la sensazione di essere un medico su un campo di battaglia, dove i feriti spesso sono lavoratori.

E' anche per questo (ma non solo, come mi riservo di esporre meglio in altro intervento) importante porsi la domanda "quanto è giusto che lavori un magistrato?" insieme a quella "quanto è giusto che guadagni un magistrato?"

Ed è importante dare delle risposte corrette a queste domande perchè anche da esse dipende il livello del servizio giustizia.

Se infatti vogliamo che i magistrati siano tra i migliori del loro ramo, dobbiamo offrirgli delle retribuzioni adeguate, che non li inducano a dirigersi verso altre professioni legali o magistrature più remunerative (e ve ne sono).

Se vogliamo che operino presto e bene, dobbiamo cercare di migliorare le condizioni nelle quali lavorano.

Oggi è credenza diffusa che i magistrati lavorino poco pur avendo risorse importanti a disposizione e che guadagnino troppo.

Su questo avrei da dire molte cose: mi limito ad evidenziare che io, che sono nella media, lavoro in una stanza di pochi metri quadri, tra colonne di fascicoli, insieme ad una collega condividendo la stessa stampante (se stampa lei, non posso stampare io e viceversa) e, dall'inizio dell'anno, ho definito 408 cause, di cui 270 con sentenze quasi tutte già depositate.
Molte spese sono a mio carico, e non posso detrarle, e non consideriamo altri aspetti secondari ma che pure possono contare.

Se si dovesse commisurare la retribuzione con le tariffe minime previste per gli avvocati, quanto mi spetterebbe? Molto, ma molto di più di quanto ricevo.

La realtà purtroppo, nonostante quanto si crede, è dunque che i magistrati italiani sono spesso sovraccarichi oltre ogni limite, e percepiscono somme non adeguate rispetto ai sacrifici affrontati per vincere il concorso e sostenere il proprio lavoro, anche nel raffronto con altre magistrature e senza nemmeno apprezzabili possibilità di integrare la retribuzione.

Un magistrato europeo lavora di più?
Un magistrato europeo a parità di lavoro guadagna meno?

Solo in Italia, altre magistrature godono di ben altro trattamento, sia come condizioni economiche, sia come condizioni di lavoro.

Questo significa che sempre più i migliori si dirigeranno verso altri sbocchi, e che lo stesso faranno molti già in magistratura ordinaria, specie ora che non solo non si faranno i giusti adeguamenti, ma si ridurrà la retribuzione e questo suona come una vera e propria umiliazione dopo tanto sacrificio.

Con perdita enorme di professionalità, esperienza, conoscenze.

Sempre più magistrati si stanno chiedendo infatti se questo è giusto per sè stessi e per la propria famiglia, e se non sia il momento, avendone la possibilità, di passare a fare altro.
Io, lo ammetto, sono tra questi.

Mi fermo per il momento a queste sintetiche ed amare osservazioni.

Il cane di Jack ha detto...

Io capisco che il discorso possa sembrare strano alla lavoratrice del call center e non voglio difendere i magistrati che possono farlo benissimo da soli.
Vorrei solo sottolineare che, oggi come oggi, mi pare di vedere che si stia cercando di tornare a un sistema di potere che usa la leva economica per ridurre la libertà individuale e stringere il controllo sociale.
Il mio dono profetico :-) mi fa ritenere che, magari, questa norma sarà corretta con qualche beneficio premiale nei confronti di magistrati dalla produttività e dall'impegno molto elevati, la cui valutazione, ovviamente, competerà discrezionalmente ai capi degli Uffici o ai consigli giudiziari o a robe di questo genere ;-)
I miei più cari saluti
I.

Cinzia ha detto...

Gent.mo dott. Di Maio,
dal mio commento precedente avrà certamente dedotto che sono sostanzialmente d’accordo con il suo collega, vorrei però fare delle osservazioni su quanto da lei scritto.

“Partiamo dall'articolo 36 della Costituzione.
Questa norma dispone che il lavoratore - ogni lavoratore - ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Per motivi deontologici non posso esprimermi in questa sede sul se 200 Euro per 144 ore di lavoro mensili soddisfino questa tutela minimale.
Credo però che ognuno possa farsene un'idea già da sé, e comunque munirsi di assistenza legale per tutelare i propri diritti.
E' sempre la Costituzione, all'art. 24, che prevede del resto che tutti, per far rispettare un proprio diritto (come può appunto essere quello ad una giusta retribuzione secondo l'art. 36 cit.), "possono agire in giudizio".”

A parte il fatto che non capisco quale può essere la deontologia che la priva di esprimersi in merito alla retribuzione di Maria, ma sono un po’ rozza e spero che vorrà perdonare questo mio difetto.
Quando però parla di assistenza legale per tutelare i propri diritti mi sovviene Maria che giustamente fa notare che siamo lontanissimi.
In un pugno di anni la maggior parte dei diritti dei lavoratori sono stati falciati da tutti i governi senza distinzione di schieramento, ovviamente.
Forse lei non è al corrente che la legge cosiddetta Biagi ha tessuto nuovi contratti e poi li ha cuciti perfettamente addosso ai datori di lavoro e che non esiste più nessuna tutela.
La Costituzione che lei cita, giustamente, con tanto amore si è svuotata dei suoi contenuti fondanti in vari punti salienti ed ormai è nella sostanza ridotta ad un colabrodo.
Per non parlare del fatto che il mercato del lavoro si muove sempre di più attraverso schemi ricattatori.
Della serie: o così o niente!
Io capisco anche che magari questa non è la sede per parlare di tutto ciò, perché siamo su un sito che si occupa dei problemi della giustizia e dei suoi annessi e connessi; a me però non sembra comunque un buon motivo per liquidare Maria con quattro parole e poi dissertare lungamente, anche se per lei sinteticamente, sulla condizione della vostra categoria che, per altro, il suo collega ha espresso benissimo.
La redazione giustamente fa notare a Maria che il problema da lei posto non ha niente a che vedere con quello posto dal relatore, ma forse ora dopo aver letto il suo commento vedo meglio la distanza che percepisce Maria.
In realtà potremmo non essere così lontani se capissimo che la distanza la creiamo noi quando ci ostiniamo a rispondere alle esigenze degli altri con linee di pensiero teoriche, mentre vorremmo per noi risposte pratiche e attuabili.

Con stima

Anonimo ha detto...

Grazie per il Vostro prezioso, qualificatissimo Lavoro, per il quale dovrebbe anzi essere previsto un sostanzioso aumento di stipendio (e infatti questo miserabile Governo ha escluso proprio i dipendenti pubblici dai benefici economici del lavoro straordinario...che poi altro non sono se non briciole...pura demagogia...).
Vorrei chiedere a Maria se davvero reputa che l'enorme Responsabilità, l'immane lavoro di studio di carte processuali e il costante aggiornamento, il rischio di essere continuamente denunciati, talora le minacce di morte rivolte a sé o ai propri cari, non valgano un ben più alto stipendio e notevoli incentivi economici. La qualità e la competenza non hanno prezzo. Ma in questo Paese si premiano solamente mediocri, raccomandati, lacché, per questo sta affondando.
Questo provvedimento è l'ennesima vendetta, per di più fatta passare per provvedimento urgente (in totale sprezzo, ancora una volta, della nostra Costituzione), perpetrata da un Governo che tratta il Parlamento, costituito da quei rappresentanti del popolo tanto osannati (in realtà servitori fedeli dei capi-partito )come se fosse il proprio scrivano e lacché.
La prego, Dott. Di Maio, Voi tutti, non arrendetevi a quest'ennesima ingiustizia.

Con infinita stima,

Paola Risi

Anonimo ha detto...

Vorrei proprio sapere se conoscete UNO, dico UN SOLO magistrato, che a 45-50 anni abbia smesso volontariamente la toga per passare a fare altro, che non sia la politica.

I magistrati sanno benissimo (tranne rarissime eccezioni di professori universitari) che l'unica professione che potrebbero svolgere in alternativa sarebbe l'avvocato.

Persa l' "auctoritas" del loro ruolo, sarebbero però equiparati in tutto e per tutto agli altri, numerosissimi, avvocati. Costretti a code di ore davanti alle Cancellerie, o a spingersi tra loro per trovare un posto ... davanti allo scranno del giudice!

Con nessuno che li saluta più con deferenza e ossequio: "Buongiorno, Dottore..." o che offre loro il caffé al bar.

Ve li immaginate? Non scherziamo, quindi!

Al giorno d'oggi, con il surplus di avvocati che c'è, se proprio fossero costretti a scegliere credo che sceglierebbero di fare anzi il Cancelliere (dirigente), piuttosto che l'avvocato.

Perché è vero che il contenzioso è enormemente aumentato, ma è anche vero che se un giudice, poniamo addetto al civile, ha una cetta diligenza, basta che si rechi in Tribunale DUE MATTINE ... alla settimana e si scriva a casa in media quattro sentenze alla settimana (e magari sentenze brevi ex 281-sexies ), per aver fatto ben più del suo dovere. Difatti, 4x4x12=192=nettamente sopra la media annuale di sentenze richieste a un giudice civile. Per i non addetti ai lavori posso affermare che di solito un giudice esperto è perfettamente in grado di scrivere una sentenza al giorno, salvo cause complesse, compensate in ogni caso da cause semplicissime, come quelle contumaciali. Per i decreti ingiuntivi, basta mettere una firma, previo controllo formale delle notifiche e del decreto, già predisposto dall'avvocato.
Dieci decreti ingiuntivi sono sottoscritti da un giudice in un quarto d'ora-venti minuti al massimo.

In questo modo, sempre in media, dal giovedì è libero! Può andare in palestra, in piscina, fare un viaggio, ecc. ecc.

Mentre un avvocato che lavora è sempre (dico sempre) nel suo studio, fino alle 8.30 di sera, tutti i giorni salvo la domenica, ma sempre ammesso che non abbia qualche causa importante il lunedì ! Se poi non lavora, deve comunque restare in studio ad aspettare un ipotetico e sempre più raro cliente ...

E' anche vero che l'erba del vicino è sempre più verde, e questo è un argomento pericoloso, perché tende ad innescare, come si è visto dal post di Maria, un potenzialmente eterno "paragone", che vorrei evitare.

Anonimo ha detto...

Desidero svolgere qualche precisazione in ordine alle riflessioni che hanno seguito il mio precedente intervento, e delle quali ringrazio, perchè danno l'opportunità di approfondire ulteriormente questo argomento.

Tengo in primo luogo a chiarire che non ho affatto inteso "liquidare Maria con quattro parole" preferendo "dissertare lungamente" sulla "mia" categoria.
Mi scuso anzi con Maria, Cinzia e gli altri lettori ove avessi dato involontariamente questa impressione.

I problemi del lavoro sono noti e drammatici. Tempo fa ho letto di "prezzi tedeschi e salari greci", e credo che questo già inizi a rendere i termini della situazione. In questo quadro la precarietà - pur rispettando le tesi che ne sottolineano gli aspetti positivi - è oggettivamente, e soprattutto per chi la vive in prima persona, un ulteriore fattore di disagio e di incertezza.

So bene come la Legge Biagi abbia inciso sui rapporti di lavoro, ed anzi, ove fossero ancora disponibili sul web i commenti al c.d. "Libro bianco" che ha preceduto tale riforma, si ritroveranno dei miei rilievi critici, anche sotto il profilo dell'attacco alla giustizia del lavoro che già ivi si portava, argomento non a caso correlato e sul quale tornerò.

A Maria - ed ai tanti miei concittadini che vivono gli stessi problemi - non può non andare quindi tutta la mia solidarietà umana. Se non ho affrontato tecnicamente più nel dettaglio la sua situazione non è stato solo per aderenza al topic (attinente appunto al trattamento della magistratura e non alle dinamiche salariali in generale), ma appunto per una limitazione deoontologica che deriva dall'attuale normativa disciplinare secondo cui è precluso al magistrato "lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria di cui all'articolo 16 comma 1, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12" (così dispone l'art. 3, co. 1, lett. d del D. Lgs. n. 109/2006 e ss. mod.). A sua volta la norma sopra richiamata dispone che "I magistrati non possono assumere pubblici o privati impieghi od uffici, ad eccezione di quelli di senatore, di consigliere nazionale o di amministratore gratuito di istituzioni pubbliche di beneficenza. Non possono nemmeno esercitare industrie o commerci, né qualsiasi libera professione". A questo si aggiunga che un motivo di astensione obbligatoria (e quindi anche di possibile ricusazione) è, secondo l'art. 51, co. I, n. 4 c.p.c., l'aver "dato consiglio".
Non posso quindi svolgere attività di consulenza legale al pari di un libero professionista, e per di più in un caso che potrei trovarmi a dover trattare, e spero che questo venga compreso.

Se poi mi sono dilungato (ma davvero tacendo per sintesi tante altre cose che sarebbe giusto evidenziare) sul tema del topic non è stato per difendere la "mia" categoria, ma per far capire come questa tematica tocchi non solo le tasche dei magistrati, ma anche, e non poco, il buon funzionamento del servizio giustizia, con effetti negativi per noi tutti.

Credo che, se proprio vogliamo restare ancorati al tema del lavoro, tanto più vi è bisogno di una tutela dei diritti soddisfacente nei tempi e nella qualità delle risposte, quanto più il quadro di tali diritti appaia incerto e minacciato dall'erosione di tutele anche costituzionali.

Non è forse è un caso, e qui mi riallaccio a quanto già accennato, che la riforma Biagi venne preceduta ed accompagnata da una ingiusta critica alla magistratura del lavoro.
Non è forse un caso che oggi questa stessa magistratura veda altri interventi che non solo la penalizzano sotto il profilo del trattamento economico, ma ne sviliscono anche l'immagine.

L'indebolimento dei diritti può passare anche per l'indebolimento del giudice ordinariamente preposto a tutelarli. Credo che su questo proprio chi teme per l'indebolimento dei diritti dei lavoratori dovrebbe attentamente riflettere. E per questa riflessione forse anche le mie "lunghe" considerazioni, che provengono da chi ogni giorno si occupa nella pratica di questi problemi e tenta di dare le giuste soluzioni, potrebbero essere ritenute in qualche modo utili e non viste come distanti.

Mi sembrano poi interessanti anche le considerazioni svolte dall'anonimo successivamente alla gentile Cinzia.
Non nascondo che qualcuna di tali consideraziono mi ha fatto sorridere: ci sarebbe davvero poco da lamentarsi se un giudice se la potesse cavare con meno di duecento cause sulle quali lavorare, definendole, all'anno.
La verità è ben altra, e basta leggere la lettera che apre il topic per capire quale possa essere l'entità del lavoro di un giudice civile con un carico di migliaia di cause.
Così come mi piacerebbe avere tutto questo tempo per me e passare il tempo in palestra o a farmi offrire il caffè al bar. Purtroppo, nulla di questo (caffè compreso) mi capita.
Riconosco che è vero che l'attività professionale è faticosissima ed impegnativa. Ho fatto un pò di esperienza, e so quante difficoltà vive l'avvocato. Un'esperienza che mi ha aiutato ad averne sincero e massimo rispetto, e mi fa molto male sapere che tanti disagi della professione sarebbero rimuovibili o alleviabili, se solo si affrontassero i veri e prioritari problemi della giustizia e si intervenisse con spirito costruttivo.
Allo stesso tempo, so bene che un civilista, per una sola causa, può guadagnare quanto un magistrato in un mese, e quindi questo impegno, col tempo, trova le giuste soddisfazioni economiche.
In ogni caso, desidero evidenziare che, col mio precedente intervento, non avevo voluto fare nessun paragone con la situazione economica degli avvocati, ma solo far comprendere come la retribuzione attuale dei magistrati non sia assolutamente sproporzionata per eccesso rispetto al lavoro svolto ed a tutto ciò che lo accompagna.

Quello che invece mi ha fatto più seriamente pensare è stato lo scetticismo circa i magistrati che vogliono abbandonare.
Attenzione: non è un aspetto da sottovalutare. Anche oggi ho sentito più colleghi contare gli anni per andare in pensione. E colleghi più giovani pensare a strade alternative, che non mancano nel settore (si pensi appunto alle altre magistrature o al notariato che sta per riempire un organico rimpinguato). E se colleghi come chi ha aperto il topic lavorano fino a notte fonda, possono ben pensare di farlo da avvocato, guadagnando molto di più. Se a questo aggiungiamo che i tempi per reclutare e formare nuovi magistrati sono lunghissimi, ecco che il pericolo di uno svuotamento di persone e professionalità è concreto, ed il danno maggiore non sarebbe per chi passerebbe in pensione a riposarsi davvero o a guadagnare, a parità di lavoro, molto di più come notaio, magistrato amministrativo o avvocato, ma appunto per i cittadini che si ritroverebbero una giustizia più povera.

Non so se sono riuscito a spiegarmi meglio, ma nel caso tornerò volentieri su questi argomenti, data la loro importanza.

Il cane di Jack ha detto...

Il commento di Maria e quelli di Cinzia mi hanno colpito. Da impiegato pubblico (spero di non essere uno dei fannulloni di brunetta, ma ovviamente nessuno dei fannulloni di brunetta pensa di esserlo...), esprimo la mia solidarietà a Maria e a tutte le Marie d'Italia. A me lo stipendio serve per essere libero: nessuno può venire a promettermi alcunché in cambio del voto e sono relativamente meno ricattabile di tanti altri.
D'altra parte io lavoro per Maria, sono un suo dipendente. Se mi riducessero un pochino lo stipendio, protesterei, sciopererei qualche giorno, ma poi continuerei a fare il mio lavoro per amore di Maria. Certo non è lei a dover pagare le colpe e le follie di chi ci governa.
Un saluto a tutti e, se posso permettermi, un bacio a Maria!
I.

Anonimo ha detto...

Gentile Dottor Di Maio,

Se lo desiderasse potrei fare nome e cognome di magistrati che fanno benissimo assai più di quanto loro richiesto dallo Stato, esattamente nel modo da me descritto poc'anzi. Addirittura conosco un Magistrato di Tribunale che per qualche mese ha avuto oltre 2.300 cause sul ruolo, essendo rimasto per diversi mesi l'unico addetto al civile nella sua Sezione distaccata, nell'attesa che inviassero un Collega. Costui era molto preoccupato, perché doveva necessariamente fare rinvii "più lunghi".

Lo stesso soggetto produce, da diversi anni, oltre 200 sentenze l'anno. E tiene udienza soltanto lunedì e martedì mattina. Gli altri giorni, salvo rare eccezioni, li passa a casa, a scrivere sentenze e a sciogliere riserve. Ma, come dicevo prima, in media il giovedì pomeriggio è quasi sempre libero. E lo è rimasto anche quando aveva quell'enorme surplus di lavoro. Aggiungo: magari fossero tutti come lui, ben organizzati ed efficienti!

Con ciò non voglio dire che nei Tribunali la situazione sia sempre rosea. E', anzi, decisamente peggiorata, per giungere quasi al collasso totale della giustizia civile, con enormi moli di arretrato. Non certamente per colpa dei Magistrati, che fanno molto spesso assai più di quanto dovuto.

Però ognuno ha i suoi problemi, e se Lei trova un avvocato che guadagna diversi milioni con una causa, pensi che magari ha avuto solo quella, nell'anno! Sempre che l'avversario o il suo cliente lo paghi ... Per il resto, egli deve comunque pagare:

1) Eventualmente, affitto studio;
2) Eventualmente, stipendio segretaria e relativi contributi;
3) Quasi necessariamente: assicurazione responsabilità professionale;
4) Necessariamente: cassa avvocati;
5) Necessariamene: IVA;
6) Necessariamente: riviste, libri, codici commentati, enciclopedie giuridiche, costosi "software" (anche 5.000 euro l'anno per certi programmi, concessi invece gratis ai magistrati);
7) Necessariamente: computer e stampanti, con relativi toner;
8) Materiale di consumo;
9) Altre spese (luce, telefono, ecc.);
10) "Last but not least" ... il commercialista, id est: pagare per pagare!

Insomma, chi "sopravvive" oggi è chi ha più di 40 anni e ha potuto farsi una clientela, ovvero chi è figlio di un avvocato affermato, ovvero ancora i grandi studi, magari con 250 avvocati al loro interno. Ma se uno volesse aprire uno Studio Legale oggi, partendo da zero, e non avesse "agganci" con sindacati e/o banche o assicurazioni, gli consiglierei, piuttosto, di farsi assumere in pianta stabile in una ditta di pulizie!

Ecco perché, fuori dai casi sopra indicati, chi riesce a fare oggi l'avvocato è di solito il figlio di una persona assai benestante, di solito un commerciante non laureato che aveva l'ambizione di vedere il figlio "avvocato", credendo che quel termine significasse la stessa cosa dei suoi tempi.

Ma non troverà più persone che riescano da sole, con il solo proprio ingegno, a creare dal nulla uno Studio affermato, come avveniva sino a trenta anni fa.

Insomma, vede bene che in media la situazione del Magistrato, benché oggi sia più difficile, resta comunque assai meno "stressante" di tante altre. Molto meno.

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

Credo che il problema posto dal dott. Bonfiglio, pur serio e condivisibile, si presti al soliyo a diverse opinioni in funzione dell'angolo di visuale da cui lo si guarda. Invero molti magistrati, civili e penali, ma restiamo ai civili, hanno due udienze settimanali e ulteriori 4 giorni privi di attività d'udienza: considerando le diverse situazioni economico sociali sparse per l'italia non è raro che in molti tribunali italiani su una udienza di 100 cause a ruolo ve ne siano 30 di appelli c.d. telecom ( spese di spedizione bolletta) ulteriori 30 di opposizione a decreto ingiuntivo proveniente da banche ecc. ulteriori 20/30 concernenti sinistri stradali e il rimanente vario. In questa prospettiva le sentenze telecom da 30 diventano una così come le opposizioni a d.i. non dovrebbero essere sentenze per cui si studia due giorni stesso discorso vale per 2054 cod.civ. superato o no e conseguenti tabelle di danno biologico. Con ciò non voglio dire che i ruoli e il lavoro non sia enorme ma, piuttosto, che quello di studio e di ricerca non è la parte più rilevante. Date queste considerazioni, anche pensando alle riserve di nomina CTU che fanno tabella, penso che il vero problema non sia quello del carico di lavoro quanto piuttosto la chiara sensazione che si tratti di un provvedimento per così dire di tipo transattivo: poniamo il problema retributivo e poi trattiamo reciproche concessioni per ritiralo. Non voglio entrare, infine, nel problema dei confronti perchè si è detto ognuno porta la sua croce poichè noi avvocati, a differenza di quello già scritto, non stacchiamo nel fine settimana perchè mentre è facile chiudere a chiave l aporta dello studio non è facile farlo con la mente che continua a lavorare anche perchè noi, almeno, qui al sud, facciamo un doppio lavoro che consiste nell'attività di avvocato e nell'attività di ricerca di lavoro e la seconda è di certo la più difficile e la più importante. Per il grande amore che provo per la funzione della Magistratura in questo momento storico proverei a non transigere la controversia con il Governo perchè nelle reciproche concessioni penso che ancora una volta a perderci sarà l'affermazione "la legge è uguale per tutti" altrimenti detto sarà sempre l'ortolano a.................
Con rinnovata stima Francesco Siciliano

Anonimo ha detto...

Era forse vero che un avvocato guadagnava con una causa quanto guadagnava il magistrato in un mese.Ma questa è divenuta una leggenda metropolitana (salvo per qualche grosso studio che ha clienti come le banche):
Se una causa: termini per la decisione scaduti nel 2005 non è stata ancora pubblicata quali onorari può richiedere l'avvocato?
Al cliente in anticipo? Lo mangia.
Dopo aver pagato C.U., CTU CTP, la non disponibilità dei beni rivendicati, i dubbi sulle "capacità" del suo difensore.
Il cliente è esasperato, l'avvocato è esasperato, la segretaria che deve riscuotere lo stipendio tutti i mesi si sente in colpa, il magistrato che alza le braccia perchè il "carico" è insostenibile. Il cortocircuito è assicurato e mi chiedo : A chi giova tutto questo?
La pretesa di voler far firmare al Capo di Stato leggi vistosamente incostituzionali che paralizzeranno il normale andamento della giurisdizione?
Per 60 anni tutti sapevamo che i magistrati dovevano solo applicare le leggi.
Oggi mi sento di chiedere la tutela della magistratura perchè le leggi superino il vaglio costituzionale della magistratura
se il parlamento non è più in grado di emanare leggi nell'interesse generale.
Ho sentito, mi pare, che in Francia in un anno sono 900 i procedimenti penali che devono essere esaminati a fronte di 4.000.000 dell'Italia.
Questo carico inaudito è frutto sicuramente di leggi che devono essere riviste se la loro applicazione è confliggente e incontra la necessità del ricorso al giudice.
Come cittadina non ne posso più di assicurare ai rappresentanti barche, vacanze lussuose,serate con veline, parole al vento dietro lauti compensi.
Questo non è più lo svolgimento di cariche a garanzia di una democrazia scomparsa. Questo è diventato un abusivo svolgimento di affari privati.
Io non ci sto più.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Credo di averlo già detto, ma forse è il caso di ribadirlo.
Quello che ho letto sulle condizioni difficili e stressanti di fare l'avvocato oggi è tutto vero e posso confermarlo. Ripeto anche che mi dispiace molto che non si faccia quanto sarebbe pur possibile per ridurre questi disagi.

Il senso del mio riferimento non era "meglio fare l'avvocato perchè si lavora ugualmente ma si guadagna di più", anche se come ho detto vi è chi lo pensa e a conti fatti potrebbe non sbagliare.

Ciò che invece intendevo individuare era un parametro per far capire se l'attività del magistrato è compensata in maniera eccessiva, o no.

Il ragionamento che faccio, da questo punto di vista, è ad esempio questo: se i difensori ed il magistrato, svolgono in udienza un'attività lavorativa con ruoli diversi ma con la stessa dignità professionale, è possibile usare quanto previsto come compenso per l'avvocato per avere un'idea di quanto potrebbe "valere" l'attività corrispondente del magistrato?

E così, se ad esempio per l'assistenza in udienza spetta al difensore in primo grado davanti al Tribunale per una causa media (da € 5.200,00 ad € 25.900,00) un onorario MINIMO di € 30,00 (poi ci sono anche i diritti), non mi sembra irragionevole pensare che l'attività svolta dal magistrato nella stessa udienza possa "valere" almeno altrettanto.
Ora, se si pensa che credo nessuno "porti" meno di 20 cause ad udienza (ma possono essere, e normalmente sono, molte di più) dovremmo concludere che già solo quell'attività di udienza dovrebbe valere € 600,00. Ed invece la retribuzione del magistrato è molto, ma molto inferiore.

Se per lo stesso tipo di causa, in appello, volessimo compensare ogni studio della causa e redazione di sentenza nello stesso modo, e quindi facendo riferimento alle voci di onorario per studio controversia e redazione della difesa scritta, (ed è vero che vi sono anche cause "facili", ma sono tali anche per i difensori), e solo nei MINIMI, solo per lo studio delle cause definite (408, ma ne ho sttudiate e tratte molte di più) e le decisioni con sentenze fatte dall'inizio dell'anno (270), questa sola attività (solo una parte di quella svolta) dovrebbe "valere" nel minimo € 136.080,00 (sulle quali pagare ovviamente le tasse fino all'ultimo centesimo).

E taccio per sintesi di tanti altri aspetti che pure andrebebro considerati.

Credo che questo basti per dare l'idea di quello che intendo dire:le condizioni di lavoro e le retribuzioni dei magistrati ordinari, già notoriamente peggiori rispetto a quelle degli appartenenti ad altre magistrature, sono molto pesanti e non ricevono il trattamento che sarebbe giusto.

Questo farà sì che i migliori giovani del settore non cercheranno sbocco nella magistratura e che i magistrati pure esperti e laboriosi, specie difronte ad offensive politiche non di riallineamento (come sarebbe giusto) alle magistrature italiane ed europee ma di riduzione degli stipendi, penseranno sia preferibile smettere di fare tanti sacrifici o comunque scegliere di sacrificarsi in un contesto in cui i propri sacrifici trovino più adeguato riconoscimento.

Avremo una magistratura più povera di persone, di esperienze, di qualità.

Il prezzo di questo lo pagheremo noi tutti.

Ben altri interventi sarebbero possibili e necessari per migliorare e condizioni di lavoro di tutti coloro che lavorano nel settore giustizia e per migliorare questo servizio al quale dedichiamo la vita sacrificando la sfera personale e familiare.

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti,
a me sembra che stiamo facendo la cosi' detta 'guerra tra poveri'.
Il magistrato si lamenta, giustamente, che il suo stipendio e' il minimo che gli spetta visto le nottate, i ricorsi e i 20.000 rischi che corre tutte le volte che scrive le sentenze o solo per aver esternato le sue considerazioni in merito ad un qualche problema. Altrettanto fa l'avvocato, che se non ha 'santi in paradiso' il proprio studio non lo aprira' mai visto tutto quello che ci sta dietro.
Poi arriviamo a Maria e come lei tutte le altre migliaia di persone se sono sfuttate e sottopagate e costrette ad accettare lavori del genere perche' 200 euro sono sempre meglio di niente.
A me sembra che siamo tutti nella stessa barca, quantomeno perche' se le cose funzionassero per il verso giusto tutti avremmo lo stipendio che meritiamo. Il problema, a mio avviso, e' che in qualche modo a qualcuno giova che ci sia questo sfruttamento cosi' continuiamo a litigare tra di noi e gli altri fanno i loro comodi.
Faccio un esempio, quando sento dei miei amici che si lamentano perche' facendo i praticanti dagli avvocati non vengono pagati (i piu' fortunati prendono 200 euro al mese, quelli meno pagano l'avvocato per fare praticantato nel loro studio....a me sembra allucinante!) non me la sento di arrabbiarmi con l'avvocato ma con loro che glielo permettono (lui ci prova e loro ci cascano!). Se tutti i praticanti si mettessero daccordo per fare sciopero insieme, basterebbero pochi giorni per mettere in ginocchio gli studi(se il capo deve sbrigarsi da solo tutte le pratiche e fare la cosi' detta attivita' di routine non ne puo' prendere di nuove).
Nella stessa condizione erano i medici specializzandi, hanno scioperato (vi ricordate qualche tempo fa quando lavavano i vetri per le strade per protesta?) e quantomeno hanno ottenuto lo stipendio minimo.
Io penso che ognuno nel suo piccolo deve darsi da fare per migliorare la propria condizione e soprattutto l'unione fa la forza. Io non posso sapere quali problemi abbia un magistreto, un avvocato, o una centralinista, non faccio quel mestiere, pero' posso dargli una mano nel mio piccolo se vengo a conoscenza dei loro problemi (non posso darmi pero' da fare al posto loro!). Il problema di una categoria di lavoratori e' un problema per tutta la societa' indipendentemente dall'effetto visibile che si ottiene (quello dei magistrati e' piu' evidente come dice Cinzia, ma non piu' importante di quello della centralinista, perche' se non ha i soldi per vivere dove li prende?).
I miei genitori mi raccontano che una volta, sembra passato un secolo, quando i metalmeccanici scioperavano i tessili si univano a loro e viceversa, allora era chiaro che una conquista per uno era una conquista per tutti. Adesso questa idea non c'e' piu'. Ci siamo divisi e non si ottiene piu' niente.
Tutto questo per dire che forse e' arrivato il momento di darci da fare, non basta lamentarsi del giardino del vicino, nessuno ci dara' mai niente anche se ci spetta e se la legge glielo impone se noi non lo facciamo presente nelle sedi opportune.
Buona giornata a tutti
Consuelo
p.s. Non vorrei sembrare una sostenitrice dello sciopero a prescindere, erano esempi, qualsiasi modo per mettere a conoscenza gli altri dei propri disagi e' giusto. Sempre tenuto conto della legge! ;)

io che speravo che :( ha detto...

Provo a dire la mia, anche se nella sostanza concordo con i colleghi avvocati che mi hanno preceduto, ma l’idea di “vorrei partecipare” mi accompagna in tutto quel che faccio.

Dato per vero tutto quanto da questi già evidenziato, le cose da aggiungere sono poche (in realtà sarebbero tantissime, ma cerco di raggrupparle e di aggiungere qualche piccola storiella).
Il problema della giusta remunerazione degli operatori della giustizia è uno, forse il più rilevante, degli aspetti che ha generato e continua a generare una sorta di separazione tra due categorie che, a ben vedere, hanno davvero molto in comune.
Pochi sono gli esempi in cui il “controllore” ed il “controllato” (fatemi passare questa “generalklausen” anche se è inappropriata), pur operando nello stesso “concreto” e traendo da questo lo spunto e le ragioni per la formazione della proprie convinzioni, hanno poi finito per radicare una “mentalità”, un modo di vedere le cose, così distante.
L’ottica di un magistrato e quella di un avvocato, salvo rare e felicissime eccezioni, spesso è agli antipodi.
Mentre a livello "culturale" tante possono essere le condizioni che dovrebbero consentire una affinità di vedute e di pensiero, e mentre a livello empatico si creano e generano naturalmente altre forme di affinità (non è una forzatura affermare che ogni giudice ha i suoi avvocati preferiti, ancorchè poi cerchi di trattare tutti allo stesso modo), e quindi mentre sono tante le occasioni che potrebbero avvicinare verso un unico sentire le migliori espressioni delle due categorie (cattivi giudici e cattivi magistrati invece non possono amalgamarsi né tra loro ne’ con la parte migliore della categoria opposta), a livello economico il diverso trattamento che si ritiene divarichi le due categorie crea una sorta di sbarramento, un guado limaccioso, che impedisce alle due anime della giustizia di bere alla stessa fontana ritenendo di approvvigionarsi della quantità di acqua di cui si avrebbe diritto in ragione e proporzione agli sforzi profusi per l’aratura del campo comune.
Per non banalizzare il problema, che è fortemente avvertito (perché alla fine anche il magistrato al quale viene costantemente offerto il caffè e riverito, vive pur sempre di vil denaro), occorrerebbe a mio modestissimo avviso che ciascuno dei partecipi al circo della giustizia traesse da questa la propria parte in proporzione al contributo che reca.
E non mi riferisco al tempo che dedica al lavoro (pur avendo questo una sua obiettiva rilevanza).
E’ ovvio che non si può partire dalla stessa posizione perché mentre il magistrato ha una condizione di partenza assai più “certa” (sia nell’an che nel quantum) della media degli avvocati (sappiate che ve ne sono molti, ma davvero molti che vivono davvero con poco), di contro gli avvocati costituiscono pur sempre degli “imprenditori” di se stessi con il capitale costantemente a rischio e soggetti alle oscillazioni del mercato.
E’ facile affermare, e per certi versi è anche banale, che nessun avvocato ha il lavoro garantito, perché poi avviene anche che molti siano assai bravi a procurarsi il lavoro (e diciamo la verità, molto spesso anche a pagarlo al rappresentante – di solito del popolo – che glielo assicura) sicchè si garantiscono incarichi costanti con metodi assai poco meritocratici.
Ed è del pari vero che un ottimo giudice, pur essendo ottimo, non potrebbe in nessun caso far valere le sue migliori qualità per conseguire una posizione remunerativa che tenga proporzionalmente conto delle differenze, a meno che non appartenga a quella classe di privilegiati (assai simile a quella degli avvocati cerca/lavoro) che integrano il vil salario con incarichi extragiudiziali debitamente autorizzati dal CSM.
Al centro di questa forbice costituita dagli avvocati di Stato (meglio sarebbe dire degli enti pubblici e di alcune banche ed assicurazioni assai legate alla politica) e dai magistrati che godono di lauti extra, si colloca la categoria dei normo/organizzati, cioè di quegli avvocati e di quei magistrati che fanno coscienziosamente il proprio lavoro e che pensano (tutti) di essere sottopagati.
All’interno di questa categoria, poi, ci sono quelli che pensano bene (cioè che effettivamente dovrebbero guadagnare di più in proporzione alle risorse spese e non solo in termini di tempo) e quelli che invece si attribuiscono una condizione deteriore che invece non lo è affatto.
E’ mia modestissima opinione, per riportare i numeri alla realtà, che quelli tra i magistrati che pensano che gli avvocati guadagnino con una sola causa ciò che loro guadagnano in un mese, non hanno a disposizione alcuni dati.

Provo ad offrirne qualcuno.
Se in una causa vengono liquidate 5.000,00 euro all’avvocato
1) Non è fatto detto che l’avvocato riesca a prenderli (spesso sia il cliente che la controparte non sarebbero in grado di pagarne nemmeno la terza parte);
2) Ammesso che li prenda di questi: 1.000,00 se ne vanno per l’IVA, circa 1.500,00 (se non di più) in tasse, e più o meno 500 per la cassa avvocati. Con il risultato che dei 5.000,00 che il solvens tira fuori, nel conto dell’avvocato ne finiscono a stento 2.000,00.
3) Eppure il cliente o la controparte sa bene di avere pagato un professionista ben 5.000,00 euro.
4) Al di là di ciò che passa attraverso una liquidazione, v’è tutta una serie di rapporti, lettere, consulenze, anche vere e proprie cause, che non vengono affatto remunerati, e per quanto che concerne la media parliamo (e vi assicuro che non è una eresia) di una condizione che porta il professionista a vedere remunerato il tempo speso nel lavoro per circa il 50%, il resto si perde in attività assolutamente gratuite (salvo rarissime eccezioni che riguardano colleghi assai attenti alla fase captativa ;).
5) Una volta epurate le ore lavorate da quelle non remunerate e dai costi della professione, un professionista medio che fatturi circa 100.000,00 euro l’anno (che è una somma molto al di sopra della media di un 45/50.enne) porta a stento a casa 40.000,00 euro l’anno.
Ora è sin troppo noto che vi sono eccezioni anche notevoli a questi importi.
Ci sono fior di professionisti che guadagnano cento volte tanto.
Ma sono pochi (pochissimi) appartengono ad un mondo nel quale l’accesso non passa per la sola preparazione, e trattasi di “fenomeni” in tutti i sensi, sia che si tratti di colleghi preparatissimi e che per questo hanno avuto successo, sia che si tratti di capre che hanno avuto successo non per quello che conoscono ma per chi conoscono.
E’ anche vero poi che ci son alcuni magistrati “iper remunerati” quelli che, secondo una mia maliziosissima definizione (che mi ha generato tante antipatie), sono talmente bravi e veloci nello svolgere il proprio lavoro da essere riusciti a convincere lo Stato che è giusto remunerarli con circa 1.000 euro per ora lavorata (ovviamente la quantificazione è una provocazione).
Ma questi in termini percentuali non sono di più rispetto alla categoria degli avvocati d‘elite.

Concludendo quel che vorrei dire è che mi piacerebbe assistere un giorno ad un meccanismo che sia in grado di premiare non quelli che si impegnano di più in termini di tempo, ma quelli che assicurano al sistema giustizia i risultati migliori in termini di risultato.
Qualche secolo fa (non so quanti) un gradissimo artista si trovò a realizzare in 5 minuti uno schizzo per un cliente, il quale al momento del pagamento gli contestò l’esosità dell’opera rispetto al tempo impiegato per realizzarla:
- Ma come, disse il cliente, lei ritiene giusto chiedere un milione di sterline (dico per dire) per cinque minuti di lavoro ? (domanda questa che è stata fatta anche a me da un cliente al quale riuscii a far ottenere un risarcimento di 360.000,00 con due lettere, dopo che un mio collega non era riuscito ad ottenere nulla in tre anni).
Rispose il maestro: Gentile signore, lei non sta pagando i 5 minuti in cui mi ha visto impegnato, io ho impiegato 60 anni e 5 minuti per arrivare a questo risultato.

Nel mio caso il cliente ritenne eccessiva la somma di 8.000,00 euro che gli avevo chiesto.
Mi offrì 300,00 euro. Li rifiutai, gli chiesi di non tornare più nel mio studio, e rinunciai sia al cliente (meglio perderlo che trovarlo) che ai miei diritti (non gli ho fatto causa, ne’ ho assunto alcuna iniziativa in suo danno).
Avevo studiato diverse e diverse ore il suo caso ed in tutto ne avrò dedicate a lui circa una ventina. Il collega forse gli aveva dedicato molto di più, ma non era riuscito ad ottenere nulla (forse perché in passato aveva studiato un po’ pochino).
Qual è la morale, per girarla a favola.
Ottomila euro per venti ore di lavoro sono tanti.
I tremila che avrei realmente guadagnato sono un bel po’ di meno.
Gli zero euro che in realtà ho guadagnato mi hanno fatto girare la pratica a perdita (ci ho rimesso tempo, lavoro ed anche un bel po’ di rabbia).
Pratiche come quella cui ho fatto riferimento sono una vera rarità; non capitano tutti i mesi, e per qualcuno nemmeno tutti gli anni.
Eppure sono certo che quella persona va in giro a raccontare che un avvocato gli ha chiesto 8.000,00 euro per scrivere due lettere.
Magari lo ha detto anche a qualche magistrato, così la storia degli avvocati che guadagnano tanto si è arricchita di un altro tassello, ed il solco che ci separa si è aperto un altro po’.

Grazie a chi è riuscito ad arrivare alla fine.

IO speravo che

Anonimo ha detto...

Mi piace l'idea di legare la retribuzione anche ai risultati.

Credo comunque che sia ormai indispensabile arrivare a dei criteri di misurazione e valutazione oggettivi del lavoro giudiziario.

Il cittadino deve sapere quanto lavoro il magistrato deve garantirgli per i soldi che gli dà.
Ed il magistrato deve poter dimostrare con i fatti che riceve quanto merita.

Io credo che oggi i magistrati producono molto più di quanto (e non è poco, è onesto riconoscerlo) ricevono, specie nel raffronto con altre magistrature ed altre figure dell'impiego pubblico.
E questo, quando si arriva non solo a negare l'allineamento, ma a togliere, può portare alle conseguenze delle quali ho parlato.

Nel mio piccolo, posso rendere conto del mio operato a chiunque ne sia interessato.
Sono certo che, dati alla mano, sarà convinto di aver speso bene i suoi soldi.

Ma mi piacerebbe che vi fosse un sistema per il quale tale certezza possa essere ricavata per tutti su dati oggettivi.

Anonimo ha detto...

Per io speravo che :)
Mi posso permettere? un bacio in fronte.
Ha descritto le fatiche quotidiane in modo splendido.
E l'idea di legare al merito la liquidazione è illuminante.
Il Giudice, se vuole, lo sa chi contrasta l'azione soltanto a inutili fini dilatori e dannosi per tutti.
Un caro saluto Alessandra

io che speravo che :( ha detto...

Per Alessandra:
Grazie mille, ma così mi fa arrossire :)
Le avevo dato appuntamento per martedì davanti alle Sezioni Unite per sentire la discussione De Magistris.
Purtroppo non ci sarò nè io nè Lei, i tran tran quotidiano non consente certi lussi. Appena saprà qualcosa ci faccia sapere. Per ora so soltanto che il Procuratore Generaleha chiesto:
Trasferimento e cambio delle funzioni.

Anonimo ha detto...

Voglio lasciare poche righe in coda a questo interessante post ed ai commenti che lo hanno seguito.

Ho netta l'impressione che qui sfugga a molti la gravità della situazione in cui ci troviamo.

Un grumo di potere privato si è appropriato del potere esecutivo. Con complicità e silenzi si è sostanzialmente abrogato il Parlamento, diventato un'unica accozzaglia non di eletti, ma di nominati, vuoto simulacro di una democrazia svuotata di senso, ove mai ne abbia davvero avuto uno.
Per problemi giudiziari personali, qualcuno ha deciso di sospendere decine di migliaia di processi e quindi anche i suoi e propone riforme punitive e castranti al fine di determinare l'infiacchimento dell'unico potere dello Stato rimasto non allineato: la Magistratura.

Stiamo scherzando col fuoco, signori cari... Stiamo pericolosamente flirtando con una forma suadente e sorridente di dittatura paternalistica e mediatica.

Fin dove ci spingerà la totale assenza di senso civico e di sensibilità ai problemi collettivi?

Temo le possibili risposte.

Lupo ha detto...

Leggo (e partecipo emotivamente) quasi tutti gli articoli di Uguale per tutti e fin'ora, sebbene sollecitato, non ho postato alcun commento poichè il dibattito è sempre così elevato ed i commenti talmente esaurienti le questioni (Felice Lima si è clonato più volte e riesce quindi a coprire mirabilmente, e senza apparente sforzo, ogni argomento quale novello Pico della Mirandola) che francamente è stato per me sempre difficile trovare lo spunto per aggiungere qualcosa di significativo (... un minimo di ego ... scusate :-)), voglio però intervenire sull'argomento in corso per sottoporvi alcune riflessioni al fine di, come dice il mio mastro, ricondurre la controversia ai giusti canoni del diritto.
L’ormai D.L. 112/08 all’art 69 non prevede un taglio degli stipendi dei magistrati.
Esso prevede un sistema di incremento degli stipendi diverso da quello sin qui attuato, incrementi triennali e non più biennali, il che, convengo, si traduce in una crescita dello stipendio più lenta, ma che è quanto tutti gli altri lavoratori del settore pubblico stanno patendo da che il pubblico impiego è stato privatizzato.
Non solo, la norma citata colpisce una serie di dipendenti pubblici di cui i magistrati ordinari costituiscono una sparuta minoranza: in base all’art. 69 cit., infatti, il nuovo sistema di incrementi stipendiali si applica a tutto il personale di cui all’art. 3 del d. lgs. 165/2001, quali appunto i magistrati ordinari, ma anche i magistrati amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia i dipendenti degli enti pubblici che operano nei settori del credito e del risparmio, il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché i professori e i ricercatori universitari.
Ognuna delle superiori categorie di dipendenti pubblici sicuramente annovera tra le sue fila, sicuramente i più, gente di valore che probabilmente merita di più di ciò che effettivamente guadagna ma sin qui, e per quanto posso intuire tale situazione difficilmente cambierà radicalmente, le superiori categorie di personale hanno avuto riservato un privilegio che li ha distinti dagli altri lavoratori (pubblici e privati) che, mal rappresentati, son costretti, per vedere aumentati (poco) il loro stipendi, alle forche caudine dei CC.CC.NN.LL..
Ritengo ogni intervento negativo sui salari odioso, ma altrettanto odiosi sono i privilegi se non adeguatamente giustificati, peraltro se mantenuti in un momento, quale l'attuale, di profonda crisi economica, i cui effetti ancora non percepiamo nella loro interezza.
In un paese normale ognuno dovrebbe essere chiamato alla sua parte, aspettiamo con ansia il momento dei politici.
In questo contesto è pur legittima ogni rivendicazione “sindacale” ma non si può per questo minacciare che (quoto il dott. Bonfiglio) “verrà un giorno in cui i magistrati si stancheranno di "mettere la pezza", di rimediare alle mancanze degli altri poteri statali?” … Per quello che ho capito mi è parsa un’affermazione grave e per ciò mi astengo dal commentarla; spero magari di aver modo attraverso il blog di interloquire col dott. Bonfiglio per un chiarimento sul punto.
Per il resto il mio pensiero, come al solito, l’ha espresso meglio di quanto avrei fatto io stesso Felice Lima al quale devo un unico appunto: una volta tanto non credo che il capo del governo abbia inteso colpire, con il provvedimento commentato, i magistrati più semplicemente sta “rastrellando” dove può (il gettito previsto, in virtù della norma, solo dagli stipendi dei docenti universitari, per il solo anno 2009, è di 40 milioni di euro, mentre per l’anno successivo il gettito raddoppia!) per mantenere alcune assurde promesse elettorali.
Un saluto, Vincenzo Reina

Anonimo ha detto...

Carissimo Vincenzo (Reina, commento dell'1.47),

che gioia leggerti qui!

Vorrei dire finalmente (Vincenzo, purtroppo, è di quelle persone che, diversamente da me che sono un osceno logorroico, parla solo quando c'è n'è proprio bisogno).

Mi starei zitto per non rovinare l'incanto, ma due piccole chiose mi si impongono.

La prima riguarda il fatto che, come sempre, il Capo del Governo non ci aiuta a capire quali siano le Sue reali intenzioni e si fa, diciamo così, "fraintendere".

In questo senso le Sue parole che traggo dal post “La marcia su Roma”: “Anche il capo dello Stato deve sapere che se andrà a finire così, noi non solo riformeremo il Csm, ma incideremo sulla gestione dei giudici. Separazione delle carriere, orario di lavoro con il tesserino da timbrare all’ingresso dei tribunali, ferie di 30 giorni come tutti i dipendenti pubblici e lo stipendio indicizzato ai contratti del pubblico impiego”.

La seconda riguarda il fatto che delle categorie "coinvolte" nell'intervento normativo i magistrati ordinari sono fra quelli che, diversamente per esempio dai professori universitari, dai magistrati amministrativi e contabili, dagli avvocati dello stato, vivono di solo stipendio.

Noi - e io sono fra quelli che ha sempre ritenuto ciò doveroso - non possiamo accettare incarichi remunerativi (se non quelli, non remunerativi quando non dannosi - pensa alle commissioni del concorso di avvocato - espressamente previsti dalla legge), come consulenze, arbitrati, commissioni di collaudo, consigli di amministrazione, collegi sindacali, et similia.

Dunque, siamo quelli più danneggiati dalla "riforma".

Fermo restando ciò che ho scritto su quanto mi vergogno di parlare di soldi e su quanto lo ritenga fuorviante e offensivo di tante persone meno fortunate di noi, i magistrati ordinari scontano, poi, questa incomprensibile discriminazione con quelli amministrativi.

Un giudice del TAR, per un combinato disposto di leggi e circolari non deve scrivere più di OTTANTA sentenza all'anno, guadagna più del suo omologo ordinario e fa consulenze (LAUTAMENTE retribuite) alle pubbliche amministrazioni, arbitrati eccetera. Perchè io devo scrivere almeno il doppio o il triplo (a seconda delle materie) delle sue sentenze e guadagnare molto meno?

Io, come ho detto, non faccio questione di soldi e, come ho detto, non mi piace per niente sentire piagnucolare i miei colleghi.

Aggiungo che se, togliendo soldi a me, li dessero a chi ha redditi molto bassi, ne sarei pure contento.

Bisogna, però, riconoscere che legittimamente alcuni miei colleghi pensano che "si debba fare qualcosa" quando per anni e ora con particolare violenza e piglio aggressivo in un telegiornale si e nell'altro pure, le più alte cariche dello Stato ti danno del "cancro", del "comunista", dell'"eversore", del "fannullone", del "killer della Uno bianca" (io ai miei figli, quando erano più piccoli, vietavo di vedere i telegiornali per paura che scoprissero che ero l'assassino di Craxi) e ora ti dicono anche chiaro e tondo che ti abbasseranno lo stipendio e "te la faranno vedere".

Inoltre, la riforma varata dal precedente Governo Berlusconi e "vidimata" lo scorso anno da quello Prodi, ha introdotto un'altra serie di vessazioni della categoria che non hanno alcuna spiegazione che non sia la "vendetta" contro i giudici.

Mi limito a citare per tutte il fatto che se voglio passare da fare il pubblico ministero a fare il giudice devo cambiare distretto anche se vado a fare il giudice delle locazioni (che non si sa cosa abbia a che fare con il pubblico ministero) e il fatto che gli uditori non possono più andare in Procura, così che li immettiamo nei ruoli giudicanti più ambiti e la mobilità interna ne esce completamente stravolta.

Detto ciò per difendere sindacalmente la "categoria" :-) , non posso che essere d'accordo con le tue osservazioni, come sempre tecnicamente ineccepibili.

E ti do atto che ho taciuto sulla questione forze dell'ordine, che è complessa e renderebbe inaccettabilmente lungo questo mio commento.

Ti abbraccio con affetto e gioia.

Felice

Anonimo ha detto...

Il discorso in generale può anche meritare adesione. Mi chiedo, tuttavia, perché non sia stato fatto anni prima, quando le inefficienze e la disorganizzazione dell'amministrazione nonché il superlavoro erano del tutto equivalenti...

Anonimo ha detto...

Leggo solo oggi, ad un anno di distanza, questo blog e....mi stupisco. Sono un avvocato in un distretto di Corte d'Appello lombardo, mi occupo di diritto civile. Quel che scrive il dott. Bonfiglio mi pare, francamente, il resoconto di un libro di fantascienza. Non metto in dubbio la veridicità delle sue parole ma vorrei fare presente che se la realtà della magistratura italiana fosse quella da lui descritta, cioè costituita da giudici che lavorano sino alle 23, rinunciano alle ferie e riflettono con cura su ogni questiome....be credo allora che la giustizia non si troverebbe nelle pietose condizioni in cui versa. Lavoro da 15 anni e vi giuro che non uno, dico uno,dei giudici civili del mio Tribunale si trova in ufficio dopo le 13.30; non uno, e dico uno, inizia a lavorare prima delle 9-9.30 (anche sel'udienza è fissata alle 9 arrivano con tutta calma almeno 20 minuti dopo). Forse un paio si legge gli atti prima dell'udienza e tra l'udienza di discussione dei mezzi istruttori e quella di prove passa, come minimo, un anno. Ma di che mondo parlate?